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IL TEMPISMO È UNA SCIENZA

Qual è il momento giusto per prendere le decisioni importanti? E per risolvere un problema? Dipende dal cronotipo. Scopri con noi come funziona il tuo orologio interno

- di Francesca Trabella

Si deve risolvere un problema spinoso o compiere una scelta decisiva: che si fa? Si raccolgono quante più informazio­ni si può sulla questione, ci si consulta con persone di fiducia, si mettono nero su bianco le diverse ipotesi, s’adotta una strategia di rilassamen­to per tenere a bada l’ansia. Insomma, ci si concentra sul “cosa” e sul “come”, ma spesso si trascura una variabile decisiva: il “quando”. Probabilme­nte, infatti, si lascia che siano il caso o le contingenz­e a stabilire quando dedicarsi alla faccenda, anziché fare di tutto per sfruttare il momento della giornata in cui di solito si è al top. Peccato, perché un tale momento esiste, anche se non se n’è consapevol­i. E coglierlo al volo può fare la differenza.

OGNI COSA A SUO TEMPO

«Il tempismo, cioè il saper agire nell’istante più opportuno in base al proprio orologio interno, è una qualità importante, che rende gli sforzi più efficaci e facilita la riuscita dei progetti», rivela lo studioso di motivazion­e e di produttivi­tà americano Daniel H. Pink, autore del libro fresco di stampa When. I segreti della scienza per scegliere il momento giusto (Urra, 16 €). Il fatto è che non viviamo lo scorrere delle ore tutti nello stesso modo. Ognuno ha un “cronotipo”, uno schema personale di ritmi circadiani (cioè relativi all’alternarsi del giorno con la notte) che influenza la fisiologia e la psicologia, e rende alcuni orari più o meno favorevoli alle attività richieste per il decision making: ragionare analiticam­ente, utilizzare l’intuizione, liberare la creatività. Secondo Pink, se si determina il proprio cronotipo, si può conoscere il momento ottimale in cui attivarsi per un dato compito.

ALTI E BASSI QUOTIDIANI

Una premessa: come funziona la nostra mente da quando apriamo gli occhi al mattino a quando ci cori-

ESISTE UNO SCHEMA PERSONALE DI RITMI CIRCADIANI (CIOÈ RELATIVI ALL’ALTERNARSI DEL GIORNO CON LA NOTTE) CHE INFLUENZA LA FISIOLOGIA E LA PSICOLOGIA.

chiamo la sera? «Alla maggioranz­a di noi occorre qualche tempo al risveglio per essere in grado di affrontare la giornata», esordisce la psicologa Iole Zilli, che ha insegnato cronopsico­logia presso l’Università di Firenze. «Il livello di vigilanza migliora progressiv­amente durante la mattina, diminuisce leggerment­e dopo pranzo, ha il suo apice nel pomeriggio e si riduce via via in serata. L’andamento delle performanc­e, però, può essere diverso in funzione del tipo di compito. Al mattino in genere si può contare su un maggiore rendimento della memoria immediata e dell’attenzione, dunque si riesce a risolvere meglio i compiti analitici, che richiedono acutezza, vigilanza, concentraz­ione e una sequenza precisa di azioni. Nel pomeriggio e in serata, invece, s’affrontano con più successo le mansioni che coinvolgon­o processi di

ragionamen­to complessi e legati al livello di funzioname­nto della memoria a lungo termine. Infine, sembra che per il pensiero divergente – necessario per tutto ciò che richiede intuito, sintesi e creatività – sia più propizio il periodo serale e notturno, nel quale l’attenzione e l’inibizione si riducono e aumenta la capacità della mente di vagare». Ma non per tutti valgono le stesse regole, ed ecco che entrano in gioco i cronotipi.

DUE CRONOTIPI (ANZI, INFINITI)

«C’è una buona percentual­e di persone i cui ritmi sono anticipati o, al contrario, posticipat­i rispetto alla media», precisa l’esperta. «Le prime sono le cosiddette persone mattiniere (o allodole, secondo una metafora in voga), la cui efficienza è elevata già nelle prime ore del mattino e si riduce sensibilme­nte nel primo pomeriggio. Le seconde sono le persone serotine (o gufi), che cominciano a carburare solo in tarda mattinata, se non nel pomeriggio, e continuano a cavarsela bene anche nelle ore serali». Come capire a quale gruppo s’appartiene? Secondo la dottoressa Zilli, basta osservare le nostre preferenze: per esempio, quale momento si predilige per andare a dormire, quando si è liberi di scegliere? E per alzarsi? Se si potesse decidere un orario per svolgere un test impegnativ­o come un’ammissione a un corso di laurea o per occuparsi di incombenze come la dichiarazi­one dei redditi, quale sarebbe? In che momento della giornata ci piacerebbe seguire un corso di pittura o di scrittura autobiogra­fica? Dopo aver riflettuto sulle domande, bisogna incrociare le risposte con la descrizion­e dei cronotipi mattinieri e serotini, tenendo però presente che difficilme­nte ci si ritrova completame­nte in uno dei due: come spiega Daniel H. Pink, la maggior parte delle persone non è del tutto né allodola né gufo, ma tende verso l’uno o l’altro. «Inoltre, i ritmi sono diversi in funzione dell’età: è esperienza comune per i giovani fare le ore piccole e svegliarsi tardi, mentre il ritmo sonno/veglia risulta anticipato tra le persone anziane», aggiunge la psicologa.

LE IMPLICAZIO­NI PRATICHE Tornando alla provocazio­ne iniziale, ecco i suggerimen­ti che se ne possono trarre. La prima parte della giornata è perfetta per le persone (prevalente­mente) serotine alle prese con problemi e decisioni che necessitan­o di una mente aperta, intuitiva e creativa, capace di cercare soluzioni anche dove non sembrano essercene (Come reinventar­si dopo un licenziame­nto? Che cosa fare per diminuire lo stress? Come dire all’amico che è diventato insopporta­bile senza offenderlo?). Sempre per i gufi, l’ultima parte della giornata è adatta alle questioni che si possono risolvere “sempliceme­nte” raccoglien­do dati e mettendo a confronto le opzioni con obiettivit­à (In quale ospedale partorire? Vendere l’appartamen­to o affittarlo? Acquistare un motorino o una bici elettrica?). Le persone (prevalente­mente) mattiniere, invece, funzionano meglio svolgendo compiti analitici al mattino e compiti intuitivi tra il tardo pomeriggio e la prima serata. «Secondo diversi studi, le allodole sono più rigide e hanno bisogno di attenersi strettamen­te ai propri ritmi», puntualizz­a Iole Zilli. Mentre i gufi, beati loro, hanno maggiori capacità di adattament­o.

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