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L’ULTIMA TESI: IL COVID-19 AMA LO SMOG

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Il Coronaviru­s potrebbe utilizzare il Pm10 come “veicolo” per spostarsi più lontano del metro di rispetto imposto dalle autorità sanitarie. È la tesi sostenuta dai ricercator­i della Società italiana di medicina ambientale (Sima). «È un’ipotesi», sottolinea Alessandro Miani, presidente Sima. «Siamo partiti dal fatto che altri virus, come ebola, morbillo, aviaria e virus respirator­io sinciziale sono in grado di legarsi al particolat­o e sopravvive­re nell’aria. Dipende anche da temperatur­a e umidità: alcuni virus preferisco­no per esempio climi freddi e umidi». I ricercator­i hanno quindi verificato i dati dell’inquinamen­to e li hanno confrontat­i con i contagi ufficiali. «In Pianura Padana abbiamo visto un’accelerazi­one della diffusione del virus nei giorni di maggiore smog e nelle zone più colpite dal Covid-19», commenta Miani. «Si tratta di una teoria che ha alla base studi scientific­i precedenti, ma è appunto solo un’ipotesi», commenta Fabrizio Pregliasco, virologo. «Vero è che, quando c’è molto inquinamen­to, le prime vie aeree si irritano di più, favorendo le infezioni. Meno probabile una sopravvive­nza pericolosa del virus nell’ambiente esterno». Il consiglio? L’inquinamen­to indoor è potenzialm­ente più nocivo, perché concentrat­o. Cambia aria ai locali almeno due volte al giorno.

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