È la svolta della scuola
Per ora, la rivoluzione più grossa dettata dalla pandemia ha toccato insegnanti e studenti alle prese con l’insegnamento a distanza. Premessa e prova di un rinnovamento epocale
In attesa di sapere se potranno tornare in aula (nel momento in cui andiamo in stampa non è stato ancora deciso), 8,5 milioni di studenti italiani stanno proseguendo le lezioni online. Con tutti gli annessi e connessi: psicologici, formativi e relazionali che la scuola a distanza comporta. Ancora è presto per tirare le fila, ma intanto gli addetti ai lavori ne stanno monitorando gli effetti, presenti e futuri. Come Anna Maria Giannini, professore ordinario di psicologia generale a “La Sapienza” di Roma che, nell’ambito di una ricerca più ampia sulla convivenza, ha inserito una sezione ad hoc sul tema scuola al tempo del Coronavirus.
Che cosa è cambiato con l’adozione delle video-lezioni?
Per la prima volta in assoluto, tutte le scuole di ogni ordine e grado hanno visto di colpo l’azzeramento della didattica a presenza. Con impatti a vari livelli. Sui ragazzi: hanno dovuto adattarsi a un sistema sconosciuto e non sempre tecnicamente accessibile. Sulle famiglie: magari hanno un solo pc in casa e devono fare i turni per farlo usare ai figli . Sui docenti: hanno un background per insegnare vis-à-vis, mentre la docenza a distanza esige una preparazione specifica. Le lezioni in rete non sono la stessa cosa che in aula. Da come (e quando) presentare gli argomenti, destare l’attenzione, tenerla attiva per ore, senza poter richiamare il singolo o coinvolgerlo.
Da ciò che si dice e legge, sembra che l’esperimento ai ragazzi non dispiaccia…
All’inizio, l’idea di dormire di più al mattino, di ricevere un’istruzione meno incasellata e di disporre di più tempo libero ha portato i ragazzi a reagire bene, accettando la sfida. In fondo, i giovanissimi per natura s’adattano alle novità in tempi rapidi! Ma, dopo mesi d’isolamento, stanno accusando il contraccolpo: niente uscite, niente attività ricreative, nessun contatto con i coetanei. Ce n’è abbastanza, per sentirsi sfiancati su tutta la linea. Sulla testa dei ragazzi, poi, pesa l’incertezza: non si sa se si tornerà o meno in aula, c’è l’incognita degli esami... Troppa fluidità di programmazione, che crea confusione e destabilizza.
Nella scuola a distanza c’è più autonomia individuale. È una prova di responsabilità?
I ragazzi già inclini ad assumersi un certo impegno e con buone risorse per affrontare la complessità del
momento, diventano più maturi e responsabili. Non è lo stesso per quelli che erano già “latitanti”: probabilmente, sarà peggiorata la loro tendenza a disinvestire nello studio, poiché non c’è vigilanza diretta. È per evitare che gli under 18 facciano poco o niente che noi psicologi fin dall’inizio abbiamo raccomandato ai genitori un punto importante: cercate di dare ai vostri figli una routine giornaliera, distinguendo i tempi dello studio da quelli, necessari, dello svago, per non abbandonarli all’ispirazione del momento.
È corretto pensare che i nostri figli saranno più “adulti” dopo questa prova?
Molte teorie affermano che gli stress - e la scuola a distanza lo è - hanno il potenziale effetto di fortificare le capacità di reazione. Di fare evolvere, perciò. Nella maggior parte dei casi, gli studenti usciranno dalla prova irrobustiti e con nuove qualità psicologiche per affrontare la vita. Nel contempo, è inutile nasconderci che alcuni, quelli in difficoltà, resteranno ancora più indietro. Un’altra volta: la premessa di sviluppo c’è, ma molto dipende da quanto si è disposti a evolvere e quali condizioni si hanno sottomano per sostenere questo percorso. Alcune opportunità sono reali (e fruibili) in certi luoghi e drammaticamente meno vere (e realizzabili) in altri. Penso al diverso tipo di
sostegno offerto ai ragazzi disabili o con disturbi d’apprendimento o a quello che dovrebbe essere assicurato alle famiglie che vivono in zone ad alto tasso di abbandono scolastico.
Promozione per tutti e valutazioni sull’impegno annuale. Tramontano i voti su media matematica?
È un invito forte che il ministro dell’Istruzione ha fatto riguardo alle valutazioni di fine anno. Con una nota da chiarire. Di fronte alle obiezioni del “sei politico” per tutti, la risposta è stata: il giudizio finale è sempre esito di un percorso fatto di capacità, diligenza, continuità e rendimento. Non è una novità. Non penso che finora gli insegnanti si siano focalizzati solo sull’esito delle prove. Certo, ora l’aspetto del percorso formativo nel suo complesso emergerà di più in pagella. E includerà anche come l’allievo ha vissuto la didattica in Rete: si è adattato? È riuscito a studiare? In quale modo l’ha fatto?
Senza l’incubo bocciatura, i giovani capiranno che lo studio è veicolo di progresso, non solo un obbligo?
I ragazzi si sentiranno di fatto meno pressati. E il guadagno che ne possono trarre per formarsi è alto. Basta che siano disposti a vivere la maggiore libertà e autonomia d’apprendimento data dai “device” con impegno, responsabilità e curiosità, Allora sì che diventeranno più creativi, propositivi, progettuali e flessibili.
Insomma, a settembre ci aspetta una nuova scuola?
Vedo quest’esperimento più come una possibilità di migliorare il sistema-scuola che come un rinnovamento tout-court. Anche i docenti poco inclini a usare la tecnologia si sono accorti che le video-lezioni hanno risvolti buoni. La continuità dell’insegnamento anche in caso d’assenza in aula, per esempio. Questa e altre constatazioni creeranno una didattica avanzata, dove s’integrerà la metodologia tradizionale con quella tecnologica, con il vantaggio di tutti. Però, immaginare che l’esperienza da Covid-19 abbia una valenza salvifica per tutti i problemi che ruotano intorno alla scuola... beh forse è una visione troppo ottimistica!