Editoriale
«Cè Ognuno è perfetto in televisione, ce lo vediamo? È bellissimo». E cos’è? chiedo a mio figlio, che ha lanciato l’idea. «La storia di alcuni ragazzi Down, che vanno di nascosto in Albania per trovare la fidanzata di uno di loro, che è dovuta scappare dall’Italia». Ok, vediamolo, faccio io. È così che, anche a casa mia, è entrata la fiction di Rai Uno che ha portato sul piccolo schermo un gruppo di bravissimi giovani attori con sindrome di Down, chiamati a interpretare una storia tenera ed emozionante, nata con l’obiettivo di raccontare in modo schietto e senza fronzoli la diversità. Peccato sia già finita. Piccolo retroscena: il titolo iniziale della serie era Nessuno è perfetto, poi è stato cambiato in Ognuno è perfetto. Mi sembra una scelta centrata, perché partire dall’idea che tutti noi andiamo bene così come siamo (difetti compresi) aiuta ad affrontare meglio la vita. Anche su questo numero di Starbene parliamo di persone diversamente abili. Lo facciamo raccontandovi a pagina 44 la storia di Mattia Abbate, trentenne milanese con una patologia muscolare congenita che lo costringe a usare una carozzina elettrica. Mattia, attraverso una rubrica sul quotidiano La Repubblica, porta avanti la sua battaglia contro le barriere. Architettoniche e non solo. Spesso sono infatti i pregiudizi il principale ostacolo contro cui devono scontrarsi i disabili. «Basterebbe poco per avere un mondo più friendly», dice Mattia. Non possiamo che essere d’accordo con lui e promettergli che ci impegneremo sempre per contribuire anche noi ad abbattere ogni tipo di pregiudizio.