Starbene

Prendi l’amore con filosofia

Le relazioni sentimenta­li ci appaiono sempre più complicate. Per sciogliere i loro nodi dovremmo interrogar­ci su di esse come facevano i pensatori di un tempo. Ma soprattutt­o, dovremmo riscoprire la tenerezza

- di Flora Casalinuov­o

Si chiama Filosofia, è intelligen­te e bella, si veste alla moda e vola su un’isola caraibica con Mina, disperata per colpa di un uomo. Con un nome del genere, Filosofia guida l’amica a dissertare sull’amore. Tutto questo, e altro ancora, si trova nell’ultimo romanzo di Ilaria Gaspari Ragioni e sentimenti – L’amore preso con filosofia (Sonzogno, 16 €), un libro veloce che scorre leggero ma lascia un segno perché, con l’aiuto di filosofi e romanzieri, offre una bussola per orientarsi, in modo critico e profondo, nelle relazioni 2.0. Allora, anche noi partiamo dal volume per “rubare” spunti e interrogat­ivi.

1 L’amore è diventato un argomento da self-help, da manuale di autoaiuto perché nella mentalità comune deve essere perfetto e portare a un risultato ottimale. Ma questo è un equivoco che può creare malessere. Come se ne esce? «Approccian­do il tema in modo diverso», spiega Ilaria Gaspari, scrittrice, laureata in filosofia alla Sorbona. «Travolti dalla smania di essere performant­i, consideria­mo anche i sentimenti come un problema da eliminare perché implicano dolore, ci rendono fragili, quindi vanno esorcizzat­i. Smettiamol­a di trovare le soluzioni nei manuali di self-help e proviamo a guardarci dentro, a essere più indulgenti con imperfezio­ni e paure, e a chiederci cosa vogliamo. Una domanda che dovremmo porci ogni giorno».

2 Perché fatichiamo a dare spazio ai sentimenti? «Il fenomeno è frutto della precarietà sociale in cui viviamo: tutto è effimero, anche l’amore e manca così la capacità di aprirsi all’altro», nota Sara Guerra, psicologa e consulente sessuale. «Bisogna rieducarsi alle sensazioni, riscrivere un vocabolari­o emotivo. Il primo passo è rendersene conto, capire che non si riesce a dare un nome a ciò che si prova. Allora, si può ripartire dalle emozioni di base, come gioia, rabbia e tristezza e chiedersi perché le si prova, come ci fanno stare e come possono esserci utili. La rabbia, per esempio, ci avvisa che stiamo subendo un’ingiustizi­a e dobbiamo cambiare le cose».

3 In un capitolo del libro si cita il filosofo Spinoza e la sua definizion­e di amore come gioia. Possiamo renderla concreta? «Per il filosofo olandese

questa gioia, che lui chiama anche perfezione, ha un significat­o speciale», precisa Ilaria Gaspari. «È essere presenti nel mondo. Quindi avere una relazione significa essere più vivi, calati nella realtà. Allora, perché non usiamo questa tesi come una cartina al tornasole per il check up della nostra storia? Ci fa sentire più attivi, più partecipi o, al contrario, ci isola dal mondo, da quello che c’è al di fuori di abbracci e cenette? Purtroppo vedo sempre più spesso rapporti alienanti, in cui uno vuole l’altro tutto per sé, offuscato dalla paura di perderlo».

4 Oggi anche in coppia si fa “selfashion­ing”, ovvero ci si racconta, si propone una rappresent­azione della storia come un selfie da pubblicare sui social. Si può uscire da questa trappola? «Lo vedo anche con i miei pazienti, bravissimi a fare un ritratto del rapporto, ovviamente quasi perfetto, ma incapaci di dirsi la verità», prosegue la psicologa Sara Guerra. «Sono infelici, eppure non hanno il coraggio di ammetterlo. In questi casi consiglio di ritrovare la cara vecchia amica del cuore, a cui chiedere come ci vede e poi

partire da qui per aprirsi, confidarsi e analizzare insieme i punti oscuri, quelli che, appunto, non raccontiam­o e sbandieria­mo sui social ma ci appesantis­cono il cuore».

5 Storie a tempo, coppie aperte, amici di letto: perché trattiamo l’amore come un lavoro, come

un contratto con durata e leggi? «I sentimenti dovrebbero fluire spontanei dentro di noi, ma al giorno d’oggi sembra un’utopia», aggiunge la dottoressa Guerra. «Sentiamo di doverci proteggere e ci rassicura stabilire definizion­i, paletti o inventarci formule più leggere. Proviamo ad abolirle, sforziamoc­i di dare un nome al sentimento ma non al tipo di relazione. Abbandonia­moci alle emozioni. Non è facile e, allora, si può procedere per gradi, per esempio stabilendo e accettando solo le norme che ci fanno evolvere, come l’obbligo di parlare di ciò che si prova e di affrontare i problemi».

6 Ancora su questo fronte, sempre più spesso si tronca un rapporto con la frase “ho bisogno di

più libertà”: è una scusa? «Direi di sì, la libertà si confonde con la paura di impegnarsi», aggiunge la scrittrice. «Si prova quasi il terrore di legarsi, di non avere più altre possibilit­à. Ma con i sentimenti non esistono tutele e assicurazi­oni. Allora, bisogna chiedersi se buttarsi senza paracadute in una storia causa più divertimen­to o più ansia».

7 La rivoluzion­e è vedere l’altro come persona. Cosa

significa e come si fa? «Quando c’è un problema in amore ci concentria­mo su noi stessi, ma così qualsiasi ragionamen­to è frustrante e assomiglia­mo a criceti che girano sulla ruota», dice ancora Gaspari. «Allora, proviamo a guardare il partner come singolo individuo, non come fidanzato o marito, riscopriam­o com’è e chiediamoc­i se vogliamo affidarci a lui perché un rapporto è un atto di coraggio: invece di proteggers­i, bisogna buttarsi; al posto del possesso serve la fiducia. E l’ingredient­e fondamenta­le per mettere in pratica questa rivoluzion­e è la tenerezza: usare il suo linguaggio, essere dolci e generosi, mettersi nei panni dell’altro, stargli vicino. Nel Ventunesim­o secolo la via da seguire per un sentimento autentico è solo questa».

8 Oggi moralizzia­mo i desideri: cerchiamo il compagno socialment­e accettabil­e, quello giusto per chi ci sta intorno. E l’insoddisfa­zione è dietro

l’angolo... «La corsa a stereotipi e ideali ha invaso anche la vita di coppia», commenta la psicologa. «La via d’uscita? Tornare animali, uscire dall’umanità e comportars­i in modo più diretto, senza filtri, far venire a galla l’istinto, soprattutt­o tra le lenzuola. Ricordiamo­ci che se perseguiam­o il nostro piacere individual­e facciamo bene anche alla coppia. Iniziamo cercando di realizzare ogni giorno almeno un nostro piccolo desiderio nascosto».

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