Ipnosi: quando è davvero efficace
I suoi campi di applicazione in medicina sono moltissimi, perché permette di attenuare le sensazioni di dolore
Affrontare un intervento al cuore, come l’impianto di un pace maker, utilizzando l’ipnosi come analgesia: è una delle più recenti applicazioni di questa tecnica in medicina. Se ne è discusso alla 30ª edizione delle giornate cardiologiche torinesi: «All’ospedale Le Molinette di Torino, sino a oggi sono già state effettuate un centinaio di procedure di questo tipo», spiega il dottor Carlo Budano, cardiologo che applica tecniche di analgesia ipnotica nella struttura piemontese. «I pazienti, perfettamente vigili, grazie ai poteri della loro mente hanno raggiunto un importante controllo del dolore, senza dover ricorrere ad anestetici e alla classica sedazione farmacologica». L’ipnosi clinica, infatti, è a tutti gli effetti una terapia, dagli effetti scientificamente provati. Ecco i principali campi di utilizzo.
PER AFFRONTARE ESAMI E INTERVENTI «L’ipnosi viene usata da tempo in alcuni ospedali italiani per il controllo del dolore acuto, come quello legato a certe procedure diagnostiche (colon- scopia, gastroscopia, broncoscopia, per esempio), alle medicazioni delle grandi ustioni, oppure a piccoli interventi di solito effettuati in anestesia locale», spiega il dottor Budano. «È sfruttata anche come “anestetico naturale” per semplici trattamenti odontoiatrici, per controllare i dolori del travaglio e nella riabilitazione fisioterapica, per facilitare un più rapido recupero, dopo importanti traumi». Ma a cosa si deve la sua azione antalgica ? «I meccanismi non sono ancora del tutto chiari, anche se si sa che l’ipnosi dirotta la mente su uno stato speciale di coscienza (la trance) che conferisce una maggiore flessibilità cognitiva ed emotiva, permettendo un più alto controllo del dolore», spiega il professor Giuseppe De Benedittis, vicepresidente della Società italiana di ipnosi e vicepresidente dell’International Society of Hypnosis. «Numerosi studi di neuroimaging e di elettrofisiologia hanno evidenziato che attiva strutture corticali e sottocorticali del cervello e del midollo spinale (la cosiddetta matrice del dolore)che modulano lo stimolo dolorifico, alzandone il grado di
tolleranza. Non solo: l’ipnosi rilassa e abbassa i livelli di ansia, “carburante” che di solito amplifica le sensazioni dolorifiche ed ecco perciò che garantisce una riduzione del dolore che si attesta mediamente al 50% e che si registra in circa i tre quarti dei pazienti».
PER COMBATTERE CEFALEE & CO
«Tra le pricipali applicazioni dell’ipnosi c’è il trattamento del dolore cronico, dalla nevralgia post erpetica, un’eredità del fuoco di sant’Antonio, alla fibromialgia, dalle cefalee tensive, all’emicrania con o senz’aura, ai disturbi dell’articolazione temporo-mandibolare. Per il dolore oncologico rappresenta una vera e propria terapia palliativa in grado di controllare anche altri sintomi, quali nausea e depressione», spiega il professor De Benedittis. «È efficace anche per la cura del mal di schiena aspecifico, cioè non causato da una patologia come un’ernia discale, e dei sintomi dolorosi del colon irritabile». Il numero di sedute necessarie, di solito effettuate con cadenza settimanale, varia da problema a problema, ma in genere un trattamento per il dolore cronico ha una durata di circa 6 mesi e va sempre associato all’autoipnosi che viene insegnata dal terapeuta durante le sedute e che il paziente deve poi “somministrarsi” da solo, a casa.
PER ABBASSARE LA PRESSIONE L’ipnosi agisce anche sul sistema nervoso autonomo e oggi è utilizzata come cura dell’ ipertensione neurogena, una forma tipica delle persone giovani e direttamente collegata allo stress, che alla lunga può usurare l’apparato cardiocircolatorio e sfociare in un’ipertensione cronica: «Induce una vasodilatazione che favorisce l’abbassamento della pressione arteriosa: sia sistolica che diastolica. Nonostante ciò, non è altrettanto efficace nel trattamento dell’ipertensione legata all’aterosclerosi, tipica dell’età più avanzata e quindi ad un indurimento ormai irreversibile dei vasi arteriosi. Può però essere affiancata ai normali farmaci antiipertensivi, per migliorarne l’efficacia, anche a bassi dosaggi. Le sedute necessarie variano in rapporto alla cronicità e severità del problema e anche in questo caso vanno poi associate all’autoipnosi: per avere a portata di mano una sorta di medicina di pronto uso che, soprattutto nei momenti di stress, mantiene stabili gli effetti».
PER ALLEVIARE DERMATITI E ANSIA L’ipnosi è una valida medicina per alcune malattie della pelle e del cuoio capelluto: dermatiti, alopecia, psoriasi o verruche, soprattutto se su base psicosomatica. «Durante la vita fetale, la pelle e il cervello originano dallo stesso foglietto embrionario e mantengono anche dopo la nascita uno stretto rapporto che l’ipnosi aiuta a ricucire», spiega il professor De Benedittis. «Associata alla psicoterapia, con un numero di sedute che varia da caso a caso, l’ipnosi dà una marcia in più anche alla cura di ansia, disturbi del comportamento alimentare ( soprattutto bulimia), attacchi di panico. La sua azione: favorire una liberazione di dopamina che tra le sue funzioni ha anche quella di regalare uno stato di piacere e aiutare la psiche ad avere un miglior autocontrollo sulla sofferenza interiore.
UTILE IN CASO DI IPERTENSIONE LEGATA ALLO STRESS, MA NON PER QUELLA DOVUTA ALL’INDURIMENTO IRREVERSIBILE DEI VASI.