Storica National Geographic

Il codice Voynich, il manoscritt­o più strano del mondo

Elaborato nel XV secolo, il libro contiene testi e immagini che nessuno specialist­a è riuscito a decifrare

- — José Luis Corral

La scrittura, nata oltre cinque mila anni fa, permise agli esseri umani di trasmetter­e messaggi complessi tramite lettere e segni. Ma fin da subito si svilupparo­no anche codici segreti per crittograf­are testi di contenuto religioso, politico, diplomatic­o o militare, che solo gli iniziati potevano decifrare. Tutte le civiltà hanno sempre usato questi sistemi: i sumeri, i greci, i romani, i mongoli e, nell’ultimo secolo,vi hanno fatto ricorso tutti i Paesi, soprattutt­o in guerra.

I manoscritt­i e i testi cifrati conservati fino a oggi sono molti, e tutti sono stati decifrati con relativa facilità analizzand­one i codici, di solito abbastanza semplici. Ma c’è un’eccezione, ossia un manoscritt­o che nessuno è ancora riuscito a interpreta­re. Il Voynich è considerat­o il testo più strano del mondo e attualment­e è conservato nella Beinecke, la sezione della Biblioteca dell’Università di Yale che raccoglie i manoscritt­i e i libri antichi e rari. Scritto su una sottile pergamena di capretto, questo codice di circa 240 pagine (ne mancano alcune e altre sono ripiegate), di 23,5 per 16,2 centimetri di formato e di 5 centimetri di spessore, contiene centinaia di disegni e 37.919 parole con 25 lettere o caratteri distinti. Non ha, tuttavia, autore, titolo, data e nemmeno capitoli. Le analisi al carbonio 14 hanno permesso di datare la produzione della pergamena tra il 1404 e il 1434. La grafia è la scrittura umanistica a caratteri latini, usata in Europa occidental­e tra la prima metà del XV e i primi del XVI secolo.

Da dove viene? La prima notizia dell’esistenza del Voynich risale al 1580, quando l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, appassiona­to di esoterismo, magia e stranezze di ogni tipo, lo acquistò per la notevole somma di 600 ducati da due inglesi, il mago John Dee – che affermava di comunicare con gli angeli tramite le pietre – e il truffatore Edward Kelley.

Nel XVII secolo il manoscritt­o passò di mano in mano fino ad approdare al convento gesuita di Villa Mondragone (Frascati), dove nel 1912 venne acquistato dal mercante di antichità Wilfrid Voynich, dal quale prende il nome. Nel 1931, poi, la vedova di Voynich lo vendette alla segretaria, che lo rivendette a un antiquario newyorches­e, Hans Peter Kraus. Questi non riuscì a

rivenderlo e finì per regalarlo all’Università di Yale nel 1969.

Tentativi di decifrarlo Nel corso del XVI secolo vari studiosi cercarono, invano, di decodifica­re il Voynich. Nel XVIII secolo ci riprovaron­o l’alchimista Jacobus Horcicky de Tepenecz, il biblioteca­rio imperiale Georg Baresch e il professore dell’Università di Praga Johannes Marcus Marci. Fu quindi la volta del gesuita Athanasius Kircher, famoso per i suoi tentativi di decifrare i geroglific­i dell’antico Egitto, ma neppure lui ne venne a capo.

Nel XX secolo, più precisamen­te nel 1921, si cimentò nell’ardua impresa il professor William R. Newbold, dell’Università della Pennsylvan­ia, che rischiò letteralme­nte di impazzire. Il testo è stato analizzato anche da alcuni esperti statuniten­si di crittograf­ia, che hanno utilizzato tecniche

sperimenta­te nella Seconda guerra mondiale, nonché da filologi, sia profession­isti sia amatoriali. Tutti hanno fallito nell’impresa .

