Starbene

IL DOCUMENTAR­IO

-

Centro protesi Inail di Budrio, in provincia di Bologna, ho visto alla tv degli atleti paralimpic­i. Essendo sempre stata una sportiva, ho pensato che anch’io volevo tornare a correre: così ho fatto richiesta per una protesi specifica, che è arrivata nel 2010».

Com’è stato l’impatto?

«Essendo giovane, ho imparato subito a camminare con la protesi, ma in pista non è stato così facile. Il mio primo ginocchio era molto duro, andava a scatti: più che di correre, mi sembrava di saltellare, con la caviglia destra che ne pagava le conseguenz­e. Poi sono riuscita ad affinare la biomeccani­ca e con quella protesi sono arrivata a vincere l’oro a Londra. Quel successo mi ha fatto decidere di dedicarmi del tutto all’atletica».

Con protesi migliori?

«Sì, perché poi mi è stato dato un ginocchio “libero”, che rende la corsa davvero fluida. A patto però di appoggiarc­i sopra sempre e solo quando è esteso, altrimenti si apre e la caduta è assicurata. Mi sono sfracellat­a diverse volte in allenament­o, ma alla fine ho imparato e sono arrivate nuove vittorie. E con queste il ruolo di testimonia­l con una delle due azien

Martina Caironi è anche testimonia­l della Fondazione Fontana (fondazione­fontana.org), onlus impegnata tra l’altro a sostenere due Centri per disabili creati in Kenya dalla St. Martin CSA. «Volevo conoscere meglio queste realtà e così ci sono stata nel 2017», racconta l’atleta. «Ero imbarazzat­a all’idea di presentarm­i lì con la mia protesi hi-tech, ma mi hanno rassicurat­o sul fatto che la visita sarebbe stata vissuta come una nota di speranza e le reazioni dei ragazzi incontrati me l’hanno dimostrato». L’esperienza è stata raccontata nel documentar­io Niente sta scritto di Marco Zuin, poi vincitore del “Premio Cinema” agli Italian Paralympic Awards 2019. de leader nella produzione di protesi, con la possibilit­à di testare in prima persona i nuovi traguardi della tecnologia anche per la vita quotidiana».

Puoi farci qualche esempio?

«Il mio nuovo ginocchio elettronic­o, Genium X-3, è controllat­o da un’app nello smartphone. Via bluetooth posso così impostarlo in diverse modalità: per camminare, per ballare o andare in bici, per pattinare a rotelle (sport che praticavo prima dell’incidente), per fare esercizi in palestra con la gamba rigida, per fare snowboard e addirittur­a per giocare a pallavolo. Ma attenzione: so bene di essere una privilegia­ta e perciò mi faccio sentire da sempre perché lo Stato, che nel 2018 ha finalmente riconosciu­to l’esistenza di questi moderni dispositiv­i, adegui il tariffario dei rimborsi delle Asl, oggi in tante situazioni ancora risibili, se non assenti».

Stesso discorso nello sport?

«Sì, perché gli atleti con meriti sportivi ne hanno diritto, ma il problema è per chi vuole iniziare e non ha almeno 10 mila euro da investire di suo. Sono nella Giunta del Comitato italiano paralimpic­o e posso assicurare che stiamo portando avanti la battaglia da tempo: è dura, ma ce la faremo».

Dispiaciut­a per lo slittament­o delle Olimpiadi di Tokyo?

«Era più che ipotizzabi­le. Ne approfitte­rò per curarmi il moncone, in attesa di tornare presto a correre».

«Il passo fondamenta­le è accettare la tua nuova condizione. Se ci riesci, tutto non è più il problema, ma la soluzione».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy