Insieme contro la sclerodermia
È una malattia poco conosciuta e anche per questo diagnosticata in ritardo. Ma la tempestività è fondamentale. Per questo è importante parlarne
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Èuna malattia autoimmune sistemica che colpisce quasi un abitante su mille, con un’incidenza quattro volte maggiore tra le donne di età compresa tra i 30 e i 50 anni. Se ne è parlato molto in occasione della Giornata mondiale della sclerodermia, che si è svolta il 29 giugno. «Purtroppo, però, resta una patologia ancora in parte misconosciuta, che viene in genere diagnosticata con un ritardo di 3-5 anni, perché i sintomi iniziali sono aspecifici», spiega il professor Marco Matucci Cerinic, direttore della Divisione di reumatologia dell’Ospedale Careggi di Firenze.
QUALI SONO I SINTOMI
«La sclerodermia esordisce con il fenomeno di Raynaud che colpisce le dita delle mani. Queste diventano dapprima bianche, poi blu e infine rosse, e le variazioni di colore sono accompagnate da formicolio e dolore», continua l’esperto. «Segnalano una sofferenza del microcircolo, ma non sempre questo fenomeno, insieme alle mani gonfie, viene preso in debita considerazione. In seguito la malattia evolve con un ispessimento della pelle e dei tessuti degli organi interni per un abnorme produzione di collagene. La malattia può dare anche spossatezza, difficoltà a respirare, reflusso gastro-esofageo, aritmie cardiache nonché problemi in- testinali. Oltre al fatto che tutta la pelle del viso e del corpo diventa fibrotica, cioè dura, ispessita e anelastica», continua il professor Matucci Cerinic.
QUALI SONO LE TERAPIE
Per riuscire a rallentare o bloccare l’evoluzione della sclerodermia, che alterna periodi di riacutizzazione ad altri di remissione spontanea, occorre puntare sulla diagnosi precoce. Quando si osserva un fenomeno di Raynaud si devono ricercare nel sangue gli autoanticorpi specifici e si deve eseguire la capillaroscopia periungueale, una tecnica diagnostica che visualizza le alterazioni microvascolari delle dita delle mani. «Anche la terapia nell’ultimo decennio ha fatto passi da gigante. Prevede la prescrizione per lunghi periodi di farmaci immunosoppressori per cercare di fermare l’evoluzione della malattia, insieme ad altri tesi a migliorare la sofferenza dei piccoli vasi», prosegue lo specialista. «Si tratta di vasodilatatori (calcio-antagonisti e inibitori della fosfodiesterasi 5) o di molecole vasoattive (antagonisti del recettore dell’endotelina) che, se assunti con costanza, danno buoni risultati».