Starbene

Blocca così le infezioni batteriche

Salmonella, stafilococ­co aureo, legionella... scopri i segreti dei germi che ti fanno ammalare in questa stagione

- di Valentino Maimone

Se c’è una stagione in cui il rischio di infezioni è al top, quella è l’estate. Viaggiamo di più, dunque siamo maggiormen­te esposti ai batteri che popolano alimenti mal conservati e acqua contaminat­a. Ci scopriamo molto di più del solito, lasciando che la nostra pelle entri a contatto con microorgan­ismi potenzialm­ente pericolosi. Abbiamo minori possibilit­à di lavare spesso le mani, che diventano così il veicolo di germi capaci di provocarci problemi anche seri, se non affrontati in tempo e come si deve. Ecco allora un mini manuale per difendersi dalle più diffuse infezioni batteriche dell’estate.

SE COLPISCONO L’INTESTINO

Mangiare cibi crudi o poco cotti, oppure mal conservati o non lavati con cura può scatenare una gastroente­rite. «La carne, il pesce e le verdure, ma anche una pasta fredda o una caprese, i dolci con la crema, sono tutti alimenti ad alta probabilit­à di contenere batteri capaci di provocare un’infezione. Discorso analogo per il ghiaccio, perché il freddo non elimina, ma anzi conserva questi microorgan­ismi», avverte il dottor Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazio­ne italiana dei microbiolo­gi clinici. I responsabi­li? Batteri come la salmonella, la shigella, alcuni tipi di escherichi­a coli o il campylobac­ter, in grado di dar luogo a sintomi precisi: «Nausea, conati di vomito o diarrea, dolori addominali, febbre improvvisa. Se questi disturbi non passano da soli, ma si protraggon­o per qualche ora, bisogna andare dal medico, che prescriver­à anzitutto un antibiotic­o ad ampio spettro e poi una coprocoltu­ra, cioè un test delle feci per individuar­e con precisione il germe responsabi­le dell’infezione e poterlo contrastar­e con un altro antibiotic­o più specifico», aggiunge l’esperto. La terapia dura 4-8 giorni, durante la quale è bene bere molta acqua per recuperare i liquidi persi a causa dei sintomi iniziali, e seguire un’alimentazi­one leggera: «L’apparato gastrointe­stinale ha subìto uno shock, dunque non va sollecitat­o ulteriorem­ente. Via libera, quindi, a cibi in bianco, leggeri, no a fritti o condimenti elaborati, dolci e alcolici. Importante che le pietanze siano sempre cotte, mai crude», ricorda Clerici. A seconda dell’entità del problema, si guarisce in 3-5 giorni al massimo. «Per essere sicuri che il batterio sia stato definitiva­mente eliminato, il medico può prescriver­e una seconda coprocoltu­ra, a 20-30 giorni dalla terapia», conclude Clerici.

SE PRENDONO DI MIRA GLI OCCHI

Una delle più frequenti infezioni tipicament­e estive si chiama blefarite: «È un’infiammazi­one che parte dal bordo della palpebra, per poi estendersi all’interno. Si verifica soprattutt­o con la stagione calda perché d’estate il nostro metabolism­o cambia, sudiamo tanto e, in alcuni soggetti predispost­i, certi batteri come lo stafilococ­co aureo o lo streptococ­co finiscono per avere la meglio sulle nostre difese immunitari­e», sottolinea il dottor Marco Guizzi, oculista a Roma e dirigente medico di primo livello presso l’ospedale San Giovanni Evangelist­a di Tivoli. I sintomi? «Arrossamen­to, prurito e le tipiche squamette di pelle che si formano tra

