In palestra con il Parkinson
Chi soffre di questa malattia può praticare attività molto impegnative, come l’arrampicata. Con benefici fisici e psicologici straordinari
SCALARE UNA PARETE FA AUMENTARE LA SICUREZZA DI SÉ E INSEGNA A DIVENTARE PIÙ INDIPENDENTI NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI.
L’ultimo studio sui benefici dello sport per i malati di Parkinson, sviluppato dall’università del Colorado e dalla Northwestern University, certifica che tre sessioni di intenso allenamento aerobico a settimana aiutano a contrastare la progressione della malattia nei pazienti in stadio iniziale, arrivando ad un calo dei sintomi del 15% circa. Ma questo è solo uno dei tanti studi dedicati ai benefici del movimento per chi soffre di questa patologia. «Perché lo sport adattato, cioè organizzato sulle esigenze del paziente, offre risultati strordinari», commenta Luca Campana, neurologo a Milano. L’ULTIMA NOVITÀ: IL CLIMBING
La proposta più nuova è l’arrampicata e arriva dell’associazione milanese Moov-it (moov-it. it). Ha,soprattutto a livello psicologico, degli effetti travolgenti. Perché il climbing è uno sport complesso a livello motorio, che esige capacità non banali. «Per molti dei nostri pazienti l’idea di arrampicare era assolutamente inconcepibile», spiega Laura Lamera, psicologa e psicoterapeuta a Milano, consulente scientifica di Moov-it. «Chi è salito in parete ha reagito con stupore, entusiasmo. Quindi, metabolizzata l’esperienza, ha iniziato a pensare: “Se riesco ad arrampicare posso uscire e affrontare gli spostamenti di ogni giorno”», spiega la psicologa. «Così i pazienti iniziano a svolgere attività a cui avevano rinunciato per paura. Ed è un primo, enorme, risultato». Ma i risvolti positivi di quest’esperienza sono più ampi. «Migliora la rappresentazione di sé, fa capire che il Parkinson può non essere un limite», aggiunge Laura Lamera. Inoltre si scopre di poter essere felici. «Abbiamo visto persone travolte dalla gioia dopo l’esperienza del climbing: questo spinge i malati a fare delle scelte per poter essere protagonisti della loro gratificazione emotiva, godendo dell’occasione per migliorarsi», aggiunge. Infine c’è un aspetto positivo diretto anche per i caregiver. «Sin dai primi appigli i malati capiscono che in parete nessuno può aiutarli, sono loro che devono arrampicare. Questo li rende più indipendenti anche nelle attività di tutti i giorni», conclude Laura Lamera. Ovviamente ci sono anche dei benefici neurologici. «Il climbing necessita di schemi motori particolari, specifici: la ricerca dell’appiglio e dell’appoggio, lo spostamento del peso, il sollevarsi verso la presa successiva», spiega il neurologo Luca Campana. «Nella malattia di Parkinson c’è un deficit dei movimenti automatici e arrampicando il problema si aggira, utilizzando dei circuiti neurologici alternativi rispetto a quelli danneggiati dalla malattia. Non esistono ancora studi scientifici a riguardo, ma l’allenamento in parete, con movimenti precisi, ragionati, di tutti gli arti, induce la dopamina a percorrere strade diverse. Inoltre offre l’occasione di uscire da abitudini motorie consolidate, aiutando a sviluppare un modo alternativo di muoversi», aggiunge l’esperto. «Non riduciamo, però, la malattia a una mera questione di neurotrasmettitori. Anche la socialità, uscire di casa per allenarsi, aiuta a star meglio, perché mente e corpo sono
un tutt’uno dal punto di vista neurobiologico», conclude Campana.
TUTTO IL BELLO DELLA DANZA
Esistono molte altre attività sportive adattate per chi soffre di Parkinson. La danza, ad esempio, propone dei continui cambi di peso da un piede all’altro, che aiutano le coordinazione della camminata. Si utilizzano soprattutto il tango, che obbliga ad eseguire passi molto precisi, raffinati, ma anche i balli latinoamericani, più divertenti. «L’istruttore si pone davanti al gruppo, quindi induce a copiare i movimenti», spiega Amedeo Bresciani, trainer di salsa cubana e bachata da Moov-it. «Lavoriamo intensamente sulle problematiche della marcia, lo svincolo del piede, la dimensione del movimento, seguendo il ritmo. La musica è capace di coinvolgere totalmente, tanto che riesce a “distrarre” dalla malattia: ci sono persone che arrivano a lezione con il deambulatore e poi riescono a fare delle giravolte, dei passi coordinati anche complessi», spiega l’esperto.
C’È ANCHE IL PILATES IN VERSIONE ADATTATA Anche se meno coinvolgente della danza, il Pilates può offrire grandi risultati a chi soffre di Parkinson. «Si seguono i principi base del metodo di Josef Pilates sull’allineamento e la respirazione e si adattano gli esercizi, in modo da renderli praticabili da tutti i pazienti», spiega Viviana Ghizzardi, istruttrice di Pilates for Parkinson’s (info su incorporesano.it). «Lavoriamo con palline, bande elastiche, funi per sviluppare lavori di manualità fine, correggere la postura e rinforzare il core, la muscolatura che circonda il bacino: così miglioriamo l’equilibrio e i pazienti sono più stabili e rischiano meno in caso di sbilanciamento».
I “MIRACOLI” DELLA TAVOLETTA
Tra le novità più interessanti c’è anche una tavoletta propriocettiva specifica per chi, avendo il Parkinson, vuole allenare l’equilibrio. «È la Neutral Balance (neutralbalancepro.com): può essere regolata per avere un solo asse di oscillazione, dondolando da avanti a dietro, e si utilizza con l’appoggio di un singolo piede», spiega Edoardo Gustini, fisioterapista e specialista in patologia clinica a Trieste. «Così il paziente può allenarsi, seguito personalmente da uno specialista, finalizzando il training alla tonificazione, al miglioramento della postura, ma soprattutto a rendere più agili gli spostamenti di peso sui piedi, fondamentali per una camminata il più possibile fluida».