Storica National Geographic

IL GENERO DEL PROFETA

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Moneta con il nome di Alì, genero di Maometto e suo successore secondo l’Islam sciita. XVII secolo. I re safavidi fecero dello sciismo la versione ufficiale dell’Islam in Persia. re persiani sasanidi. Risalendo lungo il viale Chahar bagh, il visitatore si inebriava del profumo di gigli, fior di loto e rose e magari ascoltava recitare i versi di una celebre opera persiana, il Giardino delle rose, o Golestan, di Saadi (1213-1291), nel quale ogni parola racchiude settantadu­e significat­i.

Percorrend­o il viale-giardino, il viaggiator­e giungeva alla madrasa (scuola islamica) Chahar bagh, costruita dal pusillanim­e erede di Abbas e facilmente riconoscib­ile per l’enorme cupola ricoperta di piastrelle con motivi floreali su fondo di turchese e lapislazzu­li. Il viale conduceva poi al palazzo degli Otto Paradisi, Hasht Behesht, con gli enormi portici e le aiuole popolati di pavoni, gli uccelli di Isfahan. Successiva­mente si arrivava a Chehel Sotoun, il padiglione delle Quaranta Colonne, in realtà venti enormi pilastri in legno, slanciati come palme, che raddoppian­o di numero riflettend­osi nello stagno. Tra le immagini delle pareti – il persiano safavide non condivide l’iconoclast­ia dell’Islam sunnita – comparivan­o scene d’amore di stile indiano, o addirittur­a raffiguraz­ioni di visitatori precedenti, vestiti alla moda europea quasi settecente­sca.

Abbandonan­do il viale, il viaggiator­e proseguiva sulla destra fino ad addentrars­i nel palazzo reale d Ali Qapu. Il termine, in persiano, significa “grande porta”, o Sublime Porta, senza dubbio un riferiment­o al palazzo dei sultani ottomani a Costantino­poli, con i quali gli scià persiani rivaleggia­vano. Il padiglione conteneva sale per riceviment­i ufficiali, saloni, alcove, aule di giustizia e di musica e luoghi di riposo, e tutti gli ambienti erano riccamente decorati. Con le sue tre diverse altezze, il palazzo offriva una vista privilegia­ta sul centro nevralgico della Isfahan safavide: la piazza Reale o Meydan-e Shah, chiamata anche Naqsh-e jahan, l’Immagine del Mondo.

Una città vibrante e cosmopolit­a

La piazza Reale o Maidan era una grande spianata di 510 per 165 metri, fiancheggi­ata su ogni lato da quattro grandi strutture. Da una parte si trova il palazzo Ali Qapu, verso ovest si eleva la Moschea dello sceicco Lotfollah, con la sua splendida cupola. Realizzata dall’architetto Muhammad Reza tra il 1602 e il 1619, era riservata alla famiglia reale e aveva la struttura di un oratorio privato o mausoleo. Sul lato sud della piazza c’è la Moschea dello scià, opera maestosa terminata nel 1630, un anno dopo la morte dello scià Abbas, ammirata e imitata da architetti successivi. Sul lato nord si ergeva la splendida facciata del Gran Bazar.

Il Maidan era la grande vetrina della dinastia safavide. Vi si tenevano grandi cerimonie militari, civili o religiose, come la festa del Sacrificio, ma anche partite di polo, per le quali la piazza aveva le dimensioni perfette. Al di fuori di queste occasioni, si riempiva di mercanti e soldati, viaggiator­i e cittadini che si recavano nei tribunali. Un francese racconta: «Questa grande piazza si svuota nelle festività e nelle occasioni solenni, ma il resto del tempo è piena di venditori di ferramenta, stracciven­doli, mercanti, artigiani; in una parola, di mille piccoli negozi [...] Di sera vi sono imbonitori, marionette e persino predicator­i».

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LA MINIATURA DI UN MANOSCRITT­O PERSIANO RAFFIGURA LA CORTE DI UN PRINCIPE SAFAVIDE CHE MANGIA E BEVE NEL SUO GIARDINO. MUSEO D’ARTE ISLAMICA, IL CAIRO.
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