C’è una nuova mano bionica
Garantisce il recupero del 90% della funzionalità perduta. La sta sperimentando un paziente. E nel giro di un anno potrebbe essere disponibile in tutti i centri protesi
Una mano che permette di afferrare, stringere e raccogliere. È la promessa mantenuta dalla protesi di ultima generazione che riesce a restituire il 90 % della funzionalità perduta. La prima è stata sviluppata in Italia da un team del Centro protesi Inail e dell’Istituto italiano di tecnologia e al momento la sta utilizzando un unico paziente, un portuale di Marina di Carrara (MS), che perse parte del braccio nel 2002 in un incidente sul lavoro. I tempi per averla disponibile nei Centri protesi nazionali? Forse un anno.
LA TECNOLOGIA VINCENTE
In realtà, non è il primo modello che arriva alla ribalta in questi ultimi mesi. Ma la differenza con i precedenti sta nella tecnologia impiegata. «La mano si muove grazie agli impulsi elettrici che provengono dalla contrazione dei muscoli dell’arto dov’è impiantata la protesi», spiega Giorgio Pajardi, direttore del Centro di chirurgia della mano dell’ospedale San Giuseppe Irccs Multimedica Università degli Studi di Milano. Nei muscoli ci sono sensori che captano i comandi ricevuti dal cervello e attivano il movimento del polso e della mano. Insomma, un funzionamento sofisticato, degno di un film di fantascienza. E non ha nulla a che vedere con l’altro modello di protesi, che è stato presentato lo scorso anno. In quel caso, i movimenti della mano erano coordinati da un’ apparecchiatura computerizzata collocata in uno zainetto. «I miglioramenti sono innegabili e ben venga tutto ciò che può migliorare la qualità di vita della persona», sottolinea il professor Pajardi. «Bisogna però sempre tenere presente che la protesi non è un guanto da indossare e utilizzare. Ci vogliono invece mesi di training, di costanza, di esercizi per imparare a utilizzarla». BUONE NOTIZIE SUL FRONTE INTERVENTI Certo, in caso di incidente, è sempre meglio riuscire a riattaccare l’arto amputato. L’intervento è lungo e impegnativo perché va congiunta ogni singola porzione di struttura e non solo tendini e vasi. «Rispetto a un tempo, però, oggi il territorio nazionale è ben organizzato», prosegue il professor Pajardi. «E ogni Regione ha un Centro attrezzato ad hoc e con un’équipe super specializzata per questo ti podi operazioni».