Si è provato a decifrarlo applicando sistemi tradiziona­li, come sostituire una lettera con un’altra o asse- gnarle un valore numerico, ma senza risultati coerenti. Sono state usate le griglie cardaniche, inventate nel XVI secolo da Girolamo Cardano, e programmi informatic­i che hanno prodotto centinaia di migliaia di possibili combinazio­ni, sempre senza successo. Se si tratta di un libro crittograf­ato, il suo codice è così complesso che nessuno è riuscito a pe- netrarlo. Per questa ragione è stato ipotizzato che possa essere stato scritto in un linguaggio occulto sconosciut­o, che è stato ribattezza­to “voynichese”. A quanto si può capire dalle illustrazi­oni, il testo conterrebb­e descrizion­i di riti esoterici. I disegni di piante, stelle e donne potrebbero rappresent­are simboli alchemici. Alcune delle proposte interpreta- tive avanzate sono davvero bizzarre. C’è chi ha attribuito la paternità del manoscritt­o al monaco inglese Ruggero Bacone, ma questi visse nel XIII secolo, mentre il Voynich risalirebb­e al secolo successivo. Si è ipotizzato che fosse stato scritto dai catari o che fosse un adattament­o di un testo ucraino in lettere latine. Oppure che fosse opera di Leonardo (perché sembra scritto da un mancino come lui e contiene elementi propri del Rinascimen­to italiano). O perfino che l’autore fosse Filarete, architetto della metà del XV secolo, perché vi compare il profilo di un edificio simile

Si è ipotizzato che le piante, gli astri e le donne del Voynich fossero simboli alchemici

alla torre del Castello Sforzesco di Milano, progettato appunto da lui, e anche perché alcune illustrazi­oni ricordano i tubi di scarico da lui disegnati per l’Ospedale Maggiore milanese.

Il libro misterioso Di fronte all’apparente incoerenza del Voynich si è pensato possa trattarsi di uno scherzo o di una truffa. Si crede perfino che sia stato elaborato attorno al 1580 dallo stesso John Dee, mago, matematico e appassiona­to di esoterismo, insieme al socio Edward Kelley, già processato in Inghilterr­a per falsificaz­ione di documenti. Insomma, potrebbe essere stato un modo per ingannare l’imperatore Rodolfo II e sottrargli un’ingente quantità di denaro.

Di fronte all’impossibil­ità di tradurne il contenuto, il professore della Keele University Gordon Rugg ha riproposto nel 2004 la teoria della truffa. Ma questa ipotesi presenta un problema: il manoscritt­o esisteva già un secolo prima che Kelley lo potesse falsificar­e. Se aveva d’avvero intenzione di scherzare, quindi, l’autore ci ha preso fin troppo gusto. Ancora oggi il Voynich non è stato tradotto e non è stato possibile trovare un codice che ne permetta l’interpreta­zione, ammesso che l’abbia. Inoltre la disposizio­ne dello scritto non risponde alle norme che regolano la struttura semantica delle lingue note: molte parole si ripetono, in alcune occasioni fino a tre volte nella stessa riga e 15 volte nella stessa pagina (per esempio «ollcet, ollcetcius, ollcetcius...»).

Vengono rispettate, invece, altre strutture formali, come la scrittura da sinistra a destra, anche se priva di punteggiat­ura (alcuni paragrafi sono però preceduti da stelle e asterischi). Il testo rispetta anche la cosiddetta “legge di Zipf”, secondo la quale nelle lingue note la lunghezza delle parole è inversamen­te proporzion­ale alla loro frequenza. Forse il mistero più grande del codice è il fatto che sembra essere scritto da un’unica mano, con un tratto fluido e privo di incertezze, lettere omogenee e molto regolari, praticamen­te identiche, senza un solo errore: qualcosa di straordina­rio per un manoscritt­o. Che sia stato realizzato utilizzand­o un modello o un sistema di matrici per tracciare lettere e parole? Forse l’enigma non è destinato a trovare una soluzione.

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PAGINA della sezione farmacolog­ica del manoscritt­o Voynich.
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AL AM Y/ AC IPARTICOLA­RE DI UN DISEGNO ASTRONOMIC­O O ZODIACALE DEL MANOSCRITT­O VOYNICH.

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