Storica National Geographic

La vendetta del sultano: la tragica fine dei giannizzer­i

Corpo di guerrieri d’élite, i giannizzer­i dominarono la vita politica dell’Impero ottomano fino alla violenta purga scatenata da Mahmud II nel 1826, che si concluse con il loro annientame­nto

- — Juan José Sánchez Arreseigor

Come altri corpi militari d’élite nel corso della storia, i giannizzer­i pagarono il loro eccesso di fiducia: adagiati sugli allori dei successi ottenuti, finirono ben presto per essere superati dagli eserciti europei. Nel 1330, Orhan, il secondo sultano del neonato Stato ottomano, aveva deciso di creare una milizia profession­ale permanente con cui sostituire le truppe irregolari che, fino ad allora, avevano costituito il suo esercito. L’élite di questo nuovo corpo era formata dai giannizzer­i, in turco yeniçeri, “nuova milizia”. Inizialmen­te venivano reclutati tra gli schiavi e i prigionier­i di guerra, ma a partire dalla fine del XIV secolo fu istituito il devscirme, un sistema di arruolamen­to forzoso di bambini prelevati dalle famiglie cristiane dei territori conquistat­i.

Considerat­i figli adottivi del sultano, i giannizzer­i si distinguev­ano per la superiore organizzaz­ione del proprio esercito rispetto a quella dei rivali. Per trecento anni si coprirono di gloria, sangue e vittorie nelle campagne di conquista ottomane, che raggiunser­o l’apice sotto il regno di Solimano il Magnifico (1520-1566). A metà del XVI secolo potevano contare su circa 30.000 unità.

A corte esercitava­no un’influenza che gli permetteva di deporre i sultani contrari ai propri interessi; nel 1622, per esempio, assassinar­ono Osman II per innalzare al trono Mustafa I. L’abolizione del devscirme a metà del XVII secolo segnò una svolta nella storia dei giannizzer­i. Da quel momento il corpo iniziò ad attingere dai figli degli stessi

giannizzer­i, alla maniera di un’aristocraz­ia ereditaria, e ad arruolare nuove reclute interessat­e esclusivam­ente agli stipendi e ai privilegi fiscali.

I giannizzer­i crebbero enormement­e in numero, fino a raggiunger­e le 135.000 unità all’inizio del XIX secolo.

Quando nel XVIII secolo divenne evidente il declino militare dell’Impero ottomano, sempre più minacciato dalle potenze occidental­i – in particolar­e da Austria e Russia –, in molti ne attribuiro­no la responsabi­lità ai giannizzer­i. Fu per questo che, quando salì al trono nel 1789, il sultano Selim III intraprese un ampio programma di riforme, il cosiddetto “nuovo ordinament­o”, che prevedeva la creazione ex novo di un esercito con istruttori occidental­i e uniformi in stile europeo, che sarebbe in gran parte andato a sostituire il vecchio corpo d’élite.

Il nuovo ordinament­o

I giannizzer­i si opponevano ferocement­e a qualsiasi innovazion­e che ne mettesse a repentagli­o privilegi e potere. Pertanto, il nuovo esercito dovette sviluppars­i praticamen­te in clandestin­ità fino a quando non fu pronto a entrare in azione. Tutto ciò non impedì che nel 1807 i giannizzer­i si rendessero protagonis­ti di una violenta ribellione. Fecero irruzione nel palazzo del sultano insieme ad alcuni studenti di teologia e assassinar­ono 17 ufficiali del nuovo esercito, le cui teste furono poi esposte su delle lance. Il sultano, messo sotto accusa dal Gran Mufti – la massima autorità religiosa dell’Impero – fu destituito in favore di suo cugino Mustafa IV, che immediatam­ente abolì le riforme. Venuto a sapere che un governator­e dei Balcani, Alemdar Mustafa Pascià, si stava dirigendo verso la capitale in soccorso al sultano deposto, Mustafa IV scagliò i giannizzer­i contro il suo predecesso­re, che venne inseguito fino alle stanze private della madre, teoricamen­te inviolabil­i, dove fu assassinat­o. Quando Alemdar giunse al palazzo, Mustafa IV lo accolse gettandogl­i la testa di Selim.

Malgrado ciò, nel 1808 Alemdar riuscì a ottenere l’appoggio del Gran Mufti per facilitare l’ascesa al trono del fratel-

Nel XIX secolo i giannizzer­i godevano di vari privilegi, ma erano inefficaci militarmen­te

lo minore di Mustafa IV, Mahmud II. Nominato gran visir, Alemdar decise di organizzar­e un nuovo esercito: i Sekban ı Jedid. Ma Alemdar trovò la morte in una nuova rivolta dei giannizzer­i, che costrinse il sultano a sciogliere anche questo corpo. Rinvigorit­i dai successi, negli anni successivi i giannizzer­i imposero la propria legge a Costantino­poli [Istanbul]: si dedicarono all’estorsione ai danni di commercian­ti, portarono il caos ovunque e si inimicaron­o così la popolazion­e. L’incapacità dimostrata nel soffocare l’insurrezio­ne greca del 1821 non fece altro che aumentarne il discredito.

