Gialli & Noir contro la paura
Insegnano che non è possibile avere tutto sotto controllo: i cambiamenti improvvisi fanno parte della vita. Ecco perché piacciono tanto, soprattutto in questo periodo
Che narrativa si legge in questi tempi di isolamento forzato?
Le classifiche parlano del rafforzamento di una tendenza già in corso, cioè la passione per i gialli, ai quali si aggiunge la riscoperta di grandi titoli come La peste di Albert Camus, uscito nel 1947, e Cecità di José Saramago, del 1995, che non a caso raccontano di epidemie e quarantene. Ma perché i libri zeppi di delitti ci possono aiutare ad affrontare l’ansia e l’angoscia collegata all’emergenza Covid-19?
Soddisfano il bisogno di trovare un colpevole da neutralizzare
«Il giallo è il genere che meglio risponde all’universale bisogno di rassicurazione, che in questo periodo si è fatto ovviamente ancora più pressante», osserva subito la scrittrice ed editor Lodovica Cima, fondatrice di Pelledoca, casa editrice specializzata in thriller, noir e mistero per ragazzi (pelledocaeditore.it). «Paradossalmente, le storie di crimini, detective e indagini tranquillizzano: se da un lato permettono di provare emozioni come tensione, disagio e ansia, dall’altro, grazie alla soluzione del mistero, mostrano che le cose si possono sistemare e che i colpevoli vengono assicurati alla giustizia. Non solo: dando la possibilità di esplorare e sperimentare la paura in un mondo di finzione, dunque in condizioni di sicurezza, aiutano a capire come gestirla e rendono più forti e coraggiosi anche nel mondo reale». E pensare che in un passato non molto lontano i polizieschi erano spesso considerati letteratura di serie B, al pari dei romanzi rosa. «In effetti, negli ultimi anni il giallo si è trasformato in un genere più coltivato, intellettuale, e oggi la sua qualità letteraria è migliorata sensibilmente», constata Cima. «Un fattore che, al di là dei contenuti, contribuisce al suo successo attuale».
Servono anche quelli che non hanno il lieto fine
Ai vertici delle classifiche, però, non ci sono solo i gialli “classici” , quelli in cui la razionalità o la fortuna dell’investigatore ha la meglio sul crimine e ristabilisce l’ordine sociale. Molti titoli non portano a un lieto fine, ma rimangono in sospeso, lasciando l’amaro in bocca: è il caso per esempio dei libri di Giancarlo De Cataldo, Gianrico Carofiglio, Carlo Lucarelli, Massimo Carlotto, Antonio Manzini, tutti autori di grande successo. «In queste opere, che appartengono alla variante noir del poliziesco, le indagini sono sempre al centro della narrazione, ma il clima è molto meno rassicurante», spiega Luca Martignani, professore associato di sociologia all’Università di Bologna e autore del saggio Realismo
sovversivo. Sociologia del genere noir (Ombre corte, 10 €). «I soggetti, criminali e non, sono raccontati in modo realistico, con le loro bassezze e i loro difetti. Le istituzioni, dal canto loro, sono spesso impreparate ad affrontare la complessità delle condizioni che producono il crimine. E, alla resa di conti, non sempre le ingiustizie vengono sanate». Proprio questi aspetti fanno sì che i noir abbiano una funzione importante dal punto di vista psicologico: «Al pari di opere di fantasia ma verosimili sulle malattie come quelle di Camus e Saramago, aiutano a venire a patti con il fatto che la vita contempli anche disordine, imprevedibilità e aspetti che sfuggono al controllo personale così come istituzionale e scientifico», afferma Fabio Galimberti, psicoanalista e psicoterapeuta a Milano. Insomma, favoriscono la presa di confidenza con realtà che fino a poco fa ci sembravano inconcepibili o lontanissime nello spazio e nel tempo e che ora, invece, sono entrate prepotentemente nelle nostre vite, stravolgendole.
Aiutano a trovare le parole giuste
«Queste letture possono anche fornire un vocabolario che supplisca all’analfabetismo emotivo, suggerendoci le parole per riuscire a spiegare ciò che stiamo vivendo», aggiunge Galimberti. Un passaggio, quello dal sentire al dire, fondamentale per fare chiarezza in noi e non lasciare che le angosce inespresse ci fagocitino.
Sperimentare l’angoscia in un mondo di finzione rende più forti di fronte alla realtà.