Alfred Nobel, dagli esplosivi al premio
Alla fine della sua vita, l’industriale svedese, chimico esperto in esplosivi e fabbricante di armi, decise di dedicare la sua immensa fortuna ai premi internazionali che portano il suo nome
L’industriale svedese dedicò la sua immensa fortuna ai premi destinati a scienziati e letterati.
La Rivoluzione Industriale del XIX secolo portò con sé una grande richiesta di esplosivi, necessari per usi militari e civili, in particolare per il lavoro in miniera. Per quasi mille anni l’unica sostanza esplosiva conosciuta dall’umanità era la polvere da sparo, ideale per la sua maneggevolezza e sicurezza, ma la nuova era industriale esigeva esplosivi molto più potenti. Nel 1847 Ascanio Sobrero, chimico italiano, scoprì la nitroglicerina, una nuova sostanza molto più potente della polvere e che consisteva in un liquido instabile che esplodeva con grande facilità. Fu il chimico svedese Alfred Nobel che finì per scoprire l’esplosivo ideale per le necessità del mondo moderno, potente come la nitroglicerina e sicuro da maneggiare come la polvere da sparo: la dinamite.
Il padre di Alfred, Immanuel Nobel, era un industriale e inventore svedese che si stabilì in Russia al servizio degli zar. La sua fabbrica fornì armi all’esercito russo durante la guerra di Crimea (1853-1856), ma quando il conflitto si concluse la domanda di armamenti si ridusse
drasti- camente e l’impresa, nel 1862, finì nelle mani dei creditori. Alfred, che dall’età di cinque anni viveva con i genitori e i fratelli a San Pietroburgo, dove aveva iniziato gli studi di chimica, tornò a Stoccolma e proseguì le sue ricerche sugli esplosivi. Nel 1863 mise a punto un detonatore molto più affidabile per la nitroglicerina, ma la gestione di questo esplosivo continuava a essere molto pericolosa: nel 1864 un incidente fece saltare in aria il laboratorio dei Nobel e uccise cinque persone, fra cui Emil Nobel, fratello minore di Alfred. Nonostante questa disgrazia, egli continuò a fare ricerche e nel 1865 inventò un detonatore che utilizzava fulminato di mercurio.
L’eplosivo perfetto
Nel 1867, Nobel osservò accidentalmente che la diatomite, una roccia silicea di origine organica, assorbiva la nitroglicerina. Verificò che la miscela continuava a essere esplosiva e inoltre era molto più stabile e sicura da maneggiare. Alfred la chiamò dinamite, dal greco dynamis, “potere”. La scoperta gli portò immediatamente fama e ricchezza. Altri si sarebbero adagiati sugli allori, ma lui continuò a investigare e nel 1875 inventò una mi-
Nobel notò che la dinamite costituiva un esplosivo più stabile e sicuro da maneggiare EXTRADINAMITE DI ALFRED NOBEL. MUSEO NOBEL, STOCCOLMA. FAI / ALB UM
stura di nitroglicerina e nitrocellulosa più resistente all’acqua e più potente della dinamite originale: la gelignite.
Alfred Nobel morì a San Remo nel 1896, all’età di 63 anni, secondo uno studio pubblicato nel 1997 a causa di un’intossicazione di nitroglicerina. Quando venne aperto il suo testamento la sorpresa fu generale. Alla sua morte, possedeva 360 brevetti e novanta fabbriche in tutto il mondo e la sua fortuna personale ammontava a 33 milioni di corone svedesi, circa 330 milioni di euro attuali. Di questa immensa ricchezza i parenti avrebbero ricevuto solo 100.000 corone. Il resto sarebbe stato utilizzato per dare origine a una fondazione che ogni anno avrebbe premiato studiosi distintisi per ricerche in fisica, chimica, medicina, letteratura e nelle attività a favore della pace e del disarmo.
Pacifista e filantropo
Che cosa spinse Nobel a creare i suoi celebri premi, in particolare quello per la pace? È stato suggerito che un episodio lo colpì particolarmente e lo portò a riflettere sul suo lascito: quando nel 1888 morì il fratello Ludvig, un perio- dico francese, credendo che il defunto fosse Alfred, annunciò: «Il mercante di morte è morto». Di certo, Nobel si distinse sempre come mecenate delle scienze e sostenitore di molteplici cause. Quanto al premio per la pace, bisogna ricordare che la preoccupazione per la guerra e la corsa agli armamenti era molto diffusa nell’Europa della fine del XIX secolo. Libri di grande successo come Giù le armi, della baronessa Bertha von Suttner, o Le guerre future, di I. S. Bloch, contribuirono a dare vita a numerosi movimenti pacifisti che poterono contare su mecenati come
Andrew Carnegie, il grande industriale nordamericano dell’acciaio.