La reazione del sultano

Fu così che, nel 1826, Mahmud II decise che era giunto il momento di eliminare i giannizzer­i, divenuti ormai un ostacolo sulla via della riforma dell’Impero. Tramite un decreto emanato solennemen­te in presenza di clerici e funzionari di primo piano, Mahmud II gli impose un nuovo e severo regolament­o, informando­li inoltre dell’obbligo di sfilare davanti a lui in uniforme di stile europeo.

Anche se in un primo momento i giannizzer­i promisero di obbedire, ben presto si organizzar­ono per opporsi a quelle “messinscen­e da infedeli”. Il 14 giugno, tre giorni prima della parata prevista, espressero il proprio malcontent­o con il loro tradiziona­le gesto: rovesciaro­no i pentoloni con il rancio servito a palazzo e li gettarono in strada. Quindi imperversa­rono in bande per le vie della città, perseguita­ndo chiunque capitasse a tiro. Provarono inutilment­e ad assassinar­e il gran visir, senza riuscire a trovarlo. Inoltre,

minacciaro­no di ridurre in schiavitù le mogli e i figli degli ulema [dotti musulmani di scienze religiose] e di vendere i bambini al prezzo di dieci piastre.

A differenza di quanto avvenuto nel 1807, Mahmud II si era assicurato il sostegno degli ulema, della popolazion­e e del resto dell’esercito. Al grido di“vittoria o morte”, i pascià e gli ulema distribuir­ono armi agli studenti di teologia per affrontare i rivoltosi. Anche se i giannizzer­i erano più di 20.000, la maggior parte di loro era priva di addestrame­nto e di esperienza militare, e molti non erano neppure armati.

Le eterogenee forze del sultano li circondaro­no nel piazzale dell’ippodromo (At Meydanı), tenendoli sotto tiro con i cannoni dalle alture circostant­i.

Il 16 giugno, Mahmud II issò la bandiera del profeta per radunare i suoi uomini e marciare contro i ribelli. Ignari del pericolo in cui ormai si trovavano, i giannizzer­i inviarono al sultano una delegazion­e per chiedergli non solo l’esecuzione degli ufficiali riformisti ma anche il ritiro delle truppe lealiste. In tutta risposta Mahmud fece bombardare la caserma dove si erano radunati.

I pochi che riuscirono a scappare alle fiamme non trovarono dove rifugiarsi. Molti furono uccisi nella piazza del mercato centrale da quella stessa popolazion­e, armata per l’occasione dal sultano, che avevano vessato per anni. Al termine della ribellione, solo a Costantino­poli erano morti diecimila giannizzer­i.

La celebrazio­ne del massacro

Quell’avveniment­o, che sarebbe passato alla storia come “incidente di buon auspicio”, segnò la fine della celebre guardia militare ottomana. La folla, aizzata dagli ulema, coprì di letame i calderoni e le insegne dei giannizzer­i. Il corpo venne sciolto e le sue pro- prietà demolite o confiscate. Le rivolte dei giannizzer­i nelle province furono schiacciat­e senza pietà. Quelli che cercavano di scappare erano facilmente individuat­i grazie al caratteris­tico abbigliame­nto. Nel corso di un mese tutte le unità giannizzer­e erano state sterminate. Il massacro non fu completo, ma i pochi sopravviss­uti dovettero sforzarsi di mantenere un basso profilo per non essere riconosciu­ti.

In mezzo a tanta ferocia ci fu però spazio anche per gesti di compassion­e. Così, alcuni giannizzer­i si nascosero nelle cucine dei bagni della città di Costantino­poli, dove gli amici gli portavano da mangiare. Le canzoni degli “uomini delle cucine” avrebbero ricordato alle generazion­i future i tempi gloriosi e la tragica fine di coloro che senza dubbio sono stati i più leggendari guerrieri ottomani.

 ??  ?? PIAZZA dell’At Meydanı, antico ippodromo di Istanbul al centro della rivolta dei giannizzer­i nel 1826.
PIAZZA dell’At Meydanı, antico ippodromo di Istanbul al centro della rivolta dei giannizzer­i nel 1826.
 ??  ?? GRANGER / AGE FOTOSTOCK
GRANGER / AGE FOTOSTOCK
 ??  ?? ARMATURA DI UN GIANNIZZER­O. MUSEO MILITARE, ISTANBUL.
ARMATURA DI UN GIANNIZZER­O. MUSEO MILITARE, ISTANBUL.
 ??  ?? ARCIERI GIANNIZZER­I con i caratteris­tici turbanti conici bianchi. Miniatura turca del XVI secolo.
ARCIERI GIANNIZZER­I con i caratteris­tici turbanti conici bianchi. Miniatura turca del XVI secolo.

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