Le sculture di Porcuna, apice dell’arte ibera
Nel 1970 in un oliveto nei pressi di Jaén venne a galla un complesso di straordinarie sculture che raffigurano aristocratici iberi
Agli inizi degli anni ’70 i proprietari di un oliveto ubicato nel Cerrillo Blanco, una collina situata a un chilometro e mezzo dal municipio di Porcuna (Jaén), trovarono nel loro terreno una bellissima testa di cavallo scolpita nella pietra. Allora non potevano immaginare che al di sotto del suolo che coltivavano giacesse il più importante complesso scultoreo dell’epoca ibera mai scoperto. Misero la testa sul tronco di un ulivo, come facevano con tutte le pietre che dissotterravano con gli aratri, e non fecero parola del ritrovamento.
Quando, nel 1975, vennero a galla più sculture, due zingari di Bujalance (Córdoba) ne vennero a conoscenza – non sappiamo come
– e, intuendo il valore delle opere, le comprarono agli agricoltori. Juan González Navarrete, all’epoca direttore del Museo di Jaén, restò probabilmente a bocca aperta quel 20 giugno del 1975 quando si trovò davanti le sei sculture che i due uomini gli stavano vendendo. Tra queste si trovavano le celebri Grifomachia e il Masturbatore, statue di inedita qualità nell’ambito dell’arte preromana della penisola iberica.
Il ricercatore concluse immediatamente l’affare acquistando non solo quelle opere, ma anche altre otto che i due gitani custodivano a Bujalance.
Archeologi alla riscossa
González Navarrete provò a farsi rivelare, inizialmente senza successo, il luogo di provenienza di quelle incredibili sculture, ma, a quanto affermarono gli uomini di Bujalance, i proprietari dei terreni non volevano avere niente a che fare con scavi archeologici o accordi con le autorità. Dopo ore di difficili trattative e la promessa di una giusta ricompensa, riuscì però a farsi riferire il luogo del ritrovamento.
Il giorno dopo, il direttore del museo di Jaén ottenne dai proprietari un’autorizzazione scritta per cominciare i lavori nell’oliveto in cambio di 30.000 pesetas (circa 180 euro dell’epoca) e, dalle autorità culturali, il permes- so per realizzare uno scavo d’urgenza. Giunti al Cerrillo Blanco, González Navarrete e i suoi collaboratori effettuarono una prima raccolta dei frammenti visibili, con cui riempirono un camion.
Gli scavi cominciarono il giorno dopo, domenica 22 giugno. Per evitare eventuali problemi futuri circa la proprietà delle opere, il direttore Navarrete comprò i terreni di tasca propria; solo nel 1998 vendette le sculture al comune di Porcuna.
Centinaia di frammenti
Durante la prima operazione si scavò nel terreno che era stato smosso dai bracconieri. A una profondità tra i 50 e i 90 centimetri fu- rono ritrovate delle grandi lastre che coprivano un fossato, dal quale fu possibile recuperare sette sculture grandi e centinaia di frammenti. Vicino al confine occidentale della proprietà venne individuata una delle opere più famose del complesso, il Guerriero insieme al suo cavallo, e anche un toro. In totale l’operazione si concluse con il rinvenimento di 1.274 sculture e cocci. Nell’operazione archeologica del 1976 si re-
cuperarono la testa del Guerriero dalla doppia armatura e una necropoli ibera adibita alla cremazione. L’anno successivo si scoprì che la necropoli anteriore era stata collocata su un cimitero tartessico del VII secolo a.C. che include
va una tomba di famiglia. Sembrava evidente una relazione diretta tra il complesso scultoreo e quell’ambito funerario.
Unire il puzzle
Dal momento stesso del ritrovamento si intraprese il lungo lavoro di ricostruzione delle figure, operazione complicata data la loro enorme frammentazione. Dapprima, coloro che ave- vano il compito di ristabilire i frammenti furono lo stesso direttore del museo di Jaén e lo scultore Constantino Unghetti, a cui si aggiunse in seguito l’archeologo e storico Iván Negueruela. Quest’ultimo racconta che si lavorava su tavoli foderati sui quali venivano sistemati ammassi indipendenti di piedi, braccia, gambe… Successivamente si cercava il modo di incastrare i vari pezzi: i piedi si confrontavano con i polpacci, i polpacci con le gambe, e così di seguito fino a che non si trovava l’incastro.
Le sculture sono state datate tra il 470 e il 420 a.C., ed è probabile che siano state fabbricate in una bottega che dedicò loro molti anni di lavoro. L’influenza greca risulta evidente sia nello stile che nelle scene illustrate. Tuttavia, l’abbigliamento e le armi raffigurate sono interamente locali. Non è chiaro se gli scultori fossero d’origine greca oppure indigeni. Certamente si nota un’evoluzione che dimostrerebbe una continuità a livello scultoreo anche dopo la scomparsa di un maestro originario.
Sebbene non esistano studi che lo attestino, tutto lascia pensare che la pietra calcarea impiegata proven-
Il complesso di Porcuna comprende cinque coppie di guerrieri che lottano fra loro
ga dalle cave di Santiago di Calatrava, situate a circa 180 chilometri da Porcuna.
Grifoni e serpenti
La qualità delle sculture è eccezionale: sono state ritratte perfino le trasparenze sotto i vestiti. Non sappiamo esattamente quante figure facessero parte del complesso. Forse erano più di 50, alcune isolate, altre che danno vita a scene e tutte collocate su una base. La maggior parte delle sculture è indipendente da muri e pareti, anche se ci sono vari altorilievi. Su alcuni frammenti sono stati trovati resti di pittura rossa. A parte le scene di guerra, nelle quali si è riuscito a identificare cinque coppie di guerrieri in lotta, troviamo altri personaggi. Ci sono uomini che combattono con animali mitologici, come nella Grifomachia; animali in libertà, come tori o aquile; carnivori che attaccano il bestiame; figure di antenati; possibili divinità come la Donna con il serpente o il Donatore di mufloni; animali mitologici, come il Grifone con il serpente o l’Arpia, e scene quotidiane, come Giovani che duellano o i cacciatori di lepri e quaglie.
Tutto lascia pensare che il complesso rimase esposto solo per poco tempo e che venne distrutto al massimo mezzo secolo dopo la sua realizzazione. Ci sono perfino opere che sembrano incomplete al momento della distruzione. Con particolare accanimento furono distrutti volti e simboli aristocratici. Probabilmente quest’ultimo elemento si deve a un tentativo di eliminare la memoria delle persone che quelle opere rappresentavano.
Incognite da risolvere
Sono ancora molti i dubbi che rimangono circa il significato del complesso. Si trattava per caso di un mo- numento in onore degli antenati eroicizzati? Oppure di un santuario? Fu distrutto da altri gruppi rivali, forse invasori? E, soprattutto: chi si prese la briga di seppellire le statue in un modo così scrupoloso? Purtroppo siamo ancora ben lontani dal decifrare tutti gli enigmi di un ritrovamento tanto straordinario quanto misterioso.
Nel frattempo, i guerrieri di Porcuna non smettono di emozionare coloro che li contemplano ancora oggi nella sala che li accoglie nel Museo di Jaén.