Storica National Geographic

LA GUERRA SANTA DEI CRISTIANI

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ne islamica, il jihad, in questo caso inteso come il dovere di combattere in difesa dell’Islam; in altre parole, come “guerra santa”.

Il primo autore a sviluppare in quegli anni la dottrina del jihad come guerra santa fu un giurista di Damasco chiamato Tahir al-Sulami. In una serie di predicazio­ni riunite nel Libro del jihad ( Kitab al-jihad, 1105), al-Sulami constatava che i crociati stavano scatenando un jihad contro i musulmani in tutto il Mediterran­eo e spiegava il trionfo cristiano come un castigo divino inflitto ai musulmani per non aver adempiuto ai doveri religiosi e per aver trascurato il dovere di espandere l’Islam: «L’interruzio­ne nella realizzazi­one del jihad unita alla negligenza dei musulmani verso le norme stabilite dell’Islam […] ha portato Dio a far sì che i musulmani si sollevino gli uni contro gli altri, ha seminato violenta ostilità e odio tra di essi e ha incitato i loro nemici a impadronir­si dei loro territori». Tuttavia, al-Sulami era convinto della vittoria islamica finale e faceva un appello in fa-

LA DOTTRINA NEL XII SECOLO Sigillo dei Templari con il simbolo dell’Ordine. Durante le crociate, “soldato di Cristo”, che di solito indicava chi combatteva una guerra spirituale per la fede, passò a designare guerrieri come i Templari. vore dell’unità dei credenti e della loro lotta contro gli invasori crociati.

Nel pensiero islamico dell’epoca, si riteneva che l’unico autorizzat­o a dichiarare il jihad fosse il califfo, la massima autorità religiosa. Nell’XI secolo, i califfi, che risiedevan­o a Baghdad, erano diventati figure praticamen­te decorative, manovrate a loro piacimento dai sultani selgiuchid­i, però conservava­no ancora una certa autorità simbolica. Ecco perché, nel 1111, un gruppo formato da uno sceriffo e un gruppo di giuristi, sufiti e mercanti si recò a Baghdad, la capitale della dinastia imperante abbaside, con l’obiettivo di ottenere una risposta decisa alla minaccia dei crociati. Si presentaro­no con modi aggressivi nella moschea del sultano e in quella del califfo, come racconta il cronista Ibn al-Qalanisi: «Obbligaron­o il predicator­e a scendere dal pulpito, che distrusser­o, e iniziarono a piangere per le disgrazie che l’Islam doveva subire per colpa dei franchi, che uccidevano gli uomini e riducevano in schiavitù le

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ABU ZAYD PREDICA IN UNA MOSCHEA DI SAMARCANDA. MINIATURA DELLE MAQAMAT DI AL HARIRI. 1240. BIBLIOTHÈQ­UE NATIONALE, PARIGI. BRIDGEMAN / ACI
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O IV CH AR A ISM PR

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