Api e cimici, farmaci del futuro
C’è chi sobbalza alla vista di una vespa. E c’è chi invece gli insetti li ama, li studia o addirittura li usa come farmaci. È appena uscito il libro Entomoterapia, dove l’entomologo Stefano Turillazzi descrive vari metodi di cura diffusi soprattutto in Asia e nell’America meridionale: qui è piuttosto comune sorseggiare un tè di mosche come antibiotico, usare il veleno di formiche per curare il mal di schiena o preparare un infuso con le cimici per trattare la congestione nasale. Terapie per stomaci forti, certo, ma che – secondo gli esperti – sono un vero toccasana. «Gli insetti producono secrezioni utili per difendersi, nutrirsi, costruire il nido, rivestire le larve, comunicare fra loro», spiega Turillazzi. «All’interno sono presenti sostanze farmacologicamente attive e dai poteri più disparati: antiossidante, antimicotico, disinfettante, antibiotico, antinfiammatorio, cicatrizzante, antidolorifico». Al momento, in Italia, è nota l’apiterapia con l’utilizzo dei vari prodotti dell’alveare o del veleno d’api, presente in pomate e unguenti formulati per combattere dolori articolari e muscolari. «Ma negli Stati Uniti c’è grande interesse. In molti ospedali è comune usare le larve di mosca per curare ferite, ustioni o ulcere da decubito. E al Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle hanno messo a punto un preparato ricavato dal veleno di scorpione che permette ai neurochirurghi di evidenziare con precisione i contorni dei tumori al cervello per asportare solo le cellule malate». Adesso la sfida del futuro è individuare nuove cure e magari composti antibatterici che possano sconfiggere la piaga dell’antibiotico-resistenza.