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Libertà è mettersi in proprio

Italia, terra di santi, poeti e... lavoratori autonomi: nel nostro Paese la categoria degli “indipenden­ti” è molto più ampia che nel resto d’Europa (fa eccezione solo la Grecia). Un effetto della crisi, certo, ma anche una scelta che può rendere felici

- di Anna Pugliese

Gli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2017, parlano chiaro: l’Italia è il secondo Paese in Europa, alle spalle solo della Grecia, come numero di lavoratori autonomi. Il 21% degli occupati italiani è indipenden­te, contro il 14% della media europea. Anche il rapporto sulle libere profession­i in Italia, presentato da Confprofes­sioni, conferma questo dato. Siamo il Paese con il più alto numero di liberi profession­isti d’Europa. Seguono questo trend pure i dati della Confartigi­anato che, dopo anni di stallo, nel 2017 ha visto crescere la produzione del 2,4%. E numeri positivi giungono anche da Confagrico­ltura che registra una crescita delle imprese giovanili di più del 5% . «Significa, quindi, che molti “self employed” , questo è il termine tecnico, non sono freelance sfruttati da contratti capestro, ma persone che scelgono di lavorare in modo indipenden­te. Come liberi profession­isti, come artigiani, come produttori agricoli», commenta il consulente del lavoro Antonio Napolitano.

IL BELLO DELL’INDIPENDEN­ZA

La risposta alla crisi del lavoro, ma anche alla disaffezio­ne per il proprio mestiere (quando se ne ha uno), quindi, può essere creare, e sviluppare, un business in autonomia. Seguendo le proprie passioni, i propri interessi, i propri ritmi. A volte è l’inizio di una nuova vita, più serena e appagante di quella da dipendente. Come emerge dalle testimonia­nze qui a fianco.

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