Starbene

«Accendo i riflettori sulle barriere»

Mattia Abbate è disabile e si batte per diffondere una maggiore informazio­ne sui problemi di chi ha difficoltà a muoversi

- Di Flora Casalinuov­o

Le barriere non sono solo architetto­niche. È questo il messaggio importante con cui mi accoglie Mattia Abbate. Trentun anni, milanese, sulla carrozzina per colpa della distrofia muscolare di Duchenne (una rara malattia genetica che causa la degenerazi­one dei muscoli), è l’autore di una rubrica dedicata al mondo di chi ha difficoltà a muoversi: si chiama Ci vuole abilità e non compare su qualche rivista di nicchia ma sulle pagine locali di La Repubblica. Lui, di sicuro, di abilità ne possiede tanta, insieme a un ottimismo zen e a un’ironia sottile. Lo capisco subito, quando ci presentiam­o e mi dice che «in fondo, usare la carrozzina è meglio di quanto pensassi. Fino a 10 anni la malattia mi ha permesso di camminare con le mie gambe, ma negli ultimi tempi non era affatto semplice: mi mancavano le forze, cadevo spesso. Sulla sedia a rotelle invece procedo spedito. Ci vuole pazienza ma posso fare tutto. O quasi». È proprio sul quasi che si giocano le sue giornate e la possibilit­à, per esempio, di frequentar­e la scuola o andare al cinema.

Le lamentele della gente fanno molto male

Sul fronte dell’istruzione le cose sono andate abbastanza bene, anche se all’inizio la strada è stata in salita. «Alle elementari ho dovuto cambiare tre istituti: non erano preparati, mi confinavan­o in un angolo e non mi davano nemmeno i voti. Alle medie però la situazione è migliorata, così come al liceo. Certo, avevo l’insegnante di sostegno per prendere appunti e alcuni pensavano che facesse lei i compiti al mio posto... Ma in generale il rapporto con professori e compagni era ottimo. Usavo un servizio di trasporto previsto dall’Atm (Azienda trasporti milanesi, ndr) e, una volta all’università, ne sfruttavo uno analogo proposto dall’ateneo. Ho frequentat­o la facoltà di Storia all’Università degli Studi di Milano dove tutte le aule, tranne una, sono accessibil­i. Purtroppo tanti amici, anche in altre città, mi dicono che

Secondo l’Istat, in Italia solo una scuola su tre è accessibil­e ai disabili.

spesso non è così: non sempre i disabili riescono a laurearsi, perché mancano montacaric­hi o rampe per la carrozzine e alla fine, stremati dalle difficoltà, abbandonan­o gli studi». Ed è proprio questo il tasto dolente: la mancanza di dispositiv­i o strutture ad hoc, soprattutt­o per i trasporti, che non sono friendly. Nel capoluogo lombardo, per esempio, diverse fermate della metropolit­ana non hanno ascensori o montascale, mentre sui mezzi di superficie le pedane elettriche non funzionano o sono inesistent­i. Non solo: «Anche quando ci sono e funzionano, è davvero brutto sentire le lamentele della gente arrabbiata perché, per farmi salire, il conducente perde tempo. Dopo un mio articolo, Atm mi ha chiesto di entrare in una commission­e per studiare la questione e progettare un piano d’intervento. Purtroppo non c’è sensibilit­à, mentre all’estero la mentalità è più accoglient­e».

Tutto è iniziato con una lettera di denuncia

In Italia, i disabili sembrano quasi trasparent­i. Non si pensa alle loro esigenze e desideri, come la voglia di vedere una partita o una mostra. «Tifo Inter e proprio per i problemi allo stadio San Siro ho scritto una lettera-denuncia a la Repubblica e loro mi hanno chiesto di collaborar­e. I posti riservati ai disabili sono pochissimi e al freddo, così d’inverno vedere una gara diventa un’impresa, mentre le tribune vip sono riscaldate e numerose», racconta Abbate. La situazione è più rosea per i musei: «A Milano sono tutti accessibil­i tranne la Pinacoteca di Brera. E anche nel resto d’Italia la situazione sta migliorand­o. Il cinema, invece, rimane uno scoglio: i sedili dedicati sono davanti allo schermo e devi stare con la carrozzina quasi tutta reclinata. Ma va ancora peggio a teatro o ai concerti, perché i posti sono contati e stretti».

La vera sfida: un mondo più friendly

Un altro grande freno sono i viaggi: i voli non si conciliano con la patologia di Mattia, che avrebbe bisogno di rimanere seduto sulla sua carrozzina che, invece, viene messa nella stiva. Così, per ora, le vacanze verso mete lontane restano un sogno. Ma lui non si perde d’animo e continua la sua battaglia, allargando anche gli obiettivi su cui concentrar­si. Perché le barriere mentali sono più ostiche di quelle architetto­niche. «Viviamo grandi difficoltà nel mondo del lavoro: a parità di curriculum, il disabile viene sempre scartato, o ci riservano i posti obbligator­i per legge ma veniamo confinati in mansioni ripetitive e di basso livello. Eppure potremmo essere un ottimo volano per l’economia, sia come impiegati sia come consumator­i. Credo che basterebbe poco per avere un mondo più friendly. La mia proposta? Stabilire per legge che quando si costruisce un palazzo, un negozio o un ufficio bisogna idearlo anche a nostra misura. Così potremmo andare ovunque e la gente ci vedrebbe sotto un’altra luce, come persone che possono fare qualunque cosa e anche divertirsi». Le idee non mancano, così come la grinta per realizzarl­e: «Adesso sogno di condurre un programma tv e ho già qualche idea in testa...».

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 ??  ?? In alto, Mattia Abbate, 31 anni, laureato in storia, collabora col quotidiano La Repubblica.
In alto, Mattia Abbate, 31 anni, laureato in storia, collabora col quotidiano La Repubblica.

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