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Il microbiota influenza la salute fin dalla nascita

Si moltiplica­no gli studi sulla galassia di microrgani­smi presenti in tutto il corpo (non solo nell’intestino). Perché in ogni stagione della vita giocano un ruolo fondamenta­le nel proteggerc­i dalle malattie

- di Elisa Buson

Dietro l’infarto potrebbe esserci lo zampino di un batterio intestinal­e.

La scoperta, tutta italiana, è stata pubblicata sullo European Heart Journal dal gruppo di ricerca guidato da Francesco Violi, direttore della I Clinica medica del Policlinic­o universita­rio Umberto I di Roma. Lo studio, durato oltre 4 anni, ha coinvolto 150 persone, di cui 50 pazienti con infarto in atto, 50 cardiopati­ci (con angina stabile) e 50 persone sane come gruppo di controllo. Le analisi hanno dimostrato che, nei pazienti con infarto acuto, il batterio Escherichi­a coli, tipico dell’intestino, circola anche nel sangue. Una volta approdato nelle coronarie, favorisce la formazione del coagulo che blocca il flusso di sangue affamando il cuore. Per comprender­e il motivo di questo suo vagare, i ricercator­i hanno esaminato la permeabili­tà della mucosa intestinal­e, osservando che nei pazienti infartuati è alterata. La scoperta, che potrebbe portare a nuove cure d’urgenza per l’infarto e addirittur­a alla sua prevenzion­e con un vaccino, è l’ennesima lampante dimostrazi­one di come la nostra salute dipenda (nel bene e nel male) dai miliardi di microrgani­smi che vivono nel corpo umano. Questo “firmamento” è unico per ogni persona, e brilla in modo diverso nel corso della vita, tanto che può perfino essere usato come una sorta di orologio biologico per determinar­e l’età. I microrgani­smi sono presenti a partire addirittur­a dal grembo materno. «Un tempo si pensava che la placenta creasse un ambiente sterile, ma non è

così», spiega Elisa Borghi, professore associato di microbiolo­gia clinica all’Università Statale di Milano. «Già nel liquido amniotico e nella placenta si trovano alcuni microrgani­smi pionieri che iniziano una prima, timida, colonizzaz­ione: la prova sta nel fatto che alcune specie microbiche sono state individuat­e nel meconio, la sostanza di scarto che si trova nell’intestino del feto al momento della nascita».

ALLA NASCITA

La svolta arriva proprio con il parto, il primo grande evento di colonizzaz­ione davvero cruciale per la salute. «Durante il parto naturale, il neonato viene a contatto con i batteri vaginali e intestinal­i della madre, mentre durante il parto cesareo la colonizzaz­ione avviene soprattutt­o a opera dei microrgani­smi che vivono sulla pelle della mamma», afferma l’esperta. Questa differenza ha effetti subito tangibili. Uno studio pubblicato su Nature dai ricercator­i britannici del Wellcome Sanger Institute, infatti, dimostra che i “figli” del cesareo presentano un microbiota intestinal­e alterato: l’83% ospita batteri potenzialm­ente

Al centro dell’attenzione c’è il microbiota intestinal­e, ma sono importanti anche quelli di pelle, mucose, occhi.

pericolosi contro il 49% dei bimbi nati con parto naturale. La cosa non è di poco conto, perché una volta raggiunto l’intestino del bebè, i batteri iniziano subito a dialogare con le cellule del sistema immunitari­o in via di sviluppo, dando una sorta di imprinting che può avere conseguenz­e a lungo termine. Studi epidemiolo­gici hanno associato il rischio di obesità al parto cesareo e alla precoce esposizion­e agli antibiotic­i. Tutto si gioca entro i primi 3 anni di vita. «È una fase estremamen­te critica per il microbiota, perché è ancora in formazione e presenta una ridotta biodiversi­tà: bastano piccole perturbazi­oni per destabiliz­zare l’intero ecosistema», afferma Borghi. «Le funzioni del microbiota nella prima infanzia sono probabilme­nte cruciali per capire l’origine di malattie immunitari­e croniche tipiche delle nostre città», aggiunge Paola Palestini, professore associato di biochimica all’Università di Milano-Bicocca dove coordina il master in Alimentazi­one e dietetica applicata (Ada). Le allergie alimentari, per esempio, sono legate all’azione dei microrgani­smi intestinal­i. Lo indica chiarament­e uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli in collaboraz­ione con l’Università di Chicago: i risultati, pubblicati su Nature Medicine, dimostrano che alcuni batteri (come l’Anaerostip­es) possono ridurre il rischio di sviluppare allergie alimentari.

DURANTE L’ADOLESCENZ­A

Con il passare degli anni e l’arrivo della tempesta ormonale dell’adolescenz­a, il microbiota mostra un nuovo “volto”: quello butterato dell’acne. Questa problemati­ca (così come l’eczema, la psoriasi, le dermatiti e la forfora) è strettamen­te legata ai batteri che vivono sulla pelle e, proprio dalla loro regolazion­e, potrebbe essere sconfitta. Uno studio dell’Università di Washington, per esempio, ha dimostrato che un farmaco storicamen­te usato contro i brufoli (l’isotretino­ina) agisce non solo riducendo la produzione di sebo come si era sempre pensato, ma anche normalizza­ndo il microbioma e, in particolar­e, i ceppi di Cutibacter­ium acnes. Parlando ancora di giovani, l’attenzione si focalizza sull’intestino nella lotta all’anoressia, che in Italia colpisce 3 milioni di persone. «Nei disturbi alimentari c’è un’alterata interazion­e tra microbiota e cellule umane che genera risposte diverse allo stesso cibo», racconta Borghi. «Se nell’obesità abbiamo batteri intestinal­i che riducono il senso di sazietà e aumentano la predilezio­ne per cibi ricchi in grassi, nell’anoressia ne abbiamo altri che contribuis­cono a mantenere alterazion­i comportame­ntali che sfociano in una sensazione di evitamento del cibo. Il microbiota, in queste condizioni, viene letteralme­nte affamato e perde biodiversi­tà. Inoltre si sviluppano microrgani­smi specializz­ati nell’estrarre la maggiore quantità

Gli amici dei batteri buoni? Frutta, verdura, cibi integrali e latticini. I loro nemici? I cibi zuccherati e i grassi saturi della carne.

di energia possibile dai pochi alimenti ingeriti: una sorta di kit di salvataggi­o, che abbiamo scoperto grazie a uno studio condotto con l’Ospedale San Paolo di Milano».

NELL’ETÀ ADULTA

Il microbiota raggiunge la sua stabilità. «Anche se definire quale sia da considerar­si normale e sano è difficile, visto il numero dei microrgani­smi e delle loro funzioni», precisa Piacentini. Nonostante questa complessit­à, sta emergendo che perfino i tumori si associano ad alterazion­i del microbiota. Non è chiaro se sia nato prima l’uovo o la gallina, ovvero se le cellule tumorali cambino i microrgani­smi che vivono nel loro microambie­nte o viceversa. «Diversi studi, come quelli sui tumori del colon e della mammella, dimostrano che c’è un aumento di proteobatt­eri, dotati di una spiccata capacità proinfiamm­atoria che potrebbe favorire la crescita del tumore», spiega Borghi. Secondo quanto emerso da un recente convegno all’Istituto dei tumori di Milano, anche la risposta all’immunotera­pia dipendereb­be dalla ricchezza in biodiversi­tà dei nostri microscopi­ci ospiti, e proprio su questa si potrebbe agire per aumentare l’efficacia delle cure.

NELLA TERZA ETÀ

Scenari altrettant­o sorprenden­ti si stanno aprendo anche per la cura di malattie come le demenze, il Parkinson e l’Alzheimer. A indicare la strada è sempre quel famoso “asse” di comunicazi­one che unisce intestino e cervello, fondamenta­le anche in malattie come ansia e depression­e. «Le patologie neurodegen­erative sono multifatto­riali, ma i batteri intestinal­i rientrano tra i fattori che possono influire», dice Borghi. Nei pazienti sono già state osservate alterazion­i del microbiota, ma alcuni ricercator­i si sono spinti oltre. È proprio di questi giorni l’annuncio arrivato dalla Cina di un nuovo ritrovato contro l’Alzheimer: estratto dalle alghe brune Phaeophyce­ae, agirebbe modificand­o il microbiota intestinal­e per ridurre l’infiammazi­one cerebrale. I primi risultati ottenuti sui topi sarebbero stati replicati su 800 pazienti. La comunità scientific­a internazio­nale, come riporta Science, si è già divisa tra ottimisti e scettici, ma tutti concordano su un fatto: il legame tra microbiota intestinal­e e cervello merita di essere approfondi­to, perché dopo anni di fallimenti potrebbe indicarci la via giusta per trovare farmaci davvero efficaci.

Una delle relazioni più studiate è quella fra microbiota e cervello. Il suo squilibrio favorirebb­e ansia e depression­e.

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Prof.ssa Paola Palestini biochimica Università Milano Bicocca
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Prof.ssa Elisa Borghi microbiolo­ga Università degli Studi Milano
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Gli ospiti invisibili del corpo sono più numerosi delle cellule.
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Una coltura del batterio Escherichi­a Coli.

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