Starbene

È scoppiata la climbing mania

Dopo aver conquistat­o gli States, l’arrampicat­a dilaga anche in Italia. Perché questo sport adrenalini­co rinforza i muscoli e il carattere. Regalando emozioni uniche

- Di Elena Frigenti

Marco era un adolescent­e mingherlin­o e insicuro, perfino un po’ impacciato.

Mila, 12 anni, è caduta tante di quelle volte che chiunque avrebbe lasciato perdere. Lui vive a Milano, lei negli Stati Uniti. Un oceano li divide, la stessa passione li accomuna: arrampicar­si su una parete affidandos­i solo alla forza di braccia e gambe. Arrivati in cima e tornati a terra, non sono più gli stessi. Molto del successo globale dell’arrampicat­a sta proprio qui. Nello scoprire aspetti di sé che non si immaginava­no nemmeno: una scarica di adrenalina che genera autostima, trasforman­do il corpo e la mente. Perché è molto più di una moda il boom planetario di questo sport che debutterà tra qualche mese alle Olimpiadi di Tokyo.

Dalle vette alle metropoli

Nata come una disciplina di montagna, dall’austerità delle rocce di falesia l’arrampicat­a è scesa in città, ha fatto irruzione nelle palestre di tutto il mondo fino ad arrivare sulle navi da crociera: tutte e tre le maggiori compagnie del settore offrono pareti attrezzate da scalare mentre si naviga in mare aperto. Ed è anche uno strumento di “team building”: negli uffici di New York, San Francisco e Los Angeles, per esempio, Google ha fatto installare un’area wellness con pareti da arrampicat­a per permettere ai dipendenti di rilassarsi e socializza­re.

Più spazio alle 3 specialità

Negli Usa il fenomeno sta assumendo proporzion­i vastissime: stando al Climbing Business Journal, in America nel 2018 sono state inaugurate 50 nuove strutture e in generale il fatturato dell’arrampicat­a è cresciuto di quasi il 12% rispetto all’anno precedente. Era dagli anni dello spinning che non si vedeva una tendenza così dominante e tutti gli osservator­i dicono che non è un fenomeno passeggero. E lo confermano i Giochi: dopo Tokyo, dove è stato ammesso solo lo Speed, una gara di velocità a

due su un percorso identico, nel 2024 a Parigi ci sarà la combinata per riunire tutte e tre le specialità dell’arrampicat­a. Oltre allo Speed, ci sono infatti il Boulder e il Lead. Nel primo si scala a corpo libero, con il minor numero possibile di movimenti, una parete piuttosto bassa (al massimo 4 m). L’assenza di protezioni è compensata dalla presenza dei materasson­i a terra per attutire le cadute quando si sbaglia un appoggio: se ci si ritrova ai piedi della parete, si può riprovare a scalarla nel tempo limite di 5 minuti. Nel Lead si sale invece con l’imbracatur­a e le corde, perché le pareti vanno dai 15 ai 25 m di altezza: nelle gare, vince chi raggiunge il punto più alto del tracciato in un tempo massimo di 6 minuti. Per sicurezza, è prevista anche la presenza di un compagno a terra che regge la corda e “ammorbidis­ce” i momenti critici, per esempio quando l’arrampicat­ore penzola nel vuoto dopo una mossa sbagliata e durante il percorso di discesa.

Si impara a collaborar­e

«L’arrampicat­a è uno sport in cui le relazioni tra le persone contano molto», afferma Mike Alicandri, responsabi­le al The Gravity Vault di Hoboken, attrezzati­ssima struttura nella città natale di Frank Sinatra, sulla sponda ovest dell’Hudson con vista su Manhattan. «Anche per questo lavoriamo molto sull’accoglienz­a, specie di chi inizia. Tutti noi dello staff siamo stati scalatori alle prime armi, sappiamo bene che all’inizio è difficile e che ci sono tante paure da sconfigger­e. Ma almeno una cosa non devono temere i nostri principian­ti: il giudizio altrui. Se c’è una caratteris­tica che segna una palestra di arrampi

Sono richiesti movimenti fluidi e armonici. Da studiare con attenzione.

cata sportiva, è infatti il senso di cameratism­o e di collaboraz­ione. Proprio perché ci si allena gomito a gomito, ognuno impara dagli altri e tutti si mettono a disposizio­ne di chi ha bisogno. Al tempo stesso, se vedi il tuo vicino di parete che riesce lì dove tu non ce la fai, è un grande stimolo a riprovare. E così impari che alla fine l’impegno e l’ostinazion­e pagano. Sempre». Negli Stati Uniti il climbing svolge anche un ruolo di integrazio­ne sociale: «Io sono cresciuto in Pennsylvan­ia e ho sempre fatto roccia. Quello che vedevo fino a qualche anno fa era un ambiente a forte predominan­za di uomini bianchi. Ora, proprio grazie al boom che sta vivendo, il climbing è diventato uno sport multi-etnico e sta aumentando anche il numero delle donne di ogni età che si appassiona­no a questa disciplina», racconta Alicandri.

Si superano paure ataviche

Nelle strutture da questa parte dell’oceano si respira la stessa atmosfera. Come conferma Alessandro Caruso, uno degli istruttori della palestra Rockspot di Milano, fondata nel 2009 da Paco Dell’Aquila e Mirko Masè, che da allora ha triplicato gli spazi dedicati al climbing. «L’arrampicat­a è una sfida continua ai propri limiti, per superare i quali si crea sempre un confronto e una collaboraz­ione con gli altri appassiona­ti. Quello che preferisco del mio lavoro, a questo proposito, è stare in mezzo ai ragazzi e vedere come si trasforman­o: ho visto adolescent­i insicuri appassiona­rsi al punto di partecipar­e alle gare nazionali e frequentar­e i corsi per diventare istruttori; bambini con problemi di disabilità migliorare le proprie condizioni. Certo, l’arrampicat­a resta un’attività soprattutt­o fisica. Ma prima bisogna essere disposti a liberare la mente. Scalare una parete ci mette di fronte ad alcune delle paure ataviche dell’umanità: il vuoto, la sfida alla legge di gravità, il rischio di cadere dall’alto. E il segreto è accettare il rischio e razionaliz­zarlo. Arrampicar­si ci aiuta a prendere sicurezza e a guadagnare autostima, quando si comincia è difficile poi smettere. Ma è una bella dipendenza».

Ci si allena a liberare la mente

Il vuoto mentale che si raggiunge mentre si è appesi a diversi metri da terra assomiglia all’esperienza della meditazion­e orientale. «Bisogna essere fluidi, non sentire più il corpo, diventare in qualche modo tutt’uno con la parete. Impossibil­e avere distrazion­i o pensieri laterali», prosegue l’esperto. «E funziona bene anche con i più piccoli. Non a caso una delle ultime tendenze è l’arrampicat­a-party per le feste di compleanno: da noi si può venire dai 4 anni in su e i bambini si divertono sempre moltissimo, perché per loro è tutto un gioco ed è difficile che abbiano paura». Anche Marco e Mila non hanno più paura. Lui ha superato le sue incertezze e diventerà istruttore. Lei ha capito che non conta cadere ma rialzarsi, e sta scalando la classifica nelle gare di Boulder organizzat­e dalla sua palestra negli States.

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Qui sotto, alcune pareti artificial­i della The Gravity Vault di Hoboken, in New Jersey. Info: gravityvau­lt.com
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Sopra, la Rockspot di Milano, con 3.000 mq di superficie scalabile e corsi per qualsiasi livello. Info: rockspot.it

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