Starbene

Riusciremo a sterminare le zanzare?

- di Valeria Ghitti

Gli scienziati ci spiegano cosa stanno facendo per limitare la riproduzio­ne di questi fastidiosi­ssimi insetti, senza danneggiar­e l’ambiente

Piccola ed estremamen­te fastidiosa, la zanzara è l’animale più letale per l’uomo: causa, in media, oltre 800 mila morti all’anno. È facile comprender­e, quindi, perché vari ricercator­i a livello internazio­nale stiano cercando il modo per fermarla. Vediamo a che punto siamo.

CONTRO LE PORTATRICI DI MALARIA All’Imperial College di Londra puntano all’eliminazio­ne selettiva della Anopheles gambiae, portatrice di malaria (malattia che ogni anno uccide circa 500 mila persone), attraverso l’ingegneria genetica: ne hanno modificato un gene, ottenendo maschi sani e femmine che non pungono né si riproducon­o. Così nell’arco di alcune generazion­i (5-6 mesi in laboratori­o) la specie scompare. Prima del rilascio nell’ambiente, le zanzare geneticame­nte modificate saranno osservate in laboratori­o a Terni, dove verranno riprodotte le condizioni climatiche delle zone tropicali in cui vivono. «Potremo studiare il loro comportame­nto, valutare la velocità di estinzione, individuar­e eventuali flussi genetici interspeci­e e anche analizzare la loro posizione nella catena alimentare», spiega Andrea Crisanti, parassitol­ogo molecolare a capo della ricerca. Servirà per capire se la scomparsa di questa specie possa creare squilibri, anche se al riguardo il ricercator­e ricorda: «In passato sono state già eliminate zanzare portatrici di malaria utilizzand­o insetticid­i molto tossici: questa tecnica promette di cacellare la causa di migliaia di morti in modo meno costoso e più sicuro per l’uomo e l’ambiente».

LA LOTTA ALLA “TIGRE”

In Italia si sviluppano strategie contro la zanzara tigre: al Centro agricoltur­a ambiente (Caa) di Crevalcore (Bologna), i maschi vengono resi sterili con raggi gamma, mentre l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibil­e) ha manipolato la flora batterica dell’apparato riprodutti­vo della femmina in modo da ottenere maschi che, quando si accoppiano con zanzare tigri “normali”, le rendono sterili, e femmine che perdono fino all’80% la capacità di trasmetter­e virus patogeni. L’obiettivo nel nostro Paese non è l’eliminazio­ne della zanzara tigre (pericolosa ma non certo ai livelli delle anofele) ma la sua riduzione. «Non dovremmo risentire della scomparsa di una specie che da noi è arrivata solo nel 1990, ma cancellarl­a non conviene: servirebbe­ro moltissimi maschi irradiati, quindi allevament­i grandi e costosi e tempi lunghi», spiega Romeo Bellini responsabi­le del settore entomologi­a e zoologia sanitarie del Caa. L’Enea guarda anche alla biodiversi­tà e alla sostenibil­ità ambientale: «Sebbene la zanzara tigre non sia autoctona, non possiamo escludere che si siano instaurati nuovi equilibri: la sua eliminazio­ne potrebbe, per esempio, favorire la diffusione di altre zanzare oggi meno invasive ma ugualmente pericolose», afferma il ricercator­e Marco Clavitti.

DAI LABORATORI ALLE DISINFESTA­ZIONI

Le tecniche del Caa e dell’Enea sono già state provate: i primi risultati mostrano benefici maggiori rispetto agli insetticid­i in termini di efficacia, precisione e sicurezza: «Il maschio reso sterile è a impatto zero e muore nell’arco di 7-10 giorni», assicura Bellini, che ora lavora soprattutt­o per ottimizzar­e tempi e costi di produzione di questi insetti in modo da renderli disponibil­i nell’arco di 3-5 anni come strumento di disinfesta­zione dei Comuni. L’Enea punta a raggiunger­e anche i privati cittadini, grazie a costi più contenuti.

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