IL VENTRE DI ROMA
Catacombe di Priscilla, II-V secolo, con loculi o nicchie rettangolari. Il loculus per due defunti si chiamava bisomus; quello a tre posti trisomus e quello da quattro quadrisomus.
In quella stessa epoca, il poeta Prudenzio visitò Roma e si recò in pellegrinaggio nelle numerose catacombe, che – allora come ai giorni nostri – costituivano la principale attrazione turistica per un cristiano devoto. Prudenzio descrive così la discesa nella tomba del martire Ippolito: «Non lontano dalla fine delle mura, accanto ai giardini della zona periferica, si apre una cripta di recondite caverne. Un sentiero in pendenza, con scala a chiocciola, ci porta nella parte segreta della cripta attraverso passaggi sotterranei, con pochissima luce» ( Peristephanon XI, v. 154-57).
Per i cristiani dell’antichità, le catacombe, con migliaia di sepolture suddivise in gallerie labirintiche e che custodivano le reliquie di vescovi e martiri, erano luoghi affascinanti, intrisi di memoria cristiana e ricchi di curiosità archeologiche. Queste sensazioni, compresa quella di claustrofobia, sono le stesse che provano oggi i milioni di visitatori delle catacombe, cristiani e non, che molto spesso ignorano la vera funzione e la vera storia di questi spazi funerari.