GLI STRUMENTI DI CONQUISTA
Rilievo di un galeone veneziano. Fu grazie a un’efficiente flotta che nella storia, la Serenissima, così come le altre città marinare, riuscì a controllare i floridi commerci del Mediterraneo.
La “guerra di Chioggia” è uno di quegli episodi misteriosi, relegati in poche righe dei manuali scolastici e che non si sa mai dove collocare. Con tale termine s’intende indicare il conflitto che contrappose tra 1378 e 1381 Venezia a una coalizione di suoi avversari, capofila della quale era Genova, e che s’inscrive nella secolare lotta tra le due città marinare per il predominio nel Mediterraneo. Ma la cittadina di Chioggia, che ne fu il centro, era all’epoca celebre soprattutto per le sue ricche saline, che Venezia non poteva permettersi di perdere.
Il sale marino della laguna di Venezia, e di Chioggia in particolare, era esportato verso un bacino d’utenza molto ampio, che andava
dalle Alpi meridionali alla dorsale appenninica settentrionale alla pianura padana. Era grazie al sale che Venezia pareggiava i conti con le importazioni di prodotti alimentari acquistati in terraferma.
Dominare il mare o l’entroterra?
Il Duecento si era chiuso per i veneziani in modo critico, con la vittoria genovese a Curzola: risultato di un secolo di lotte senza quartiere fra le due città. La repubblica di San Marco aveva allora avviato un processo di riforma in senso oligarchico del governo cittadino, culminato nella “Serrata del Maggior Consiglio” (1297) che aveva conferito senza dubbio alla città un assetto più stabile e ordinato.
Se i problemi interni erano stati regolati con severità, ciò dipendeva dal fatto che i ceti dirigenti – composti dai grandi mercanti che traevano la loro ricchezza dal commercio con Bisanzio, Egitto e Siria – si sentivano in crisi. Le grandi famiglie veneziane erano perciò sempre più tentate d’investire i loro capitali in un’attività meno redditizia del commercio, ma più sicura: la gestione dei beni fondiari. Ciò postulava però il controllo dell’entroterra veneziano, problema che Venezia non aveva mai preso in seria considerazione, e l’ampliamento delle sue stesse dimensioni. Ne derivò il contrasto, all’interno del ceto di governo della repubblica, fra due tendenze: quella che stimava più importante riprendere e mantenere a ogni costo il dominio dei mari orientali (e che quindi giudicava inevitabile la ripresa dello scontro con la rivale Genova), e quella che riteneva invece più importante consolidare il dominio dell’entroterra. Queste due tendenze s’intrecciarono nel corso dei secoli XIV-XV, alla ricerca di un difficile punto di soddisfacente equilibrio. La prima direzione espansionistica dei veneziani riguardò l’arco alpino e le pianure fra Adige e Po: collaborando alla rovina della signoria scaligera, Venezia si appropriò di Treviso, Bassano e Castelfranco