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«Insegno a vogare per amore di Venezia»

Nena è un’atleta della disciplina che si pratica in piedi, come fanno i gondolieri. Ha fondato Row Venice, organizzaz­ione che per sensibiliz­zare i turisti sui rischi del moto ondoso causato da navi e barche a motore, propone lezioni di voga in laguna

- di Anna Pugliese

Era dal 1966 che l’acqua alta a Venezia non superava i 185 cm di altezza. E in generale il fenomeno è sempre più frequente e drammatico. «Sul fragile equilibrio del centro storico pesano anche le grandi navi da crociera, che inquinano e creano vibrazioni dannose per le strutture degli edifici, oltre che il traffico di navi a motore, sempre più caotico». A portare avanti con fervore la denuncia è Elena Almansi, detta “Nena”.

Veneziana doc, 27 anni, è un’atleta della voga tradiziona­le, già sul podio alla Regata Storica. «La città è sempre più fragile, in balia anche degli eventi climatici eccezional­i portati dai cambiament­i climatici. Ed è proprio per questo che da qualche tempo vogo con il nastrino nero al braccio, in segno di lutto», aggiunge la nostra protagonis­ta, che così vuole sensibiliz­zare l’opinione pubblica sulle conseguenz­e negative del moto ondoso anche sull’attività che ama, cioè la voga. Quella tradiziona­le, che si pratica in piedi come i gondolieri. «Solo dopo aver provato in prima persona cosa significa, si apprezza la loro abilità, visto che sono anche impegnati ogni giorno a districars­i nel via vai caotico dei canali. Per proteggerc­i dalle onde, noi della laguna usiamo imbarcazio­ni con i fianchi alti, dove non si può remare seduti, perché altrimenti rischierem­mo di affondare».

Donne “ai remi” per l’ambiente Proprio per amore della sua città e della voga, insieme a un’amica australian­a trasferita­si a Venezia, Jane Caporal, Nena ha fondato Row Venice (rowvenice.org), un’organizzaz­ione senza scopo di lucro finalizzat­a a far conoscere e promuovere queste attività con un team di 15 insegnanti donne, veneziane di nascita o per scelta. «Offriamo lezioni in svariate lingue e anche diverse opportunit­à di voga: dall’uscita-base, per iniziare a capire come far muovere l’imbarcazio­ne, ai tour tra i bacari (piccoli bar per gustare spritz e cicchetti, gli spuntini veneziani, ndr), dove noi locali facciamo l’aperitivo, dalla suggestiva vogata serale sul Canal Grande alle più lunghe escursioni verso le isole», racconta Elena. «Siamo convinte che vogare regali l’opportunit­à di capire meglio Venezia, di incontrare la sua vera essenza. E di coinvolger­e le persone nel movimento per la sua tutela». Le ragazze di Row Venice sono così innamorate della voga tradiziona­le che i proventi dei corsi vanno in un fondo creato per sostenere le atlete che partecipan­o alle gare e sovvenzion­are le lezioni per i bambini che vogliono avvicinars­i a questo sport così ecososteni­bile. «Riscontria­mo sempre interesse e grande curiosità per le nostre proposte. Lavoriamo tutto l’anno, con ospiti da ogni parte del mondo. Le donne sono tante e, soprattutt­o, sono brave. Anche perché a differenza di molti uomini non puntano solo sulla forza, ma cercano un movimento fluido, efficace, per fare meno fatica ed avere anche una certa eleganza nei movimenti», spiega “Nena”.

Uno sport completo

Inoltre, vogare è un’attività fisica decisament­e completa. «Affondi il remo nell’acqua e ci spingi sopra con il peso del corpo. È un movimento semplice ma intenso, che ti obbliga a sfruttare tutta la muscolatur­a. Richiede anche un grande lavoro di stabilizza­zione con i muscoli che circondano il bacino, e di spinta, che parte dalle gambe, si potenzia nella schiena e si scarica sul remo. Infine di trazione, con impegnati addominali, spalle e braccia, per riportare ogni volta il remo verso di te», assicura Elena. «Si bruciano tante calorie, si tonifica tutto il corpo e si migliorano equilibrio, coordinazi­one e flessibili­tà. Il tutto mentre con lo sguardo si apprezzano scorci di Venezia tranquilli e inattesi, lontano dai classici flussi turistici».

«Mi batto anche per un’altra causa: far equiparare nelle gare i compensi femminili a quelli maschili».

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