«Ho salvato papà dal tumore»
La scoperta del cancro al colon. Lo stop all’intervento per ilcuore.La volontà di non arrendersi. Fino alla guarigione
Mi chiamo Alina e ho 41 anni, vivo in provincia di Bari con le mie due figlie, Anna Paola di 16 anni, nata dal primo matrimonio, e Valeria di 7 anni, nata dal secondo. Il mio primo marito è mancato quando Anna Paola stava per compiere 2 anni, dal secondo ho divorziato un anno fa. In questi periodi non facili della mia vita ho potuto sempre contare sulla mia famiglia e, in particolare, su mio padre Salvatore, che ha fatto più da papà che da nonno alla mia primogenita. Mi considero una donna forte e organizzata, lavoro in banca e sono una mamma single felice, ma l’anno scorso la mia resistenza è stata messa a dura prova proprio dal mio amato papà.
SEMBRAVA UN’INTOLLERANZA
Tutto è iniziato in primavera, quando mio padre ha iniziato a stare poco bene. Aveva delle fitte addominali e abbiamo pensato che potesse trattarsi di un’ulcera, per cui ci siamo rivolti a un gastroenterologo. La gastroscopia ha rilevato delle sacche d’aria nell’ap- parato digerente che, inizialmente, avevano fatto pensare a una intolleranza. Occorrevano altri accertamenti, e subito una colonscopia. La diagnosi, purtroppo, si rivelò peggiore del previsto: c’era una “massa” nel sigma (un’ansa dell’intestino) e, dall’esame istologico, risultò una neoplasia, un tumore maligno della grandezza di due centimetri. Mio padre aveva un cancro. Lui, la mia roccia. Colui al quale mi ero sempre aggrappata nei momenti più bui della mia vita, era ora la parte più fragile della famiglia e toccava a me essere il suo sostegno.
LE CORONARIE ERANO OSTRUITE
Il tumore andava asportato al più presto possibile. Prima, però, erano necessari l’esame dell’emocromo e l’elettrocardiogramma, obbligatori per affrontare operazione e anestesia generale. Disastro. Le verifiche cardiologiche evidenziavano, senza ombra di dubbio, l’ostruzione di ben due coronarie e, come se non bastasse, la dilatazione del ventricolo destro. In quelle condizioni il suo cuore non sarebbe stato in grado di affrontare nessun intervento, men che meno uno importante come quello al colon.
UNA CORSA CONTRO IL TEMPO
Il tempo scorreva inesorabile e la situazione diventava sempre più grave: da un lato il tumore maligno era lì ma, fortunatamente non aveva ancora ge-
nerato metastasi, ma proprio per questo occorreva agire velocemente, per evitare che potesse espandersi e aggredire organi vicini. Già fare in fretta... Ma il cuore? Era così compromesso da rappresentare un serio ostacolo a un intervento immediato. Ero disperata, e non potevo neanche nascondere troppo la situazione a papà, un uomo intelligente, arguto, un lottatore nato. E lui aveva capito l’angoscia di tutti noi, la fretta e la sensazione di impotenza.
ERAVAMO IN UN VICOLO CIECO!
A questo punto il cuore diventava la priorità, la prima cosa da risolvere. Ci rivolgemmo al miglior centro cardiologico della Regione, e fu immediatamente sottoposto ad angioplastica. Liberata la prima coronaria col palloncino, la seconda non fu possibile disostruirla perché calcificata. Occorreva provare a rimuovere l’ostruzione con un intervento a cuore pulsante (molto rischioso, data la sua situazione), oppure a cuore fermo, con un macchinario che sostituiva le funzioni di cuore e polmoni. Ma questa soluzione, di solito più sicura, nel caso di papà diventava doppiamente rischiosa, perché la circolazione extracorporea gestita dalla macchina avrebbe potuto diffondere le cellule tumorali nell’organismo, togliendo la speranza di guarire dal tumore. Ero in un vicolo cieco. Lì ho iniziato ad avere davvero paura: avevo resistito al colpo del tumore, ma ora il cuore diventava un ostacolo insormontabile, che non solo avrebbe impedito di contrastare il cancro, ma avrebbe potuto causare la morte di mio padre durante l’intervento stesso. Mi sentivo sola e disperata ma decisi di reagire a quella che sembrava una situazione senza sbocco. Mi misi subito in cerca di un medico e di una clinica che potessero salvarlo.
FINALMENTE UN PO’ DI FORTUNA Trovai, tramite la preziosa rete di amicizie che si attiva, fortunatamente, in questi casi, un cardiochirurgo che operava il cuore con una tecnica speciale e mininvasiva a Milano, in un famoso Centro di eccellenza. Incredibile: il professore in questione sarebbe stato proprio in quei giorni a Bari per un convegno. Ci accolse subito in albergo e si mise a studiare le cartelle cliniche per capire quale fosse la situazione: la fortuna finalmente mi assisteva! Lo specialista ci disse di poter procedere con una tecnica mininvasiva che aveva un rischio molto basso per papà e che avrebbe consentito di procedere velocemente col secondo intervento al colon. Tutto questo accadeva alla fine di novembre. La prima settimana di dicembre, mio padre è stato operato con un sondino che ha liberato le sue coronarie consentendo l’applicazione di 3 stent (sono dei piccoli dilatatori) di nuova generazione. Non necessitando l’assunzione di farmaci anticoagulanti, gli hanno consentito di sostenere l’anestesia totale e, appena un mese dopo, l’intervento di asportazione della neoplasia. Mio padre, che per quasi quarant’anni è stato un uomo di mare, divenendo un capitano di lungo corso, aveva vinto la sua battaglia combattendo contro la più temibile delle burrasche. Ora sta bene ed è tornato a essere marito, padre e, soprattutto, nonno a tempo pieno.
DUE INTERVENTI URGENTI BLOCCATI DA UN PROBLEMA DI CUORE E RISOLTI DALLE NUOVE TECNOLOGIE DELLA CARDIOCHIRURGIA.