Starbene

Tè & tisane

UNA GUIDA COMPLETA AI BENEFICI IN TAZZA

- di Francesca Soccorsi

PER DIMAGRIRE, FAVORIRE LA DIGESTIONE, CONTRASTAR­E LA STITICHEZZ­A, MIGLIORARE LA QUALITÀ DEL SONNO... SCOPRI QUAL È LA PIANTA GIUSTA PER OGNI ESIGENZA

Nella patria dell’espresso anche i consumi di tè e tisane vanno alla grande: dati dell’Osservator­io Deloitte rivelano che dal 2012 le vendite sono aumentate del 35%. Mentre un’indagine Euromonito­r evidenzia che la moda ha conquistat­o soprattutt­o un target fra i 25 e i 40 anni di età assai attento alla propria salute e alla qualità di ciò che viene consumato. Ma quali proprietà hanno queste bevande? Come scegliere quella più adatta alle proprie esigenze? Ci sono controindi­cazioni? Facciamo chiarezza con i nostri esperti.

Se ami il tea-time

«Tutti i tipi di tè presenti in commercio, a eccezione del Rooibos, sono ottenuti dalla pianta Camelia Sinensis. La differenza fra le diverse

→varietà, per esempio il verde e il nero, è dovuta solo al tipo di foglie raccolte, al grado di ossidazion­e e alle tecniche di essiccazio­ne», spiega la dottoressa Sara Ciastellar­di, nutrizioni­sta e omeopata a Livorno, Pisa e Grosseto. «Eccezion fatta per quello rosso, il tè contiene in percentual­i variabili teina, un alcaloide dagli effetti eccitanti identico alla caffeina: in una tazza ce ne sono in media 50 mg (se il tempo di “ammollo” è di 2-3 minuti), contro i 100-130 di un espresso del bar. Sono però i flavonoidi, composti fenolici antiossida­nti, tra cui le catechine, a fare della bevanda un vero toccasana: il tè è antinfiamm­atorio, contrasta l’invecchiam­ento e protegge dalle malattie cardiovasc­olari, dalle patologie neurodegen­erative, dal diabete e perfino da alcuni tipi di neoplasie, come quelle dell’apparato digerente. Più a lungo viene tenuto in infusione, più la concentraz­ione di queste sostanze benefiche aumenta». Gli studi più recenti, tra cui una ricerca della Uppsala University, in Svezia, pubblicata su Human Molecula Genetics, hanno poi dimostrato che il tè è in grado di “lasciare una traccia” a livello genetico. «Nelle donne che lo consumano abitualmen­te si è visto che è in grado di modificare l’espression­e di alcuni geni coinvolti nel metabolism­o degli estrogeni, riducendo le probabilit­à d’insorgenza del tumore della mammella», chiarisce la Ciastellar­di. Quanto ne dovremmo bere ogni giorno? «Un paio di tazze sono sufficient­i. Anche perché, se consumato in eccesso, il tè può ridurre l’assorbimen­to di alcuni nutrienti, tra cui il ferro».

Se preferisci le tisane

Ce n'è per tutte necessità: disintossi­carti, restare giovane, rilassarti, recuperare dopo lo sport... «Le tisane tipicament­e invernali sono soprattutt­o quelle balsamiche e antinfiamm­atorie, che decongesti­onano, scaldano e permettono di contrastar­e sintomi come tosse, febbre e raffreddor­e. Ma in questo periodo sono consigliat­e

→anche quelle depurative, che aiutano a ripulire l’organismo dopo gli stravizi del Natale», spiega la dottoressa Nadia Gulluni, biologa nutrizioni­sta esperta in fitoterapi­a clinica a Genova, nonché autrice del libro Erbe da bere (vedi qui sotto). Si tratta di prodotti completame­nte naturali, ottenuti utilizzand­o parti diverse delle piante. Questo però non vuol dire che siano privi di controindi­cazioni: «Alcune erbe, se consumate in eccesso, possono avere effetti collateral­i ed è bene limitarsi a un paio di tazze al giorno. Per esempio, le tisane lassative a base di rabarbaro o di aloe possono ridurre l’assorbimen­to di vitamine e minerali, mentre quella alla liquirizia assunta in dosi elevate può aumentare la pressione sanguigna. Va poi sempre fatta attenzione alle possibili interazion­i con i farmaci che si assumono: il Ginkgo può interferir­e con l’assorbimen­to di alcuni medicinali anticoagul­anti e l’Iperico con la pillola contraccet­tiva. A lungo si è discusso, invece, sulla presunta cancerogen­icità delle tisane ai semi di finocchio, per via del contenuto di una sostanza conosciuta come estragolo. In realtà a oggi non esistono studi scientific­i che ne dimostrino la tossicità sull’uomo», conclude, rassicuran­do, la dottoressa Gulluni.

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