Riusciremo a sterminare le zanzare?
Gli scienziati ci spiegano cosa stanno facendo per limitare la riproduzione di questi fastidiosissimi insetti, senza danneggiare l’ambiente
Piccola ed estremamente fastidiosa, la zanzara è l’animale più letale per l’uomo: causa, in media, oltre 800 mila morti all’anno. È facile comprendere, quindi, perché vari ricercatori a livello internazionale stiano cercando il modo per fermarla. Vediamo a che punto siamo.
CONTRO LE PORTATRICI DI MALARIA All’Imperial College di Londra puntano all’eliminazione selettiva della Anopheles gambiae, portatrice di malaria (malattia che ogni anno uccide circa 500 mila persone), attraverso l’ingegneria genetica: ne hanno modificato un gene, ottenendo maschi sani e femmine che non pungono né si riproducono. Così nell’arco di alcune generazioni (5-6 mesi in laboratorio) la specie scompare. Prima del rilascio nell’ambiente, le zanzare geneticamente modificate saranno osservate in laboratorio a Terni, dove verranno riprodotte le condizioni climatiche delle zone tropicali in cui vivono. «Potremo studiare il loro comportamento, valutare la velocità di estinzione, individuare eventuali flussi genetici interspecie e anche analizzare la loro posizione nella catena alimentare», spiega Andrea Crisanti, parassitologo molecolare a capo della ricerca. Servirà per capire se la scomparsa di questa specie possa creare squilibri, anche se al riguardo il ricercatore ricorda: «In passato sono state già eliminate zanzare portatrici di malaria utilizzando insetticidi molto tossici: questa tecnica promette di cacellare la causa di migliaia di morti in modo meno costoso e più sicuro per l’uomo e l’ambiente».
LA LOTTA ALLA “TIGRE”
In Italia si sviluppano strategie contro la zanzara tigre: al Centro agricoltura ambiente (Caa) di Crevalcore (Bologna), i maschi vengono resi sterili con raggi gamma, mentre l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha manipolato la flora batterica dell’apparato riproduttivo della femmina in modo da ottenere maschi che, quando si accoppiano con zanzare tigri “normali”, le rendono sterili, e femmine che perdono fino all’80% la capacità di trasmettere virus patogeni. L’obiettivo nel nostro Paese non è l’eliminazione della zanzara tigre (pericolosa ma non certo ai livelli delle anofele) ma la sua riduzione. «Non dovremmo risentire della scomparsa di una specie che da noi è arrivata solo nel 1990, ma cancellarla non conviene: servirebbero moltissimi maschi irradiati, quindi allevamenti grandi e costosi e tempi lunghi», spiega Romeo Bellini responsabile del settore entomologia e zoologia sanitarie del Caa. L’Enea guarda anche alla biodiversità e alla sostenibilità ambientale: «Sebbene la zanzara tigre non sia autoctona, non possiamo escludere che si siano instaurati nuovi equilibri: la sua eliminazione potrebbe, per esempio, favorire la diffusione di altre zanzare oggi meno invasive ma ugualmente pericolose», afferma il ricercatore Marco Clavitti.
DAI LABORATORI ALLE DISINFESTAZIONI
Le tecniche del Caa e dell’Enea sono già state provate: i primi risultati mostrano benefici maggiori rispetto agli insetticidi in termini di efficacia, precisione e sicurezza: «Il maschio reso sterile è a impatto zero e muore nell’arco di 7-10 giorni», assicura Bellini, che ora lavora soprattutto per ottimizzare tempi e costi di produzione di questi insetti in modo da renderli disponibili nell’arco di 3-5 anni come strumento di disinfestazione dei Comuni. L’Enea punta a raggiungere anche i privati cittadini, grazie a costi più contenuti.