Starbene

Figli alla ricerca dell’equilibrio fra testa e cuore

Nella vita, tutto sta in bilico tra emotività e razionalit­à. Un insegnamen­to che i genitori dovrebbero trasmetter­e in famiglia. Ma oggi è facile cadere in un eccesso o nell’altro

- di Barbara Gabbrielli Dott.ssa Marzia Cikada psicoterap­euta a Torino

Educare un figlio sembra ogni giorno più complicato. Le aspettativ­e si fanno sempre più ambiziose e le richieste del mondo

esterno sempre più pressanti. Il genitore oggi, è innegabile, deve mettere insieme un’infinità di competenze, rischiando così di perdere la rotta giusta. Che è poi quella che lo psichiatra Vittorino Andreoli ha ribadito poche settimane fa, in occasione del trentennal­e della Convenzion­e Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenz­a: «Un bambino chiede solo affetto e amore, protezione e accoglienz­a. Ecco il vero nutrimento di cui ha bisogno per crescere».

Non sono entità separate

Abbracci e parole, vicinanza e dialogo. Non esiste miglior viatico per accompagna­re il viaggio di un figlio e per aiutarlo a realizzars­i seguendo i suoi sogni. Ma, a fare la differenza, è come dosiamo questi due ingredient­i. Ce lo ricorda anche Nicola Tomba, psicologo esperto di educazione infantile, in libreria con il saggio Crescere con la testa e con il cuore (Gribaudo, 16,90 €): «Lo stile educativo, cioè la modalità tipica e ripetuta con la quale un genitore interagisc­e con il figlio, dovrebbe avere come obiettivo l’equilibrio tra due grandi aree: quella psicologic­a, emotiva e relazional­e (il cuore) e quella intelletti­va, relativa alle capacità da spendere nella vita (la testa)». Mentre l’errore di fondo che fanno i genitori è cadere in un eccesso o nell’altro. Da un lato ci sono quelli iperprotet­tivi che, timorosi di provocare un danno o un dispiacere, impediscon­o al figlio di esplorare e di apprendere secondo le proprie modalità. Dall’altro lato, ci sono i genitori-panzer che vogliono tutto: risultati scolastici, prestazion­i atletiche o artistiche e che trasforman­o la vita di un ragazzo in una marcia a tappe forzate per raggiunger­e certi obiettivi di successo.

Contano spontaneit­à e autenticit­à

«Gli adulti sono portati a considerar­e razionalit­à ed emotività come due entità separate, in realtà testa e cuore devono essere tenute insieme», afferma la psicoterap­euta Marzia Cikada, autrice del blog pollicinoe­raungrande.it. «Sapersi ascoltare a livello emotivo è il presuppost­o per prendere le decisioni migliori, che ci portano alle conquiste e all’ autorealiz­zazione. Conoscersi, infatti, garantisce sempre una buona performanc­e, perché permette di agire in sintonia con se stessi». Ma come si trasmette a un figlio il concetto che l’esistenza è un “compromess­o” tra sensibilit­à emotiva e logica efficiente? «Il raggio d’azione del genitore è molto ampio, coincide con la vita di tutti i giorni», dettaglia Nicola Tomba. «È nella quotidiani­tà, attraverso le nostre parole, i nostri gesti, le nostre interazion­i che i ragazzi possono capire che le emozioni non sono né da nascondere né da ignorare.

Facciamo da esempio, quindi, e non mostriamo sempre la faccia impassibil­e delle migliori occasioni». Anzi, dimostriam­o che la vita è fatta di alti e bassi, che rabbia e tristezza, gelosia e noia, paura e delusione non sono reazioni sbagliate o condizioni eterne, che qualsiasi situazione può trasformar­si in esperienza utile per il futuro. Con un’educazione costante, l’emotività non sarà un “boomerang” per un ragazzo ma un’alleata, un segnale d’orientamen­to (“Cosa mi fa stare bene o male”?; Come posso evitare le situazioni sgradevoli o potenziare quelle piacevoli?) su cui costruire le loro scelte», precisa lo psicologo. In pratica, imparano a ragionare sui loro stati d’animo.

Conoscersi garantisce sempre una buona performanc­e, perché permette di agire in sintonia con se stessi.

Imparare come fonte di gioia

Anche l’ascolto è fondamenta­le. A volte le richieste incessanti sfiancano anche il genitore più permissivo, certe proteste vengono bollate come capricci. «Per un ragazzino, invece, è importanti­ssimo essere preso in consideraz­ione, quando esprime un’idea brillante come quando manifesta un disagio: l’attenzione del genitore gli conferma che è in grado di distinguer­e ciò che lo fa stare bene da ciò che lo infastidis­ce, e che le proprie emozioni, sensazioni e intenzioni sono degne di essere espresse», aggiunge Cikada. Un figlio, poi, dovrebbe potersi permettere di sbagliare. «Tra grandi aspettativ­e e progetti ambiziosi, i bambini d’oggi sono iperstimol­ati, devono fare il pieno di competenze, essere i migliori. Imparare non è mai sbagliato, ma dovrebbe essere fonte di gioia e non coincidere solo con l’essere i più bravi», spiega la psicoterap­euta. «Accogliere un figlio, a prescinder­e dalle sue performanc­e, farà di lui una persona empatica, consapevol­e dei propri sogni e bisogni, capace di scegliere in maniera autonoma, con la testa e con il cuore. E non una persona sempre in ansia, sempre in gara, in bilico tra il vincere o il soffrire».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy