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Immunità: a chi daranno la patente

- di Alessandro Pellizzari

In che modo si certifica ufficialme­nte la guarigione.

Come funzionano i test rapidi. Chi si può dire davvero non contagioso e quante sono le possibilit­à

di riammalars­i dopo la prima infezione Finalmente liberi. O quasi. Tornare a uscire gradualmen­te, a lavorare, a vedere gli amici, i partner lontani.

I tecnici della Protezione Civile la chiamano Fase 2, ma per tutti gli italiani è il grande sogno prossimo venturo. Però, quando arriverà, ci saranno ancora delle regole da rispettare, come quelle sulle distanze e sulle mascherine. Oggi si parla anche di strumenti per certificar­e lo stato di guariti e immuni, come i nuovi test del sangue e la patente di immunità. Ce ne parla il famoso virologo Fabrizio Pregliasco.

Lo chiamano già il patentino per uscire di casa: che cos’è?

Una sorta di certificaz­ione che assomiglia molto al documento che adesso la Asl rilascia a tutti coloro che si sono ammalati e che risultano guariti, dopo due tamponi negativi eseguiti a 14 giorni dalla fine dei sintomi. L’idea è quella di far seguire all’ultimo tampone, che attesta la guarigione, un test del sangue (se è di quelli rapidi basta pungere un dito) che individui la presenza di IgG, cioè degli anticorpi dell’immunità, quelli che ci proteggera­nno da nuove infezioni non facendoci riammalare, come si fa e si ottiene con i vaccini, che fanno produrre IgG “artificial­mente” al corpo umano in assenza di malattia, proprio per bloccare il possibile contagio. Con questo insieme di esami si rilascereb­be una sorta di “permesso”.

Questi nuovi test sono sicuri? Da soli sono sufficient­i?

Quelli più sicuri hanno un 5% di falsi positivi o negativi, un buon risultato ma non sufficient­e a garantire la siucurezza di essere immuni, un rischio che non ci possiamo permettere. Mi risulta che alcuni laboratori privati li offrano al costo di 100 € circa e che certi si trovino già addirittur­a su Internet: non li consiglio, soprattutt­o come unica prova di sicurezza. Il tampone, eseguito solo dall’ospedale in cui avviene il ricovero o dalla Asl, è l’unico test che ad oggi dà garanzie di guarigione, ricercando l’Rna e gli antigeni virali (vedi grafico nella pagina a fianco) ed evidenzian­doli in modo precoce e a lungo. Ma anche il tampone va ripetuto, perché all’inizio del contagio può non rilevare il virus. Considero gli attuali test del sangue

più validati dalla scienza una carta diagnostic­a in più utile soprattutt­o a scopi scientific­i, per valutare per esempio quanta popolazion­e è entratat in contatto con il virus, compresi i famosi asintomati­ci.

Basterà la patente di immunità per farci uscire?

Dovrà scendere anche il fattore R0, cioè il numero che indica la capacità di replicazio­ne del virus e la sua contagiosi­tà. Il Covid 19 ha un fattore 2,5, cioè una persona infetta ne può contagiare fino a due e mezzo. Per capirci, la normale influenza ha un R0 di 1,5 e il morbillo di 9,5. Patente o no, questo parametro dovrà scendere, per garantire la Fase 2, prima a 1 e poi almeno a 0,5. E questo si otterrà solo continuand­o a regolare i contatti e le modalità di contagio.

Quanto dura l’immunità?

Non lo sappiamo, come non sappiamo ancora molte cose su questo virus totalmente nuovo. Però il Covid è un membro della famiglia dei virus Sars, quindi è logico supporre che l’immunità duri 4 anni, come si è visto nei guariti colpiti dalla precedente Sindrome respirator­ia acuta grave che, nel 2002, aveva causato più di 8mila casi. Era sempre un Coronaviru­s, quindi è probabile che il tempo di immunizzaz­ione sia lo stesso.

Ci si può riammalare?

Una volta guariti, in base alle attuali conoscenze direi di no. C’è stato un caso dubbio di ricaduta in Corea, ma non è stato confermato e si pensa che fosse un paziente risultato all’inizio falso negativo ma che in realtà era in una fase in cui i test (vedi grafico) non identifica­no sempre la malattia. Stiamo comunque parlando di un virus che potrebbe mutare nel futuro, come fa l’influenza, che richiede un aggiorname­nto del vaccino ogni anno. Ma più passa il tempo più persone avranno gli anticorpi e questo conterrà i contagi e, in caso di malattia per una versione mutata del Covid, darà sintomi meno gravi.

E l’immunità di gregge?

Per il Coronaviru­s è richiesto un 60% di immuni perché il virus smetta di diffonders­i. Ora siamo a un 10% circa. Ma arriverà il vaccino ad aumentarla.

Dal momento del contagio, si può rimanere positivi anche più di 28 giorni.

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 ??  ?? Prof. Fabrizio Pregliasco virologo, presidente Anpas (Ass. Naz. pubbliche assistenze) ricercator­e Università di Milano
Prof. Fabrizio Pregliasco virologo, presidente Anpas (Ass. Naz. pubbliche assistenze) ricercator­e Università di Milano
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