EVENTO STORICO
Le ceneri di Napoleone
L’ultimo viaggio dell’imperatore da Sant’Elena a Les Invalides.
Sconfitto nella battaglia di Waterloo, Napoleone Bonaparte fu catturato dagli inglesi e trasferito immediatamente in un’isola inospitale nel bel mezzo dell’Atlantico, Sant’Elena. Lì morì appena sei anni dopo, il 5 maggio del 1821, forse di tumore allo stomaco. In quegli anni di ozio forzato, circondato da pochi fedeli e sotto la rigida sorveglianza del governatore inglese, Napoleone pensava continuamente al passato, in bilico tra la nostalgia e l’autocritica. Forse per questo, po- chi giorni prima di morire, aggiunse al suo testamento una clausola nella quale esprimeva il desiderio di essere seppellito «sulle rive della Senna, tra il popolo francese che tanto ho amato».
Napoleone fu sepolto a Sant’Elena, all’interno di un terreno recintato. Le trattative per il trasferimento dei suoi resti in Europa furono avviate immediatamente. Per far ciò, il fidato Bertrand, un vecchio soldato dell’Impero napoleonico che era rimasto con il “grand’uomo” anche a Sant’Elena, chiese il permesso alle autorità bri- tanniche, che respinsero la richiesta. Rivolse addirittura un’istanza al governo francese dell’epoca, sorto dalla restaurazione della dinastia borbonica nel 1815. Tuttavia, era passato poco tempo e il re di Francia, Luigi XVIII, non aveva ancora smesso di considerare Napoleone come una sorta di nemico personale.
Secondo l’opinione pubblica monarchica, Napoleone era stato un usurpatore tirannico, colpevole di guerre devastanti che avevano distrutto completamente la Francia. La situazione
cambiò con lo scoppio della rivoluzione del 1830, grazie alla quale salì al trono un rappresentante della dinastia degli Orleans. Luigi Filippo I si presentava come un monarca liberale, erede dei princìpi più moderati della Rivoluzione e, quindi, in sintonia con buona parte di ciò che aveva rappresentato Napoleone. In tal modo si aprì uno spiraglio di speranza per il ritorno dei resti dell’eroe, rimpianto sempre più apertamente dai suoi vecchi sostenitori e, soprattutto, dalla gioventù romantica. Ciononostante, la prima proposta di un deputato dell’opposizione libera
le, Lamarque, fu re- spinta per decisione dell’Assemblea Nazionale: molti politici e il capo di stato temevano di riaccendere la fiamma di un passato inquietante.
Alla riscossa dell’eroe
Fu necessario attendere il 1840 affinché il re desse il suo consenso al progetto, condizionato dalle argomentazioni del primo ministro, Thiers, il quale riteneva che associare il destino di Luigi Filippo e degli Orleans alla gigantesca figura di Napoleone avrebbe accresciuto il suo prestigio. Così, il 12 maggio del 1840, Rémusat, ministro degli interni di Luigi Filippo, annunciò all’Assemblea che il governo britan- nico accettava di trasferire in Francia il corpo di Napoleone e che il re aveva affidato l’incarico al suo stesso figlio, il principe di Joinville. Inoltre, chiedeva ai deputati di approvare una voce di bilancio di un milione di franchi per finanziare il trasferimento del corpo e la costruzione a Parigi di un mausoleo che accogliesse i resti dell’imperatore. Secondo Rémusat, occorreva «innalzare e venerare senza paura la statua e la tomba di un eroe popolare, poiché c’è solo una cosa, una sola, che non teme il confronto con la gloria: la libertà!». La proposta suscitò un dibattito acceso tra favorevoli e contrari. Il poeta Lamartine, per esempio, avvertì: «Fate attenzione a questo culto al genio a tutti i costi. Non mi piacciono gli uomini che, come dottrina ufficiale, ostentano la libertà, la legalità e il progresso e, come simbolo, una spada e il despotismo».
Il 26 maggio l’Assemblea approvò il finanziamento, anche se venne bocciata l’ipotesi di aumentarne l’importo,
Napoleone voleva essere seppellito a Parigi, «tra il popolo francese che tanto ho amato»