Storica National Geographic

COME FU COSTRUITO IL COLOSSO?

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lone. Alcuni sostengono che furono utilizzate delle lastre di bronzo martellate e collocate su un’intelaiatu­ra, un processo che richiede una minore quantità di metallo. Secondo altri ancora le singole parti del monumento vennero fuse separatame­nte in pozzi di dimensioni adeguate alla grandezza dell’opera. Ma di tali pozzi non è stata trovata alcuna traccia.

Una meraviglia di breve durata

Ma il Colosso, quell’audace “secondo Sole” di Carete, non era destinato a durare a lungo: un terremoto lo distrusse nel 226 a.C., prima ancora della fine del secolo che lo aveva visto nascere. E anche se il re d’Egitto Tolomeo III Evergete offrì un’ingente quantità di denaro e manodopera perché venisse eretto di nuovo, i rodiesi non osarono farlo a causa di un oracolo che lo sconsiglia­va.

I resti del gigante, rotto all’altezza delle ginocchia, giacquero al suolo per 900 anni, lasciando intraveder­e la complessa struttura interna e suscitando l’ammirazion­e di tutti. Non stupisce che lo scrittore greco Luciano

Non sappiamo con certezza che procedimen­to sia stato utilizzato per erigere il Colosso. Nell’opera De septem miraculis mundi, attribuita a Filone di Bisanzio, si racconta che fu necessaria una tale quantità di bronzo da lasciare praticamen­te vuote le miniere. Per far fronte alle enormi dimensioni della statua, innanzitut­to si fissarono i piedi del Colosso su un basamento di marmo, procedendo uno strato alla volta. Per garantire la stabilità del monumento si collocaron­o all’interno dei blocchi di pietra e si unirono le parti con dei perni in ferro. Tutt’intorno all’opera venne elevato un terrapieno, per permettere la fusione in situ. Alcuni studiosi ritengono che Filone si riferisse a un procedimen­to proprio di epoche successive e ipotizzano l’uso di lastre di bronzo martellato. di Samosata, nel II secolo d.C., affermasse iperbolica­mente che il Colosso di Rodi e il Faro di Alessandri­a erano visibili dalla luna. Nel 654, quando conquistò Rodi, il califfo Mu’awiya terminò di demolirlo e ne spedì il bronzo in Siria, dove venne comprato da un ebreo di Edessa (attuale S,anlıurfa). Secondo fonti bizantine, al nuovo acquirente servirono almeno 900 cammelli per portarselo via.

La forza della leggenda avrebbe finito per caratteriz­zare la rappresent­azione più conosciuta del gigante scomparso. Nel 1572 l’artista olandese Marten van Heemskerck dipinse il Colossus Solis che si staglia all’entrata del porto di Rodi: il Colosso regge un recipiente con una fiamma con la mano destra, mentre una nave con le vele spiegate gli passa tra le gam-

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ATENA DEL PIREO. PARTICOLAR­E DELLA STATUA DELLA DEA, DEL IV SECOLO A.C., OTTIMO ESEMPIO DI STATUA IN BRONZO DI GRANDI DIMENSIONI. MUSEO ARCHEOLOGI­CO DEL PIREO, ATENE. E NZ RE FI A, AL SC / A DE
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