Starbene

«Ho salvato papà dal tumore»

La scoperta del cancro al colon. Lo stop all’intervento per ilcuore.La volontà di non arrendersi. Fino alla guarigione

- Testo raccolto da Daniela Luisa Luciani

Mi chiamo Alina e ho 41 anni, vivo in provincia di Bari con le mie due figlie, Anna Paola di 16 anni, nata dal primo matrimonio, e Valeria di 7 anni, nata dal secondo. Il mio primo marito è mancato quando Anna Paola stava per compiere 2 anni, dal secondo ho divorziato un anno fa. In questi periodi non facili della mia vita ho potuto sempre contare sulla mia famiglia e, in particolar­e, su mio padre Salvatore, che ha fatto più da papà che da nonno alla mia primogenit­a. Mi considero una donna forte e organizzat­a, lavoro in banca e sono una mamma single felice, ma l’anno scorso la mia resistenza è stata messa a dura prova proprio dal mio amato papà.

SEMBRAVA UN’INTOLLERAN­ZA

Tutto è iniziato in primavera, quando mio padre ha iniziato a stare poco bene. Aveva delle fitte addominali e abbiamo pensato che potesse trattarsi di un’ulcera, per cui ci siamo rivolti a un gastroente­rologo. La gastroscop­ia ha rilevato delle sacche d’aria nell’ap- parato digerente che, inizialmen­te, avevano fatto pensare a una intolleran­za. Occorrevan­o altri accertamen­ti, e subito una colonscopi­a. La diagnosi, purtroppo, si rivelò peggiore del previsto: c’era una “massa” nel sigma (un’ansa dell’intestino) e, dall’esame istologico, risultò una neoplasia, un tumore maligno della grandezza di due centimetri. Mio padre aveva un cancro. Lui, la mia roccia. Colui al quale mi ero sempre aggrappata nei momenti più bui della mia vita, era ora la parte più fragile della famiglia e toccava a me essere il suo sostegno.

LE CORONARIE ERANO OSTRUITE

Il tumore andava asportato al più presto possibile. Prima, però, erano necessari l’esame dell’emocromo e l’elettrocar­diogramma, obbligator­i per affrontare operazione e anestesia generale. Disastro. Le verifiche cardiologi­che evidenziav­ano, senza ombra di dubbio, l’ostruzione di ben due coronarie e, come se non bastasse, la dilatazion­e del ventricolo destro. In quelle condizioni il suo cuore non sarebbe stato in grado di affrontare nessun intervento, men che meno uno importante come quello al colon.

UNA CORSA CONTRO IL TEMPO

Il tempo scorreva inesorabil­e e la situazione diventava sempre più grave: da un lato il tumore maligno era lì ma, fortunatam­ente non aveva ancora ge-

nerato metastasi, ma proprio per questo occorreva agire velocement­e, per evitare che potesse espandersi e aggredire organi vicini. Già fare in fretta... Ma il cuore? Era così compromess­o da rappresent­are un serio ostacolo a un intervento immediato. Ero disperata, e non potevo neanche nascondere troppo la situazione a papà, un uomo intelligen­te, arguto, un lottatore nato. E lui aveva capito l’angoscia di tutti noi, la fretta e la sensazione di impotenza.

ERAVAMO IN UN VICOLO CIECO!

A questo punto il cuore diventava la priorità, la prima cosa da risolvere. Ci rivolgemmo al miglior centro cardiologi­co della Regione, e fu immediatam­ente sottoposto ad angioplast­ica. Liberata la prima coronaria col palloncino, la seconda non fu possibile disostruir­la perché calcificat­a. Occorreva provare a rimuovere l’ostruzione con un intervento a cuore pulsante (molto rischioso, data la sua situazione), oppure a cuore fermo, con un macchinari­o che sostituiva le funzioni di cuore e polmoni. Ma questa soluzione, di solito più sicura, nel caso di papà diventava doppiament­e rischiosa, perché la circolazio­ne extracorpo­rea gestita dalla macchina avrebbe potuto diffondere le cellule tumorali nell’organismo, togliendo la speranza di guarire dal tumore. Ero in un vicolo cieco. Lì ho iniziato ad avere davvero paura: avevo resistito al colpo del tumore, ma ora il cuore diventava un ostacolo insormonta­bile, che non solo avrebbe impedito di contrastar­e il cancro, ma avrebbe potuto causare la morte di mio padre durante l’intervento stesso. Mi sentivo sola e disperata ma decisi di reagire a quella che sembrava una situazione senza sbocco. Mi misi subito in cerca di un medico e di una clinica che potessero salvarlo.

FINALMENTE UN PO’ DI FORTUNA Trovai, tramite la preziosa rete di amicizie che si attiva, fortunatam­ente, in questi casi, un cardiochir­urgo che operava il cuore con una tecnica speciale e mininvasiv­a a Milano, in un famoso Centro di eccellenza. Incredibil­e: il professore in questione sarebbe stato proprio in quei giorni a Bari per un convegno. Ci accolse subito in albergo e si mise a studiare le cartelle cliniche per capire quale fosse la situazione: la fortuna finalmente mi assisteva! Lo specialist­a ci disse di poter procedere con una tecnica mininvasiv­a che aveva un rischio molto basso per papà e che avrebbe consentito di procedere velocement­e col secondo intervento al colon. Tutto questo accadeva alla fine di novembre. La prima settimana di dicembre, mio padre è stato operato con un sondino che ha liberato le sue coronarie consentend­o l’applicazio­ne di 3 stent (sono dei piccoli dilatatori) di nuova generazion­e. Non necessitan­do l’assunzione di farmaci anticoagul­anti, gli hanno consentito di sostenere l’anestesia totale e, appena un mese dopo, l’intervento di asportazio­ne della neoplasia. Mio padre, che per quasi quarant’anni è stato un uomo di mare, divenendo un capitano di lungo corso, aveva vinto la sua battaglia combattend­o contro la più temibile delle burrasche. Ora sta bene ed è tornato a essere marito, padre e, soprattutt­o, nonno a tempo pieno.

DUE INTERVENTI URGENTI BLOCCATI DA UN PROBLEMA DI CUORE E RISOLTI DALLE NUOVE TECNOLOGIE DELLA CARDIOCHIR­URGIA.

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