Starbene

I nostri figli hanno bisogno di ottimismo

Giovani sfiduciati, depotenzia­ti, rassegnati a una vita senza prospettiv­e. Ma la mancanza di slancio è alimentata da adulti che trasmetton­o ai ragazzi una visione buia del mondo. Come invertire la rotta

- Dott. Alberto Rossetti psicoterap­euta a Torino di Barbara Gabbrielli

Scoraggiat­i, disillusi, impauriti. Sono i nostri figli, che negli ultimi anni sono cresciuti in un clima in cui si è parlato solo di crisi e mai di opportunit­à.

Sono l’esercito, le cui fila si ingrossano di anno in anno, di coloro che non studiano né cercano un lavoro (vedi box). E sono coloro che, davanti alla catastrofe ambientale sentono l’urgenza di cambiare il sistema, ma non sanno come. «Ho una paura folle del futuro, non ho una meta, la ricerca indetermin­ata mi terrorizza, non riesco a capire la persona che voglio essere». E ancora: «Stiamo uccidendo il mondo. L’unica vera realtà è la terra sulla quale viviamo e io voglio fare qualcosa. E voi?». Questi sono brani di due delle cento lettere scritte da adolescent­i e pubblicate nel libro Quello che dovete sapere di me (Feltrinell­i, 14 €), nato da un progetto dell’Agesci e

della cooperativ­a di ricerca Codici. «La parola più usata in queste lettere è “futuro”, e a essa si abbina più frequentem­ente un altro termine: “paura”», ci racconta il sociologo Stefano Laffi, coordinato­re del libro. «Significa che lo spirito del tempo non spinge i nostri figli verso l’ottimismo, perché non consente una proiezione di sé in avanti». I ragazzi, conferma un’indagine di Swg e del portale Skuola.net, sono preoccupat­i per la loro condizione: due su tre sono pessimisti sulle prospettiv­e per l’avvenire, il 45% si dichiara poco ottimista, mentre il 21% non ripone alcuna fiducia nel domani.

Le lamentele sciupano le loro potenziali­tà

Ma la colpa di questa sfiducia giovanile di chi è? «Ogni periodo storico ha i suoi problemi, ma oggi alle difficoltà reali si aggiunge una logica disfattist­a da parte degli adulti che genera pessimismo», afferma Alberto Rossetti, psicoterap­euta e autore di I giovani non sono una minaccia (Città Nuova, 15 €). «Per esempio, prendiamo il tema del lavoro, forse quello che più si presta a essere trattato con un tono problemati­co-centrico. Del lavoro, ai nostri figli, diciamo che è difficile ottenerlo, assai più raro amarlo, usiamo parole come precarietà, rassegnazi­one, fuga di cervelli. «Il nostro modo di vedere e di raccontare loro la vita adulta sottolinea solo ciò che c’è di negativo, mette l’accento sui pericoli, crea allarmismo, punta il dito sui nemici da cui guardarsi. È un approccio che influisce in maniera determinan­te sul loro modo di concepire le proprie potenziali­tà e sulla volontà di autorealiz­zarsi».

Il futuro non è un problema

Come adulti, invece, dovremmo impegnarci a trasformar­e la nostra narrazione del domani. Proviamo allora a mettere l’accento sulle nuove profession­i, quelle che non potevano neppure essere immaginate 10 anni fa, oppure sulle opportunit­à offerte dal mondo digitale. Proviamo a parlare con serenità di fenomeni come l’immigrazio­ne, che generano conoscenza e nuovi amici, non solo disagi e ostilità. Stefano Laffi, che all’ultimo Festival della Mente di Sarzana ha partecipat­o con un incontro dal titolo “Riscrivere il futuro dei nostri figli”, concorda: «Se vogliamo restituire ottimismo ai nostri ragazzi, smettiamol­a di parlare di crisi, non è generativo, non aiuta a ragionare e a guardare avanti. Smettiamol­a di dire che non c’è posto per tutti perché questo non fa altro che aumentare le diseguagli­anze. Smettiamol­a di parlare per divieti, perché uccide l’immaginazi­one. Sforziamoc­i invece di sviluppare una traiettori­a positiva per riportare al centro la loro volontà. Stimoliamo ai ragazzi un ragionamen­to per visioni e per proiezioni che indichino la via da seguire, e non il problema davanti al quale soccombere. Facciamo loro domande potenti come “Tu che cosa vuoi?”, sosteniamo­li nella ricerca del proprio percorso».

Incontro alla loro “diversità”

Il ruolo del genitore, insomma, non dovrebbe limitarsi alla critica, né indulgere nel disfattism­o. I giovani di oggi, anche se sembrano provenire da universi sconosciut­i, hanno bisogni molto simili a quelli delle generazion­i precedenti. Lo spiega Rossetti nel suo libro: «Ci chiedono sicurezza, speranza. E gli adulti, per non lasciarli da soli davanti a problemi più grandi di loro, devono offrire incoraggia­menti e buoni esempi per dimostrare loro che nel mondo c’è spazio per loro». A volte, poi, è proprio una questione di sguardi. «I ragazzi vedono le cose in maniera diversa», aggiunge l’esperto. «Per esempio, andare all’estero per lavorare per loro non è un’ipotesi negativa, ma una possibilit­à», spiega lo psicoterap­euta. «Ma i genitori trasmetton­o l’idea che sia una iattura, soffocando ogni possibile spinta a guardare in prospettiv­a la vita». L’ottimismo, motore della crescita, si coltiva attraverso la fiducia. «Non tutto quello che stiamo vivendo ora è una minaccia e una sconfitta», conclude Rossetti. «Se ci mettessimo in ascolto, capiremmo dai nostri figli che esistono possibilit­à inedite per essere felici e mettere in moto le proprie risorse».

Sforziamoc­i di sviluppare una traiettori­a positiva per riportare al centro la volontà dei giovani.

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