Quanta voglia (e coraggio) di cambiare
Harry d’Inghilterra e la moglie Meghan hanno detto addio a Buckingham Palace. Colpo di testa da celebrities? No, solo l’esempio più chiacchierato di una tendenza diffusa tra la gente comune: ricominciare una nuova vita
Dire addio alla monarchia, metterci un oceano di mezzo, rinunciare a titoli (e soldi) e ricominciare da persone “normali”.
O quasi. Ecco quello che hanno fatto Harry d’Inghilterra e la moglie Meghan Markle. La loro decisione è diventata una soap opera che incuriosisce da settimane milioni di persone mentre i media sviscerano dettagli, voci e dichiarazioni. E c’è già chi scommette sulla fine disastrosa di questa scelta. Ma in ogni caso, la famosissima coppia non è sola. Prendiamo il caso di Adele, superstar inglese della musica pop: dopo il suo ultimo album, 25 e una tournée mondiale, nel 2017 la cantante aveva scritto una lettera ai suoi fan per annunciare il ritiro dalle scene, spiegando che stare in tour non le faceva bene, e che gli applausi, piuttosto che rafforzarla, la rendevano vulnerabile. Adesso, sembra che stia per tornare sulle scene musicali, con un’immagine che più diversa non si può, sorridente e dimagritissima. Non solo principi e stelle. Scendendo tra la gente comune, l’esercito di chi rivoluziona la propria vita è sempre più nutrito. Aumentano gli studenti che volano all’estero per
studiare, i pensionati che si trasferiscono, i manager che si buttano in imprese inedite, i coniugi che lasciano il partner storico.
La spinta suggerita da sentimenti e relazioni
Sembra quasi che il mantra del 2020 sia “cambiare”. Le cifre non lasciano dubbi. Secondo il progetto Erasmus, il numero dei ragazzi italiani che si iscrivono alle università straniere è salito del 20% negli ultimi 2 anni. Gli over70 che nel 2019 hanno fatto le valigie sono 388mila, con un + 15% rispetto al 2015. I manager che ricominciano con progetti innovativi sono stati addirittura studiati dal Time che li chiamati “career nomads”, ovvero quelli che cambiano spesso proprio per fare carriera. Mentre l’Istat ha certificato che si divorzia sempre di più, anche avanti con gli anni. Il trend, quindi, è una realtà. «La voglia, anzi il coraggio di cambiare, sono il sentimento del nuovo decennio, come raccontiamo nel nostro progetto di studio», conferma il sociologo Francesco Morace, presidente dell’istituto di ricerca Future Concept Lab. «Gli anni 20 saranno anni ruggenti, le persone riflettono molto di più su loro stesse e hanno il desiderio di sognare, ricominciare, progettare. Il decennio passato è stato quello del mondo digitale: siamo stati sempre connessi, affascinati dai social, ma anche un po’ impauriti da crisi e terrorismo. Ora si rimettono al centro sentimenti e relazioni, quindi si fanno bilanci e si prova a cambiare marcia, si osa. Noi abbiamo anche coniato l’espressione “etica aumentata”, cioè la tendenza a occuparci di più dei valori e della vita pratica e non solo di quella virtuale. Si respira una spinta a fare, ed è qualcosa di comune, un desiderio contagioso».
Ora si rimettono al centro sentimenti e relazioni, quindi si fanno bilanci e si prova a cambiare marcia.
Progetti traversali e condivisi
E a differenza del passato, il movimento del cambiamento è traversale per età e categoria sociale. «Questo sentimento progressista accomuna i millennials, ma anche i professionisti 50enni, le donne appena diventate madri, i pensionati e intere famiglie», nota Morace. «Non sono spinti da pessimismo o rassegnazione, non scappano, ma imprimono una spinta al proprio destino. Sono propositivi e ottimisti, non subiscono. Si tratta poi di piani condivisi: i ragazzi sono sostenuti dalle famiglie, così come sono interi nuclei a trasferirsi e ricominciare. In fondo, gli ultimi anni ci hanno insegnato che non possiamo più perdere tempo. Il mondo va cambiato e migliorato e dobbiamo farlo tutti insieme.
Non possiamo aspettare che decidano solo potenti e istituzioni». Insomma, è il momento, a tutti i livelli, dell’iniziativa individuale. «Anche io noto sempre più pazienti alle prese con questa propensione a svoltare», osserva Umberto Longoni, psicologo e autore del saggio Il coraggio di cambiare vita (Franco Angeli). «Oggi infatti siamo nell’epoca delle cicale, le formiche non ci piacciono più. Alla continuità di vita, alla coerenza e alla parsimonia preferiamo l’azione. Attenzione, però: non siamo “vittime” di colpi di testa, bensì siamo artefici di un processo evolutivo lento e inarrestabile, come un vaso che si riempie a poco a poco. Questa spinta a rinnovarsi è sostenuta dal fatto che abbiamo metabolizzato il concetto di errori e fallimenti, il primo e più grande freno a partire per lidi sconosciuti. Prima sembravano qualcosa da nascondere, ora anche i personaggi famosi li raccontano con orgoglio e ci fanno capire che fanno parte dell’essere umano, sono tappe preziose per crescere e imparare. In fondo, sbagliamo perché amiamo la vita e vogliamo quindi provare a cambiare rotta per cercare di meglio».
Perché annullare il passato? Non serve
In teoria, siamo nella società delle chanches elargite a piene mani in cui a tutti (o quasi) è permesso cercare di realizzare sogni e aspirazioni. Ma, ovviamente, non basta l’opportunità, bisogna saperla cogliere e giocarsela fino in fondo. «Nelle fasi d’ideazione, la nostra mente muta», spiega lo psicologo. «Si prova un mix potente: una scarica di adrenalina positiva, unita alla paura di sbagliare. La scarica è liberatoria, inebriante. Poi dobbiamo farla durare, allora servono razionalità e progettualità. Nel lavoro, come in amore, bisogna investire sui cambiamenti: è necessario dedicarcisi, valutare, costruirli e sostenerli nel tempo». Altrimenti, come racconta Longoni nel suo saggio, si rischia di incappare nella sindrome del pesce rosso che vuole uscire dalla sua boccia ma rischia di morire. «I cambiamenti moderni non sono pure follie o scappatoie. Non vanno, quindi, intrapresi con foga. E non dimentichiamo, poi, che non sempre serve rivoluzionare tutto e annullare il passato. Facciamo un esempio: se il problema riguarda il lavoro, non devo per forza licenziarmi in 24 ore e buttarmi nel progetto che sogno da tempo. Posso prima fare un corso di formazione, studiare il nuovo business, mettere tutto a punto e poi osare. L’importante è non farsi frenare da continui dubbi e timori e affrontare tutto con intraprendenza e tempi serrati. Io suggerisco di puntare su un sogno al giorno, ovvero avere sempre idee nuove in tasca, aggiungere ogni mattina un mattone al nuovo palazzo».
Oggi, il cambiamento non è una scossa in stile terremoto, non è il classico colpo di testa; piuttosto è un processo lento e inarrestabile.