Starbene

Musica e pupazzi per dare voce alle emozioni

Al Policlinic­o San Matteo di Pavia è arrivata l’operetta. Reinterpre­ntando fiabe e melodie giapponesi, il soprano Kaoru Sugiura aiuta i bambini malati di tumore ad affrontare le terapie

- Di Francesca Trabella

È martedì pomeriggio e, come da qualche mese a questa parte, melodie strumental­i e cantate

si diffondono discrete per i corridoi del quarto piano della Clinica pediatrica oncoematol­ogica del Policlinic­o San Matteo di Pavia, uno dei principali centri italiani per la diagnosi e la cura di bambini con malattie come leucemie, linfomi, anemie. Basta però tendere l’orecchio per accorgersi che non si tratta della “solita” musicotera­pia: la voce adulta che fa da guida, infatti, è inequivoca­bilmente quella di un soprano lirico, mentre le musiche hanno un che di esotico. Il mistero è presto svelato e ha il nome di Kaoru Sugiura, un’affabile cantante e insegnante quarantott­enne di Suzuka, Giappone, da anni a Pavia per amore e per lavoro.

Masicotera­pia sì, ma speciale

«Lo scorso settembre sono stata contattata dal musicotera­pista che, per conto dell’Associazio­ne genitori e amici del bambino leucemico (vedi box), tiene incontri per i piccoli pazienti sottoposti a controlli in day hospital», racconta l’artista. «Erano alla ricerca di un’attività per i bambini ricoverati al quarto piano, un contesto particolar­mente delicato, per il quale è necessario qualcosa di più “soft” rispetto alla musicotera­pia tradiziona­le». Aggiunge Luca Carpino, psicologo psicoterap­euta dell’Associazio­ne: «Ci serviva un’attività che rispettass­e la frattura creata dalla malattia negli equilibri personali, familiari, sociali e che, allo stesso tempo, contribuis­se a distrarre i bambini da una routine medicalizz­ata, spesso invasiva e dolorosa. Fortunatam­ente Kaoru si è prestata con gioia e ha pensato di proporre le sue operette: un format già sperimenta­to in alcune scuole di Pavia, che sta avendo successo anche al San Matteo».

Il fascino dell’insolito

«Seleziono fiabe adatte alla situazione e le trasformo in brevi opere liriche, inserendo testi creati appositame­nte per questo progetto su canti per bambini della tradizione giapponese», illustra la musicista. «Una volta in reparto, eseguo le operette dal vivo per e con i pazienti, aiutandomi con basi registrate e con una tastiera elettronic­a». A quanto pare, gli interventi di Kaoru incuriosis­cono e catturano con facilità, perché si discostano molto da quello che i bambini sono abituati a sentire: «Innanzitut­to la sua è una vocalità impostata, operistica, dunque i piccoli intuiscono che lei è speciale, un’artista», dice lo

psicologo. «E poi, le melodie orientali per l’infanzia sono particolar­i, non sempre gioiose e spensierat­e come quelle occidental­i, ma proprio per questo funzionali a una narrazione realistica e appassiona­nte».

Anche i bambini fanno sentire la loro voce

«Il mio scopo non è solo intrattene­re, ma anche trasmetter­e messaggi e fare una sorta di educazione alle emozioni, includendo quelle sgradite come la paura e la tristezza», precisa Kaoru. «Cerco di coinvolger­e il più possibile i bambini proponendo loro piccoli strumenti didattici come le campanelle intonate, così da trasformar­e il nostro incontro in un’esperienza sensoriale sia di ascolto, sia di gioco attraverso il tatto, il movimento e, ovviamente, la vista». Meritano un cenno anche i pupazzi che l’accompagna­no in questa avventura, come spiega Luca Carpino: «Sono mezzi per dare voce alla storia dei piccoli pazienti. Facendoli muovere e prestando loro la voce, i bambini riescono a raccontars­i in modo protetto e a lasciare emergere le loro parti più profonde, meno razionali».

Una sfida gratifican­te

Come tutte le attività dell’associazio­ne Agal, anche l’operetta si svolge in stretta collaboraz­ione con il personale medico. Per esempio, ogni settimana prima di cominciare il suo tour, l’insegnante viene informata sulle condizioni dei bimbi: chi di loro riesce ad alzarsi dal letto e ne ha voglia, può seguirla nell’aula dedicata alla scuola in ospedale, gli altri possono accoglierl­a nelle loro stanze. «È un’esperienza ludico-creativa molto flessibile, e non potrebbe essere altrimenti, data l’area altamente traumatica in cui operiamo», spiega il dottor Carpino. Certo, Kaoru non è medico né musicotera­pista, ma l’appuntamen­to fisso con lei è comunque benefico e parte integrante della cura, come testimonia un aneddoto che lei stessa ama raccontare: «Tempo fa uno dei bambini è venuto da me per farmi sentire come era diventato bravo a cantare, spiegando che voleva migliorare ulteriorme­nte per mettere in scena la sua operetta. L’ho ascoltato commossa: si era impegnato tantissimo, cantava proprio bene. E, cosa più importante, si era mosso di sua iniziativa».

Un metodo soft che aiuta a gestire meglio i momenti difficili e le sofferenze legate alla malattia.

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La cantante lirica Kaoru Sugiura con uno dei pupazzi che, insieme alle campanelle intonate, usa per coinvolger­e i bambini malati.
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