In questo contesto, il pacifismo militante di Alfred Nobel non risulta così insolito, ma come qualcosa di incoerente. Anche se la dinamite in sé ebbe un uso più civile che militare – esplode troppo facilmente dentro il cannone se si cerca di sparare un proiettile –, la famiglia Nobel fu sempre coinvolta nel commercio degli armamenti. Nel 1894, sei anni dopo la morte del fratello Ludvig, Alfred acquisì la Bofors, una fabbrica svedese che produceva acciaio, la potenziò e la convertì nella leggendaria fabbrica di cannoni che continua a essere tutt’oggi, e come direttore e principale azionista di questa impresa guadagnò molto denaro fino alla sua morte. Per di più, la sua ideologia era conservatrice: si opponeva al suffragio femminile e aveva un atteggiamento paternalistico nei confronti degli operai delle sue fabbriche.
Un testamento polemico
Il testamento di Nobel designava una serie di istituzioni come incaricate della consegna dei premi: l’Accademia Reale Svedese delle Scienze si sarebbe occupata dei premi di fisica e chimica, il Karolinska Institutet avrebbe consegnato quello per la medicina e l’Accademia di Stoccolma avrebbe stabilito quello per la letteratura, mentre il premio per la Pace era affidato al Parlamento della Norvegia, Paese che al tempo si trovava sotto la sovranità svedese. Che i norvegesi ricevessero l’incarico di assegnare il premio per la Pace risultava una scelta particolarmente
polemica, poiché proprio in quegli anni esisteva in Norvegia un importante movimento secessionista che ottenne l’indipendenza nel 1905. Inoltre, il re Oscar II di Svezia era furioso poiché considerava i premi una stravaganza che ogni anno avrebbe provocato la spesa di grandi somme di denaro da parte del suo Paese.
Anche i parenti diseredati erano scontenti. Non avevano problemi di denaro, poiché esercitavano numerose attività e possedevano pozzi di petrolio altamente redditizi nel Caucaso. Ma poiché le imprese di Alfred erano strettamente vincolate a quelle dei suoi parenti, questi potevano legittimamente lamentare che la liquidazione del patrimonio del defunto li avrebbe danneggiati. Emanuel Nobel, nipote di Alfred, fu uno dei pochi che appoggiarono la volontà dello zio.
Se una sola delle istituzioni designate da Nobel avesse declinato quell’ono- re non richiesto, tutto sarebbe fallito. Né il testamento né altri documenti asserivano alcunché sull’organizzazione della fondazione o il modo in cui si sarebbe dovuto amministrare il denaro. La visione di Nobel venne realizzata grazie a Ragnar Sohlman, un ingegnere di 26 anni che affrontò ogni aspetto, pubblico e privato, del lascito di Alfred. Lo fece da una caserma, mentre svolgeva il servizio militare. Cercò di ottenere una proroga, che gli fu negata a causa della crisi secessionista norvegese. Anche se affittò una casa vicino alla caserma, con segretari e aiutanti, spesso dipendeva dall’unico telefono del reggimento, riservato inizialmente agli ufficiali, a cui lo chiamavano incessantemente ministri e banchieri di diversi Paesi. Terminato il servizio militare, Sohlman andò a Parigi per farsi carico del patrimonio di Alfred prima che i suoi parenti prendessero delle misure per impedirlo. Le azioni e il denaro in metallo furono trasferiti in Svezia a poco a poco con invii postali, attraverso l’ambasciata e la ferrovia.
Il testamento concedeva a Sohlman 100.000 corone (una cifra pari a quella che Alfred lasciò all’intera famiglia), riconoscimento che si guadagnò, poiché nel 1901, dopo cinque anni di impegni, vennero finalmente concessi i primi premi Nobel. Da allora, l’impatto di questi premi è stato colossale, anche se non sono mancate le polemiche sugli eletti e i dimenticati, in particolare nel caso del Nobel della Pace; basta pensare che fra i nominati a questo premio arrivarono a figurare Hitler nel 1939 e Stalin nel 1945.