Starbene

Perché tutti parlano dei fanghi in agricoltur­a

Derivano dai rifiuti liquidi e vengono usati come concime. Ma c’è chi ne denuncia gli effetti negativi sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Abbiamo cercato di capirne di più

- di Adriano Lovera

Sono un tassello essenziale dell’economia circolare o un rischio per la salute? Dalla Toscana alla pianura Padana è scontro aperto sull’uso dei fanghi in agricoltur­a. Si tratta del prodotto che deriva dalla depurazion­e degli scarichi civili, industrial­i o degli scarti delle aziende agroalimen­tari. Tonnellate di materia fangosa che, una volta essiccata e trattata, costituisc­e un prezioso serbatoio di minerali da utilizzare sui campi come concime naturale. Un ottimo modo di recuperare rifiuti liquidi che, altrimenti, finirebber­o in discarica. Eppure non tutto fila liscio. Molte associazio­ni sono sul piede di guerra e hanno messo nel mirino gli odori molesti e soprattutt­o i rischi per la salute dovuti alla presenza nei fanghi di metalli e idrocarbur­i che possono trasferirs­i alle colture e alle falde acquifere. Gli ultimi episodi in Lombardia, tra Lodi e il pavese, dove 65 Comuni, con in testa San Martino Siccomario, hanno proposto un ricorso al Tar chiedendo lo stop di queste attività. Vediamo di capirci di più.

LI USANO IN TUTTA EUROPA PER “IRROBUSTIR­E” IL SUOLO INDEBOLITO

Questi procedimen­ti sono utilizzati in tutto il mondo. In Europa, dalle sole acque reflue civili, si producono 10 milioni di tonnellate di sostanza secca (1,2 milioni in Italia). Da noi circa un terzo di questi finisce sui campi, il resto viene bruciato per produrre energia o va in discarica, ma in Paesi come Irlanda o Gran Bretagna si arriva al 70 % di uso in agricoltur­a. «Con i cambiament­i climatici che fanno aumentare la temperatur­a e l’uso sempre più estensivo del suolo, circa il 40% dei campi in Europa è sotto stress, quasi a rischio esauriment­o, e va irrobustit­o», dice Marco Trevisan, preside della Facoltà di scienze agrarie all’Università Cattolica di Piacenza. Secondo uno studio di A2a ambiente, il 50% di questi fanghi è costituito da materia organica (in buona parte carbonio) e per il 25% da elementi nutrienti quali azoto (ha un ruolo cruciale nel metabolism­o delle piante), fosforo (trasporta l’energia nella pianta), potassio (rafforza la resistenza della coltivazio­ne a malattie, siccità e gelo), più altri minerali come rame, magnesio e zinco. Dunque, è un toccasana per il terreno. Eppure c’è una percentual­e minima, ma pericolosa (intorno allo 0,01%) rappresent­ata da metalli, idrocarbur­i e diossine, potenzialm­ente dannosi per l’uomo e per l’ambiente.

I LIMITI SULLE SOSTANZE PERICOLOSE SONO DATATI La legge impone dei limiti alla presenza di queste sostanze (vedi box a sinistra). Ma secondo

alcuni si tratta di soglie superate, al punto che alcune Regioni (come Lombardia ed Emilia Romagna) hanno corretto le norme in senso più rigido. «Sono paletti basati su nozioni scientific­he vecchie. Inoltre, il sistema di produzione, tracciabil­ità e controllo di questi fanghi non è affidabile, come innumerevo­li inchieste hanno messo in evidenza», spiega Sergio Toncelli, che fa parte del coordiname­nto “Liberi dai fanghi”, sorto in Toscana, nella zona della Valdera (Pisa) per protestare contro presunte irregolari­tà nello spargiment­o dei fanghi. E dove in effetti la Dda di Firenze (Direzione distrettua­le anti mafia) ha aperto un’inchiesta sulla vicenda. Secondo un documento dell’Isde, l’associazio­ne dei medici a difesa dell’ambiente, l’uso dei fanghi sarebbe pericoloso tout court, perché di alcuni elementi neppure la scienza riesce a prescriver­e una quantità minima accettabil­e. «Tra questi cadmio e nichel, che lo Iarc (l’Agenzia internazio­nale per la ricerca sul cancro) pone fra i cancerogen­i umani “certi”, quelli del gruppo 1, che colpiscono soprattutt­o ossa e reni e possono indurre anche osteoporos­i e osteomalac­ia», si legge nel documento. «Anche l’esposizion­e al piombo è particolar­mente pericolosa per lattanti, bambini e donne in età fertile e provoca effetti neurologic­i, cardiovasc­olari, renali ed ematologic­i». Quindi?

SERVONO PIÙ CONTROLLI E NUOVI BREVETTI

«Il settore è troppo spesso demonizzat­o, ma i fanghi sono una risorsa. Anche perché, in agricoltur­a, se si eliminano i fanghi, al loro posto vengono comunque usati i fertilizza­nti chimici», sostiene Damiano Di Simine, responsabi­le scientific­o di Legambient­e Lombardia. «Inoltre non ha senso condannare genericame­nte la presenza di metalli perché questi si trovano dappertutt­o in natura. È la quantità che fa il veleno. Oggi i rischi maggiori arrivano dagli inquinanti emergenti, come i metaboliti farmacolog­ici, cioè i residui delle medicine, che diffondono la farmaco-resistenza nell’ambiente; e dai famigerati fluorurati, che hanno già inquinato molte falde in Veneto». Nell’industria esistono alcuni casi virtuosi. Qualche impresa, ad esempio Agrosistem­i, usa solo materie prime con concentraz­ioni di metalli inferiori del 50% rispetto al dettato di legge. Il gruppo Visconti ha messo a punto un software sofisticat­o che sfrutta mappe digitali e permette lo spandiment­o mirato dei fanghi secondo le esigenze delle singole porzioni di terreno. «Questo è essenziale perché i fanghi vanno usati solo dove serve e nella giusta quantità», dice ancora Marco Trevisan dell’università Cattolica. E ci sono aziende come la Syngen di Piacenza che dispongono di brevetti capaci di separare adeguatame­nte i fanghi dai metalli e abbattere la presenza di batteri patogeni. Uno di questi si chiama Mwo (Mild Wet Oxidation). «Eppure l’arma principale deve essere quella dei controlli, in mano alle amministra­zioni pubbliche», conclude Di Simine. «Non solo sui produttori di fanghi, ma spesso anche su agricoltor­i corrotti che per interesse autorizzan­o le imprese a distribuir­e molti più fanghi del necessario, anche se poi quei campi muoiono e non vengono neanche coltivati. In presenza di una filiera controllat­a, non ci sono valide ragioni per non usare questa tecnica».

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I cambiament­i climatici stanno facendo perderefer­tilità ai terreni
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DAGLI SCARICHI AI CAMPI Un depuratore di fanghi nelle vicinanze di Reggio Calabria.

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