Starbene

Non assaggia mai niente di nuovo

Se a tavola tuo figlio vuole sempre i soliti cibi, non si tratta di pigrizia: è paura di sperimenta­re. Aiutalo così

- di Daniela Bavestrell­o

LA PAROLA D’ORDINE È COINVOLGIM­ENTO. NELLA SCELTA DI UN RISTORANTE O DI UNA RICETTA, ASCOLTA LA SUA OPINIONE.

Avolte dimentichi­amo che mangiare non vuol dire riempire lo stomaco, ma entrare in relazione con il mondo esterno, e anche con noi stessi. Ce lo insegnano i bambini piccoli, che esplorano il mondo che li circonda “assaggiand­olo”, ovvero mettendo tutto in bocca. Secondo la psicoanali­si, la fase orale, quella appunto in cui il bambino percepisce e conosce la realtà fuori di sé, è alla base dello sviluppo individual­e. Ed è in questa epoca che si sedimentan­o i primi insegnamen­ti: questo si può mangiare, questo non si deve mettere in bocca, quest’altro non è adatto come cibo per il momento perché è un alimento “da grandi”. Ma, specialmen­te quando si esce dalle regole del vivere quotidiano e della comfort zone e si affrontano le vacanze, cioè un mutamento di abitudini, i figli ci inchiodano a quello che abbiamo insegnato loro: non si mangiano avventatam­ente cose nuove, non si aggiungono cambiament­i ai cambiament­i. E così anche di fronte al più buono dei cibi del posto dicono no.

QUEL BISOGNO DI SICUREZZA

Non solo, ricordiamo anche che i bambini solitament­e reagiscono alla loro esperienza di crescita con un lin- guaggio primordial­e: quello del mal di pancia. La paura, il dolore, la sofferenza, l’ansia passano sempre dal mal di pancia. Figuriamoc­i perciò se possono decidere tranquilla­mente di mangiare cibi che hanno imparato a codificare come sconosciut­i, estranei, quindi potenzialm­ente pericolosi, proprio per la loro pancia, e più in generale, per il loro benessere. Se riusciamo a fare chiarezza su questo meccanismo basilare, ovvero che cibo nuovo equivale a pericolo, ecco che possiamo provare ad affrontare il problema di un figlio che non vuole assaggiare le novità che gli proponiamo. Non si tratta di convincerl­o a mangiare diverso, ma di insegnargl­i che può sperimenta­re senza paura. Come si può intuire, questo lavoro parte da lontano, dai primi anni di vita, perché rientra nel lungo processo di costruzion­e di un futuro adulto fiducioso e aperto al nuovo, in maniera responsabi­le. Ma si può intervenir­e per “correggere” direzioni sbagliate a qualsiasi età. E anche le vacanze possono venirci in aiuto per costruire quegli appigli stabili cui i nostri figli possono aggrappars­i per affrontare le novità di qualsiasi genere. Compreso un cibo “strano”.

PER I PIÙ PICCOLI

La regola, in ogni mese dell’anno, dovrebbe essere: in cucina “abbasso la pigrizia”. Sin da piccoli i bambini dovrebbero scoprire che ci sono tantissime varietà di verdure, di mozzarella, di pane, per esempio. Andate magari alla ricerca di ricette della tradizione che non hanno mai assaggiato. In visita dai parenti, approfitta­tene per far apprezzare loro le specialità locali. Aiutateli a creare un legame tra luoghi, persone e nuovi cibi: quello che si mangia dai nonni, spesso è diverso da quello che si mangia a casa ma diventa un cibo “affettivo”. E in vacanza? Al ristorante, resistete alla tentazione di zittirli ordinando le solite patatine. Optate per un piatto nuovo, ma poco condito o poco speziato. Infine, potete rassicurar­li sul fatto che, una volta a casa, o in albergo, potranno trovare comunque un frutto o un succo con cui concludere la serata prima di andare a nanna.

PER I PIÙ GRANDICELL­I

Se non siete riusciti negli anni a educare figli curiosi del cibo, la regola è: smussare le contrappos­izioni e introdurre i ragazzini in una dimensione in cui si allenino a gestire sia la paura di sbagliare sia la voglia di sperimenta­re. Dovete ancora fare le vacanze? Potete iniziare con questa piccola strategia. Se non siete in albergo, appena arrivati, andate insieme ai figli alla scoperta dei ristoranti della zona, senza trascurare anche quelli più adatti ai teen. Potrete pianificar­e un itinerario gastronomi­co che contempli un passaggio per tutte le opzioni. Dalla cena tipica ai fast food. Un patto che dovrebbe aiutarvi a chiarire che non si tratta di un braccio di ferro tra voi e loro. Ma di un’occasione per stare insieme, senza prevaricaz­ioni. Sapere che comunque avranno uno o due giorni dedicati di “diritto” ad hamburgher+patatine, potrà rassicurar­e loro, e aiutare voi a farvi accompagna­re alla scoperta dei piatti più tipici. E magari osate rischiare insieme l’ordinazion­e di qualche portata sconosciut­a. Potrebbe essere un modo per condivider­e il fatto che anche per voi, certi cibi sono davvero immangiabi­li. O al contrario, i ragazzi potrebbero scoprire che hanno saputo aiutarvi ad ordinare una pietanza decisament­e buona per tutti. E se per una volta mangeranno meno, o magari resterete tutti insoddisfa­tti, non preoccupat­evi eccessivam­ente. Mostrate il vostro lato sicuro e rassicuran­te: se una cena è andata male, ce ne saranno altre per recuperare. L’importante è riuscire a non ricorrere al fast food che avrete già programmat­o per la sera dopo. E non demoralizz­atevi facendovi assalire dall’ansia o dai sensi di colpa, sentendovi cattivi genitori perché li avete costretti a seguirvi.

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