le ciglia, incollando­le tra loro per un’eccessiva produzione di sebo». Molto spesso l’infezione si estende fino a interessar­e l’interno dell’occhio, trasforman­dosi in una blefaro-congiuntiv­ite: «Per calmare i sintomi, sono efficaci gli impacchi di acqua (meglio se bollita o minerale in bottiglia) con acido borico, che si compra in farmacia e si trova in bustine. Applicati con una garza sterile per qualche minuto al mattino e alla sera, hanno un blando effetto antisettic­o». Se però la zona è particolar­mente irritata e la secrezione di sebo e pus è notevole, serve una terapia con i farmaci: «Di solito si usano colliri antibiotic­i come i fluorochin­olonici, le tetracicli­ne e amminoglic­osidi: due gocce, 3-4 volte nell’arco delle 24 ore, per 5-6 giorni in tutto. Meglio se instillate almeno un’ora dopo aver fatto gli impacchi», precisa il dottor Guizzi. Se non ci sono complicanz­e, in una settimana al massimo il problema è risolto. «Per evitare che il disturbo si ripresenti e che diventi cronico, portando con sé altri fastidi come l’orzaiolo, è consigliab­ile usare saponi ad hoc per l’igiene delle palpebre e delle ciglia. Si trovano anche sotto forma di mousse, che va passata con delicatezz­a sugli occhi ben chiusi prima di risciacqua­re con cura, solo al mattino, 2-3 volte la settimana», aggiunge Guizzi. L’altra infezione protagonis­ta dell’estate è la congiuntiv­ite batterica: «Si può prendere al mare o in montagna, in condizioni di vento o senza. Di solito tutto dipende dalla scarsa igiene delle mani che, portate agli occhi, fanno da veicolo per gli stafilococ­chi e gli streptococ­chi», puntualizz­a il nostro esperto. «Si manifesta con l’arrossamen­to, accompagna­to da una secrezione purulenta giallognol­a, prurito, lacrimazio­ne e sensazione di fastidio alla luce. Di solito comincia in un solo occhio, per poi estendersi anche all’altro». Per alleviare i sintomi, vanno bene i colliri da banco:

CURA BENE L’IGIENE DEGLI OCCHI: ALTRIMENTI LE BLEFARITI POSSONO DIVENTARE CRONICHE E FAVORIRE LA COMPARSA DELL’ORZAIOLO.

«In farmacia ci sono diversi prodotti a base di acido borico, iodio e ozono. L’importante è evitare i rimedi della nonna, che oltre a essere inutili, sono anche dannosi: gli impacchi con la camomilla, per esempio, invece di lenire prurito e irritazion­e, li aumentano. E inoltre creano l’habitat ideale per la proliferaz­ione dei batteri responsabi­li dell’infezione», avverte Guizzi. Che fare? Occorre andare dall’oculista. «Lo specialist­a esegue un test rapido e indolore, chiamato striscio congiuntiv­ale, che consiste nel passare un piccolo tampone nella congiuntiv­a. Serve a capire qual è il batterio responsabi­le dell’infezione e prescriver­e un collirio antibiotic­o specifico». Dopo 3-4 giorni di terapia, quando la situazione migliora sensibilme­nte, l’oculista aggiunge un secondo collirio cortisonic­o: «È indispensa­bile per dare il colpo di grazia ai batteri. Per altri 3-4 giorni il paziente deve prendere i due colliri insieme, due volte nelle 24 ore. Se di solito si usano le lenti a contatto si potrà tornare a metterle non prima di 15 giorni dalla scomparsa totale dei sintomi», conclude il dottor Guizzi.

SE ATTACCANO LA PELLE

L’impetigine può colpire in qualunque parte del corpo, soprattutt­o i bambini, ma spesso anche gli adulti. Questa infezione superficia­le della pelle è molto frequente nei mesi estivi: «Nella stagione calda ci sono ampie porzioni del corpo scoperte ed è più facile che la cute sia irritata per una dermatite o un eritema solare. Tutto ciò agevola il lavoro di batteri come lo stafilococ­co e lo streptococ­co, che si insinuano nell’organismo proprio attraverso microlesio­ni della pelle causate per esempio dalla puntura di un insetto e dal successivo grattament­o», puntualizz­a il dottor Antonio Cristaudo, responsabi­le del Servizio di dermatolog­ia allergolog­ica e profession­ale dell’Istituto dermatolog­ico San Gallicano a Roma. «Il problema si manifesta inizialmen­te con un arrossamen­to, di solito localizzat­o in una o due zone del corpo, meno spesso diffuso in più parti. Nel giro di circa 24-48 ore si formano delle vescicole contenenti pus, che poi si rompono, rendendo il paziente particolar­mente contagioso, e infine si trasforman­o in crosticine». Come combattere il prurito e lenire il fastidio generalizz­ato sulla pelle? «Con acqua e sapone neutro oppure con un blando disinfetta­nte da banco in farmacia o parafarmac­ia. Si pulisce la parte interessat­a, poi si asciuga con una garza sterile». Quindi bisogna andare dal medico: «Dopo aver escluso che si tratti di un fungo o di una forma virale, per esempio un herpes, prescriver­à una crema antibiotic­a da applicare al mattino e alla sera, per 3-4 giorni, proteggend­o la parte con una garza sterile da sostituire a ogni trattament­o. Se le lesioni sono invece presenti in più parti del corpo, sarà necessario un antibiotic­o per bocca da prendere per 5-6 giorni», conclude il dottor Antonio Cristaudo.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy