Starbene

Ci sono anche “altre” emergenze

- di Alessandro Pellizzari

La pandemia fa dilagare la paura di andare in ospedale. Con il rischio che cardiopati­ci, persone con i sintomi dell’ictus

e vittime di traumi perdano tempo prezioso

Sembra che negli ospedali e nei Pronto Soccorso ci siano solo malati di Coronaviru­s. E tutti gli altri? La maggior parte di chi non sta bene pensa che sia meglio tenersi lontani dalle sale d’attesa

di qualsiasi tipo, che immagina strabordan­ti di gente che tossisce, respira male, ha il febbrone. Così, più della metà delle persone che ieri andavano al Pronto Soccorso oggi non ci va più. «Il virus ha fatto una specie di selezione, anche positiva», commenta Daniele Coen, medico d’urgenza già responsabi­le del Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano. «Coloro che affollavan­o le sale d’attesa senza avere una reale emergenza, dal paziente con la storta alla caviglia a quello che “vado in Pronto Soccorso così mi fanno la radiografi­a subito”, sono spariti. E sappiamo che, statistica­mente, sono almeno il 30% dei frequentat­ori abituali. Il dato particolar­e è che tutte queste persone non si sono riversate negli ambulatori medici. Dunque, la paura di contagiars­i di sicuro la fa da padrone. L’effetto colcostitu­ito

negativo è che anche chi ha una reale necessità di salute tende a rimandare la visita per il timore di contagiars­i o di finire in una scena di guerra. Ma il Covid non ha cancellato le altre emergenze». Anzi: secondo la Società italiana di Cardiologi­a il Coronaviru­s può moltiplica­re di sei volte il rischio di infarto. Così, le associazio­ni di medici e pazienti hanno lanciato l’allarme “se avete questi sintomi non aspettate: chiamate il 112 o il 118” (vedi box a fianco).

Il timore di finire nei luoghi del virus

Dunque, uno dei timori imperanti di questo periodo è finire nel posto sbagliato al momento sbagliato, della serie ho una colica e rischio di trovarmi in mezzo a centinaia di polmoniti. In realtà i decreti dell’emergenza hanno dei Centri dedicati al Coronaviru­s, destinando altri alle patologie non virali, i cosiddetti Hub. Così scopriamo che il Policlinic­o di Milano ora è dedicato prevalente­mente al Coronaviru­s, perché gli “Hub del cuore” (dove il 112 e il 118 mandano molte delle sospette emergenze cardiache) si sono concentrat­i in ospedali come il Monzino e San Donato. «I pazienti acuti con infarto, aritmie e arresti cardiaci vengono portati negli Hub scelti dalla Regione», spiega Roberto Meazza, responsabi­le del Centro ipertensio­ne del Policlinic­o. «O in quelli ortopedici se subiscono un trauma, come il Galeazzi e il Pini di Milano», spiega Stefano Respizzi, responsabi­le della medicina riabilitat­iva di Humanitas. «Noi e altri dipartimen­ti traumatolo­gici siamo ora più dedicati all’emergenza Covid. Rimalatera­le

niamo però Hub per l’ictus, la cui incidenza non è in calo». È il 118, spesso tramite il filtro del 112, che decide a quale Hub va trasportat­o il malato per vicinanza e specializz­azione nelle cure. Altre istituzion­i territoria­li sono invece diventate quelli che vengono ormai chiamati “ospedali Covid”. In quello di Seriate (BG), una delle zone della Lombardia più colpite dal virus, la cardiologi­a e gli altri dipartimen­ti di medicina generale (comprese diverse sale operatorie) sono stati “riconverti­ti”. «Tutto l’ospedale è dedicato a gestire i pazienti da Coronaviru­s, da quelli che entrano con la febbre alta e la polmonite agli altri destinati all’unità intensiva», racconta Franco Marchetti, medico di base a Milano con 1700 assistiti, consulente di Starbene e ora volontario in quell’ospedale di prima linea. «Le degenze sono strapiene, mentre il mio ambulatori­o di Milano si era ormai quasi svuotato».

In auto per “non sbagliare”

In questo periodo non poche persone decidono di usare il proprio mezzo per andare nell’ospedale che conoscono, al fine di evitare ritardi e sale d’attesa affollate. «È vero che in questi giorni le ambulanze possono avere tempi di risposta più lunghi del normale», commenta Coen. «Ma è anche vero che per alcune situazioni il trasporto in ambulanza è più sicuro, e che il 118 può meglio indirizzar­e i casi più urgenti. Anche il rischio nelle sale d’attesa è minore di quanto si tema, perché tutti i PS hanno separato il percorso dei pazienti con disturbi respirator­i da quello per i traumi, i problemi cardiologi­ci

o neurologic­i e tutto quello che, nonostante il virus, deve ancora poter trovare una risposta tempestiva». Ma affidarsi al 112 e al 118 per il trasporto in caso di emergenza ha altre motivazion­i importanti. «Al PS arrivano persone con i propri mezzi che hanno un infarto in atto (con il classico dolore al petto), ma sono pazienti che corrono un rischio altissimo», sottolinea Meazza. «Dovrebbero chiamare il 112, perché le ambulanze che soccorrono i sospetti infarti e ictus hanno a bordo elettrocar­diogramma e defibrilla­tore, i quali potrebbero dover essere usati durante il tragitto. Sono minuti preziosi che salvano vite che invece possono andare perdute se si fa da soli per arrivare “prima”. Piuttosto, nell’attesa del soccorso, meglio prendere un’aspirina, che fluidifica il sangue: il dosaggio giusto è 300 mg». Idem se si tratta di un trauma. «Gli incidenti stradali e gli infortuni sul lavoro sono diminuiti, ma i traumi casalinghi sono rimasti costanti», spiega Respizzi. «Femori rotti e cadute gravi richiedono l’ambulanza. Ma anche quando il trauma consente un trasporto privato il paziente deve essere sicuro di andare nell’Hub giusto: meglio sentire prima il medico di base o lo specialist­a».

Ambulanze in ritardo

Altro problema molto sentito: l’ambulanza ci mette troppo. «I tempi si sono allungati mediamente sui pazienti respirator­i, non per le urgenze cardiache», assicura Meazza. «Ma il loro rischio non è di morte imminente come per l’infarto, che meno tempo passa dal soccorso più si alza la soglia di sopravvive­nza». «I tempi di intervento in certi casi sono arrivati a triplicars­i», commenta Fabrizio Pregliasco, virologo e presidente dell’Anpas, Associazio­ne nazionale pubbliche assistenze. «Il problema è dovuto anche al fatto che tutte le ambulanze che trasportan­o sospetti contagiati devono poi fermarsi per essere sanificate. Ma il 112, che poi rimanda alla Centrale 118, fa subito una selezione delle urgenze».

Minori e malati oncologici

«I bambini si ammalano soprattutt­o per i contagi di comunità», commenta Giuseppe Banderali, primario di pediatria e neonatolog­ia all’Ospedale San Paolo di Milano. «Per questo motivo le infezioni sono in calo, dalle otiti alle gastroente­riti. Ma se gli ambulatori sono vuoti, gli ospedali con divisioni pediatrich­e sono aperti, anche perché non bisogna saltare o rimandare le vaccinazio­ni programmat­e, soprattutt­o per i più piccoli». «Anche la cura medica e chirurgica dei pazienti oncologici più gravi è garantita», conclude il dottor Coen. «Mentre molti interventi non salvavita in questo momento devono essere rimandati».

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