Una notte nella Parigi della Belle Époque
Suzon, cameriera del celebre “bar” Folies Bergère, ci osserva dall’ultimo capolavoro di Édouard Manet, meravigliosa evocazione della Parigi di fine XIX secolo
Non un cabaret, ma un enorme locale dedicato a spettacoli che oggi si collocherebbero tra il music hall e il circo. Fondato nel 1869, non lontano dal centro di Parigi e vicino al corso che conduceva al quartiere bohémien di Montmartre, il bar delle Folies Bergère includeva canti, balli, pantomime, acrobazie e persino numeri con animali. Una volta comprato il biglietto (due franchi, secondo quando riporta la guida turistica Baedecker del 1878, la bibbia dei viaggiatori), si poteva guardare la scena dalla platea o godersela dal famoso promenoir, dov’erano ammessi spettatori in piedi. Si poteva anche bere qualcosa in un giardino rinfrescato dalle fontane o ammirare lo spettacolo da un palco. Nel promenoir, nei palchi o al bar si poteva anche entrare in contatto con l’altra faccia delle Folies. I rappresentanti della classe media della Parigi di fine secolo, gli aristocratici festaioli e gli artisti e scrittori habitué del locale – come lo stesso Ma- net o lo scrittore Guy de Maupassant (che nel 1885 ricostruì l’ambiente nel suo romanzo Bel Ami) – si intrattenevano con le prostitute, dalle costose cocottes d’alto bordo fino alle bellezze “sfiorite” e a buon mercato.
Tutto questo è rievocato nella tela Il bar delle Folies-Bergère. Anche se sembra quasi una fotografia, Manet la dipinse nel 1882. Ritrae Suzon e, dietro di lei, uno degli innumerevoli specchi che decoravano il locale, la cui superficie riflette la clientela dei palchi (tra cui una donna che osserva la scena con i suoi occhiali). Ciò è impossibile dato che i bar si trovavano al pianoterra. Sulla destra, lo specchio mostra la cameriera intenta a servire un cliente con un cappello a cilindro che, teoricamente, occupa il posto dello spettatore del quadro – altro fatto impossibile secondo le leggi della prospettiva. Per alcuni questo personaggio starebbe cercando di sedurre la cameriera, mentre per altri sarebbe lo stesso Manet, che con questa opera si congedava dalla Parigi tanto amata.