A proposito di curiosità
Può essere un vizio, ma anche una qualità. Come allenarla senza danni
Può essere sinonimo di desiderio illecito o frivolo di svelare segreti, perciò essere equiparata a un vizio. In realtà è un elemento molto complesso, fondamentale per la sopravvivenza e la crescita dell’uomo e della società. Parliamo di curiosità, quella potente spinta a conoscere che da bambini traduciamo in una quantità esagerata di domande (Cos’è? Perché? Dove va? Come si fa? Posso provarci?) e in innumerevoli “missioni” di scoperta, ma che, con il passare del tempo, tendiamo a ridimensionare. Con l’aiuto del nostro esperto e attingendo alle ricerche più recenti, vediamo perché è importante coltivarla e come riuscirci.
VISTA DA VICINO
«La curiosità è un atteggiamento di carattere esplorativo e di apertura, privo di pregiudizio», esordisce Luca Calzolari (lucacalzolari.com), psicologo e psicoterapeuta a Firenze, docente presso il network di scuole di specializzazione in psicoterapia cognitivo-comportamentale “Studi Cognitivi”. «Permette di accrescere la conoscenza non solo del mondo e del rapporto con gli altri, ma anche di sé. Infatti, dà modo di provare sensazioni che aiutano a orientare i propri scopi. Mi spiego con un esempio: ho voglia di assaggiare la cucina libanese, che non conosco, dunque vado in un ristorante specializzato oppure mi cimento con un ricettario. In ogni caso, mentre mi apro a nuovi sapori, ascolto e registro le sen- sazioni che mi danno e le utilizzo come bussola per capire come comportarmi in futuro, quali scopi perseguire: mangiare di nuovo libanese oppure no, replicare con lo stesso ristorante/ ricettario o cambiare, quali sapori prediligere e quali evitare. Certo, l’esplorazione e l’esercizio dell’atteggiamento curioso – sia verso se stessi sia verso il mondo – richiedono di abbandonare la propria zona di comfort, cioè di allontanarsi da ciò che si conosce e rassicura per entrare in un mondo ignoto, dove è normale sentirsi sperduti e commettere errori. Ecco perché alcune persone temono la curiosità e preferiscono astenersi dal praticarla». Ma ci sono anche altre categorie di scettici: per esempio, quelli che si trattengono dal mostrare curiosità sociale, cioè interesse nei confronti del prossimo, per timore di apparire invadenti o pettegoli. E coloro che la disdegnano come cosa da immaturi, sprovveduti, perditempo.
I SUOI MOLTEPLICI BENEFICI
Eppure, come dimostrano studi recenti, questa spinta è più che positiva in quanto può: - incrementare il nostro benessere, grazie alla dopamina e ad altre sostanze gratificanti che il corpo produce quando colmiamo lacune nelle nostre conoscenze o ci imbattiamo in qualcosa di nuovo (pensiamo al piacere che ci regalano un romanzo, una mostra, un film); - portarci a vedere, capire e assimilare i cambia--
menti del mondo, oggi più frequenti e repentini che mai;
- favorire le relazioni, perché ci spinge a interessarci agli altri, a ciò che fanno, pensano, provano, e quindi ci dà modo di entrare in empatia con loro; - spronarci a dare il massimo sia nello studio sia nel lavoro. Quando qualcosa ci incuriosisce, infatti, la affrontiamo con passione, impegno e determinazione. E i risultati migliorano; - aumentare la creatività e la capacità di risolvere i problemi. Ci induce, infatti, a riflettere in modo approfondito e a non accontentarci delle idee, delle informazioni e delle soluzioni trovate per prime:
- siccome implica apertura mentale, renderci più disponibili verso cose e persone che non sono in sintonia con il nostro pensiero, proteggendoci così da trappole cognitive come il pregiudizio di conferma (che è la tendenza sia a cercare informazioni che supportino le nostre convinzioni, sia a ignorare ciò che potrebbe contraddirci).
