Starbene

Problemi di squadra

Tuo figlio viene spesso messo nell’angolo? Ecco come aiutarlo a superare il momento di difficoltà

- di Claudio Gervasoni

Non lo convocano. Lo lasciano in panchina. Non gli passano la palla. Se hai figli, o figlie, preadolesc­enti, che praticano uno sport di squadra, probabilme­nte avranno sperimenta­to una di queste esclusioni. E tu ti sarai chiesta che cosa dire loro per aiutarli a superare il momento difficile. Per saperlo, abbiamo chiesto la consulenza della dottoressa Annalisa Gatto, psicologa e psicoterap­euta dell’età evolutiva all’ospedale Santi Paolo e Carlo di Milano, che avverte: «Decidere subito di cambiare squadra o dare la colpa all’allenatore o ai compagni, pensando di proteggere così i propri figli, è un errore perché non li aiuta a crescere e superare le fragilità della loro età». Analizziam­o allora le tre “esclusioni” più classiche e le soluzioni più efficaci.

NON LO CHIAMANO PER LA PARTITA

Si allena regolarmen­te, ma l’allenatore non lo convoca mai. «In questo caso il figlio (o la figlia) va invitato a riflettere sul perché questo avviene. Le risposte possono essere le più diverse (“non mi impegno abbastanza”, “sono in una squadra nuova e non mi conoscono”, “non sono abbastanza bravo”) e gli per-

metteranno di analizzare la situazione da varie prospettiv­e», suggerisce l’esperta. «L’importante è non alimentare giustifica­zioni come “l’allenatore non capisce niente”. Bisogna invece aiutare il ragazzo/la ragazza a trovare la giusta dimensione sportiva... magari anche ripartendo da una squadra meno competitiv­a».

RIMANE SEMPRE IN PANCHINA

Si presenta alla partita, indossa la divisa ma poi rimane a guardare gli altri giocare. «Probabilme­nte non è ancora abbastanza bravo/brava. Dire “mi dispiace” serve solo ad aumentare la frustrazio­ne, mentre è utile sottolinea­re la parte positiva, cioè che c’è la possibilit­à di migliorare», afferma la dottoressa Gatto. «Bisogna far sentire la propria fiducia e spronarlo all’impegno, sottolinea­ndo come in una squadra ci può essere posto anche per i “gregari”».

NON GLI PASSANO MAI LA PALLA

Qui non c’è l’adulto (ovvero l’allenatore) che decide, ma è una dinamica che si sviluppa tra coetanei. «E che innesca quei timori di esclusione dal gruppo tipici dell’adolescenz­a», aggiunge la psicologa. «Anche in questo

caso dobbiamo aiutarlo a fotografar­e la situazione: può essere che sia una situazione legata alla sua bravura, ma magari anche a una non completa conoscenza con i propri compagni. O magari al fatto che è lui il primo a non passare la palla quando l’ha tra le mani o tra i piedi...».

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