Sportello pazienti
La donna in gravidanza ha il diritto di fare i test genetici per conoscere lo stato di salute del nascituro, e il suo medico non può dissuaderla dal proposito. È il principio affermato da una sentenza della Cassazione (19151/2018), che chiude una vicenda giudiziaria durata più di 20 anni. La protagonista è una donna che all’epoca dei fatti, incinta, aveva chiesto al ginecologo di eseguire gli accertamenti necessari per individuare la presenza di eventuali difetti genetici nel feto, confidandogli che, in caso positivo, era intenzionata a interrompere la gravidanza. Lo specialista aveva sconsigliato i test e, quando la donna, dopo il parto, ha scoperto che il figlio era affetto dalla sindrome di Down, ha deciso di avviare un’azione legale per ottenere un risarcimento. «La sentenza, il cui ritardo è comunque inaccettabile, ribadisce il diritto dei futuri genitori a essere informati sullo stato di salute del feto, per decidere sulla gravidanza, o per prepararsi ad accogliere un figlio che avrà un’esistenza più problematica. I test prenatali rientrano nei protocolli sugli esami da eseguire in gravidanza, e il medico deve informare i pazienti perché decidano in autonomia», spiega l’avvocato Marco Bona, specializzato in risarcimento del danno. «Inoltre, per la prima volta viene riconosciuto alla madre un danno morale, oltre che biologico».