COME COLTIVARLA A TUTTE LE ETÀ
«Dopo quanto detto, capiamo bene che tenere viva la curiosità è consigliabile in qualsiasi fase della vita, a partire dall’infanzia: non pensiamo che i bambini non abbiano bisogno di stimoli perché in loro è innata e molto evidente», puntualizza l’esperto. Aiutiamoli perciò con materiali da manipolare, letture, occasioni di esperienze e di incontri, ma soprattutto tenendo a bada le nostre eventuali preoccupazioni e paure, che li scoraggerebbero. Agli adolescenti e ai giovani la curiosità verso se stessi e il mondo è necessaria
QUANDO QUALCOSA CI INCURIOSISCE LA AFFRONTIAMO CON PASSIONE E I RISULTATI MIGLIORANO
per misurarsi con i propri limiti e talenti, per scoprire la propria strada: uno dei regali più grandi che possiamo fare loro è metterli in contatto con persone e storie che li attraggano e li ispirino. «Infine, in età adulta e nella terza età la curiosità è un antidoto alla noia e alla routine, fondamentale per mantenersi attivi e aperti», aggiunge Calzolari. «Di fatto, man mano che passano gli anni, definirsi “curiosi” potrebbe essere sempre più difficile, perché ormai abbiamo visto, conosciuto e sperimentato molto. In questo caso il suggerimento è di prendere spunto proprio dai bambini, che affrontano la vita senza pregiudizi e si lasciano facilmente sorprendere, meravigliare e stupire. Non diamo nulla per scontato, oltrepassiamo la superficie delle cose e di noi stessi, troviamo il coraggio di fare domande a chi ne sa di più, misuriamoci con esperienze inedite: in una parola, cerchiamo di abbandonare la zona di sicurezza per aprirci alla nostra interiorità e al mondo. Con molta probabilità tutto ciò ci darà così tante soddisfazioni che non vorremo più smettere».
COME SUPERARE I BLOCCHI
«L’ansia dell’ignoto ci impedisce di liberare la nostra curiosità? Proviamo a considerare che dietro di essa potrebbe esserci un’occasione di arricchimento», consiglia Calzolari. «Chiediamoci “Che cosa farei concretamente se non avessi quell’ansia?” e prendiamo piccoli impegni quotidiani in quella direzione, cercando di essere aperti e attenti verso le sensazioni sperimentate». Iniziamo magari in piccolo, per esempio attaccando bottone con un vicino di casa che conosciamo solo di vista, ascoltando brani musicali di un genere nuovo, guardando un programma tv che abbiamo sempre snobbato. Il fatto che potremmo provare imbarazzo, fastidio, noia non deve trattenerci: queste sensazioni spiacevoli sono un piccolo prezzo da pagare per compiere un passo avanti verso una vita più piena. E poi, non sono sensazioni pericolose: segnalano soltanto la necessità di aggiustare la rotta, di affinare i tentativi di esplorazione per giungere finalmente a novità che ci appagano, divertono, soddisfano, entusiasmano». Se, invece, il problema è che preferiamo non immischiarci negli affari altrui perché lo consideriamo riprovevole, dobbiamo fare uno sforzo cognitivo per capire meglio la curiosità sociale.
COME DISTINGUERLA DALL’INVADENZA
Come spiegano Freda-Marie Hartung e Britta Renner del Dipartimento di psicologia dell’università tedesca di Costanza, «la curiosità non può essere negativa in sé, perché svolge funzioni importantissime quali favorire il senso di appartenenza e la formazione delle relazioni, rendendo queste ultime un po’ più prevedibili e controllabili». Ovviamente, diventa negativa quando degenera in invadenza o scade nel pettegolezzo. In particolare, l’invadenza si verifica quando non ci preoccupiamo di entrare in empatia con la persona, ma ci sentiamo autorizzati ad agire come bulldozer: la provochiamo con allusioni e le poniamo domande indiscrete per il puro gusto di sapere qualcosa di lei (e, magari, di vederla in difficoltà). Il pettegolezzo, invece, scatta quando condividiamo con altri le nostre scoperte all’insaputa dell’interessanto e/o ci divertiamo alle sue spalle. Si tratta di due derive facilmente evitabili, dicono le studiose tedesche: basta rispettare il prossimo e le informazioni che ne ricaviamo. Pensando a come vorremmo essere trattati noi stessi.
DA ADULTI LA CURIOSITÀ È UN ANTIDOTO ALLA NOIA E ALLA ROUTINE, FONDAMENTALE PER MANTENERSI SEMPRE ATTIVI E APERTI.
LA DERIVA DEL PETTEGOLEZZO SI EVITA METTENDOSI NEI PANNI DELLA PERSONA VITTIMA DEL NOSTRO GOSSIP E PENSANDO A COME VORREMMO ESSERE TRATTATI NOI.