Editoriale
«Non mangiare tutti i biscotti che poi ti viene la pancia». Ci sono ricascata. Di fronte alla sua golosità, ho di nuovo presentato a mio figlio (11 anni e un corpo in rapida crescita affamato di calorie) l’eventualità di metter su qualche chilo come qualcosa di sconveniente. Di esteticamente disdicevole. Poi ho subito corretto la rotta: «Lo sai, vero, che te lo dico non perché un po’ di pancetta sia brutta, ma perché è importante per la salute non mangiare troppi zuccheri?». Penso che un rapporto sano con la bilancia si crei già a partire dall’infanzia e io con mio figlio ci sto provando. Cerco di fargli capire che dovremmo tenerci in forma non perché chi è magro è bello, ma perché un’alimentazione sregolata può causare malattie evitabili con lo stile di vita giusto. L’impresa non è semplice. È un attimo, con le parole sbagliate, scivolare nel mito della magrezza, cioè in quell’idea, purtroppo radicata nella nostra società, secondo cui solo chi è snello merita ammirazione, attenzione, successo (ne parliamo nell’articolo di pagina 72, dedicato al peso che diventa ossessione). Basta davvero poco, anche perché i nostri figli sono bombardati via web da immagini di presunti vincenti che ostentano corpi perfetti: modelle, blogger, influencer, calciatori. Come se il vitino di vespa e gli addominali tartarugati fossero indispensabili per conquistare, insieme ai like, la stima del mondo intero. Tanto che, dicono alcuni studi, ci sono bambini, maschi e femmine, che cominciano a preoccuparsi del loro aspetto fisico già a 6 anni. Diciamo che in questa impresa educativa dovrei essere avvantaggiata rispetto alla media dei genitori. Nel senso che ogni settimana su Starbene cerchiamo di fare la stessa “operazione”. Cerchiamo cioè di far passare tra lettrici e lettori questo messaggio: dobbiamo prenderci cura di noi e del nostro aspetto non per corrispondere a un modello di bellezza imposto da chissà chi, ma per sentirci bene.