Musica e pupazzi per dare voce alle emozioni
Al Policlinico San Matteo di Pavia è arrivata l’operetta. Reinterprentando fiabe e melodie giapponesi, il soprano Kaoru Sugiura aiuta i bambini malati di tumore ad affrontare le terapie
È martedì pomeriggio e, come da qualche mese a questa parte, melodie strumentali e cantate
si diffondono discrete per i corridoi del quarto piano della Clinica pediatrica oncoematologica del Policlinico San Matteo di Pavia, uno dei principali centri italiani per la diagnosi e la cura di bambini con malattie come leucemie, linfomi, anemie. Basta però tendere l’orecchio per accorgersi che non si tratta della “solita” musicoterapia: la voce adulta che fa da guida, infatti, è inequivocabilmente quella di un soprano lirico, mentre le musiche hanno un che di esotico. Il mistero è presto svelato e ha il nome di Kaoru Sugiura, un’affabile cantante e insegnante quarantottenne di Suzuka, Giappone, da anni a Pavia per amore e per lavoro.
Masicoterapia sì, ma speciale
«Lo scorso settembre sono stata contattata dal musicoterapista che, per conto dell’Associazione genitori e amici del bambino leucemico (vedi box), tiene incontri per i piccoli pazienti sottoposti a controlli in day hospital», racconta l’artista. «Erano alla ricerca di un’attività per i bambini ricoverati al quarto piano, un contesto particolarmente delicato, per il quale è necessario qualcosa di più “soft” rispetto alla musicoterapia tradizionale». Aggiunge Luca Carpino, psicologo psicoterapeuta dell’Associazione: «Ci serviva un’attività che rispettasse la frattura creata dalla malattia negli equilibri personali, familiari, sociali e che, allo stesso tempo, contribuisse a distrarre i bambini da una routine medicalizzata, spesso invasiva e dolorosa. Fortunatamente Kaoru si è prestata con gioia e ha pensato di proporre le sue operette: un format già sperimentato in alcune scuole di Pavia, che sta avendo successo anche al San Matteo».
Il fascino dell’insolito
«Seleziono fiabe adatte alla situazione e le trasformo in brevi opere liriche, inserendo testi creati appositamente per questo progetto su canti per bambini della tradizione giapponese», illustra la musicista. «Una volta in reparto, eseguo le operette dal vivo per e con i pazienti, aiutandomi con basi registrate e con una tastiera elettronica». A quanto pare, gli interventi di Kaoru incuriosiscono e catturano con facilità, perché si discostano molto da quello che i bambini sono abituati a sentire: «Innanzitutto la sua è una vocalità impostata, operistica, dunque i piccoli intuiscono che lei è speciale, un’artista», dice lo
psicologo. «E poi, le melodie orientali per l’infanzia sono particolari, non sempre gioiose e spensierate come quelle occidentali, ma proprio per questo funzionali a una narrazione realistica e appassionante».
Anche i bambini fanno sentire la loro voce
«Il mio scopo non è solo intrattenere, ma anche trasmettere messaggi e fare una sorta di educazione alle emozioni, includendo quelle sgradite come la paura e la tristezza», precisa Kaoru. «Cerco di coinvolgere il più possibile i bambini proponendo loro piccoli strumenti didattici come le campanelle intonate, così da trasformare il nostro incontro in un’esperienza sensoriale sia di ascolto, sia di gioco attraverso il tatto, il movimento e, ovviamente, la vista». Meritano un cenno anche i pupazzi che l’accompagnano in questa avventura, come spiega Luca Carpino: «Sono mezzi per dare voce alla storia dei piccoli pazienti. Facendoli muovere e prestando loro la voce, i bambini riescono a raccontarsi in modo protetto e a lasciare emergere le loro parti più profonde, meno razionali».
Una sfida gratificante
Come tutte le attività dell’associazione Agal, anche l’operetta si svolge in stretta collaborazione con il personale medico. Per esempio, ogni settimana prima di cominciare il suo tour, l’insegnante viene informata sulle condizioni dei bimbi: chi di loro riesce ad alzarsi dal letto e ne ha voglia, può seguirla nell’aula dedicata alla scuola in ospedale, gli altri possono accoglierla nelle loro stanze. «È un’esperienza ludico-creativa molto flessibile, e non potrebbe essere altrimenti, data l’area altamente traumatica in cui operiamo», spiega il dottor Carpino. Certo, Kaoru non è medico né musicoterapista, ma l’appuntamento fisso con lei è comunque benefico e parte integrante della cura, come testimonia un aneddoto che lei stessa ama raccontare: «Tempo fa uno dei bambini è venuto da me per farmi sentire come era diventato bravo a cantare, spiegando che voleva migliorare ulteriormente per mettere in scena la sua operetta. L’ho ascoltato commossa: si era impegnato tantissimo, cantava proprio bene. E, cosa più importante, si era mosso di sua iniziativa».
Un metodo soft che aiuta a gestire meglio i momenti difficili e le sofferenze legate alla malattia.