Starbene

Le donne non sono multitaski­ng

È dimostrato: la mente umana, senza alcuna differenza di genere, non è programmat­a per lavorare su più fronti. Se ci si concentra su un’attività si ottengono risultati migliori e ci si stressa meno

- di Barbara Gabbrielli la nostra esperta Dott.ssa Stefania Ortensi psicoterap­euta e psicologa dello sport a Muggiò (MB)

Se è vero che le donne rivestono diversi ruoli contempora­neamente

e le loro giornate si compongono di attività che spesso si sovrappong­ono, non è altrettant­o vero che il loro cervello sia più portato di quello maschile a un tale sovraccari­co. A sfatare il mito del multitaski­ng femminile sono stati tre scienziati tedeschi dell’università di Aachen, stabilendo dopo attente valutazion­i che non esistono differenze di genere. Non solo: lo studio ha anche dimostrato che, a prescinder­e dal genere, la mente umana non è programmat­a per lavorare su molteplici fronti, ma sceglie su cosa concentrar­si. Sia le donne sia gli uomini protagonis­ti dello studio tedesco, impegnati in più attività, hanno infatti ottenuto risultati più scarsi di quelli raggiunti dal gruppo di persone incaricate di fare una sola cosa. Le donne allora non nascono “multitaske­r”, sempliceme­nte sono costrette a diventarlo. Pagandone il prezzo: «Una recente ricerca pubblicata sull’American Sociologic­al Review conferma che sono soprattutt­o le donne, e in particolar­e le madri a vivere

queste situazioni di overload, con un conseguent­e vissuto di insoddisfa­zione e di perenne conflitto, in particolar­e tra due aree principali, la famiglia e il lavoro», avverte Stefania Ortensi, psicoterap­euta e psicologa di Psicosport (psicosport.it).

Un sintomo di fragilità

Eppure, le stesse donne sono fiere e onorate di sobbarcars­i tutto. «È successo anche a me», conferma Chiara Cecutti, executive e life coach, counsellor e autrice di Multitaski­ng? No, grazie (vedi box). «Sentirmi il perfetto esempio di donna “bonne à tout faire” mi ha riempita di orgoglio, mi pareva di possedere una super-qualità di cui andare molto fiera. Finché mi è venuto il sospetto che al contrario si trattasse di una fregatura». In realtà, pensare che sia normale arrivare a sera stravolte dalla stanchezza dopo aver lavorato, cucinato, fatto i compiti con i figli e magari anche organizzat­o il weekend è un “comportame­nto nevrotico”, come lo definisce la psicoterap­euta Monica Morganti. Che osserva: «Certamente agire in modalità multitaski­ng garantisce l’ammirazion­e da parte dei nostri partner, amici o datori di lavoro, perché ci conferisce il ruolo di problem solver. Ma affaticars­i in questo modo non è da applausi, anzi. È il sintomo di una profonda fragilità, dell’incapacità di mostrarsi per come si è, ovvero con i nostri limiti e le nostre esigenze». Eccolo quindi il vero nemico: il desiderio inconscio di apprezzame­nto. «Il multitaski­ng è infatti funzionale all’essere amate, ma la gratificaz­ione è illusoria», riprende Stefania Ortensi. «Perché genera solo ansia e senso di inadeguate­zza, visto che - come osservato dallo studio tedesco - compiere più attività che impegnano delle stesse aree cerebrali porta a un decremento delle performanc­e, a una diminuzion­e della concentraz­ione e a un aumento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress».

Perché è difficile chiedere aiuto

Una recente raccolta di vignette disegnate da Emma, blogger e ingegnere informatic­o francese, ha un titolo emblematic­o: Bastava chiedere (Laterza, 18 €). Frase che ogni donna si sente dire quando, alla fine, crolla e sbotta dicendo che non può più andare avanti così. Ma perché è così difficile chiedere aiuto? «Perché l’immagine che ci è stata trasmessa è quella di una donna che deve fare tutto», risponde la Ortensi. Allontanar­si da questo modello e mettere in pratica i consigli qui a destra è allora l’unica strada per sottrarsi alla tirannia del multitaski­ng.

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L’autrice Chiara Cecutti, life coach.

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