PAPIRO LA GRANDE INVENZIONE DELL’ EGITTO
Dal fusto di questa pianta che cresceva nelle paludi del Nilo si ricavava la superficie più funzionale alla scrittura dell’antichità
In epoca faraonica il delta del Nilo, con il suo paesaggio ricco di vita e di colori, costituiva per gli egiziani un’inesauribile fonte di ricchezza agricola. Per secoli fiorirono in quell’ambiente privilegiato vigneti, campi di grano, giardini in cui crescevano alberi da frutto e ortaggi di ogni tipo, e colture di lino.
Tuttavia, fu soprattutto una delle molte piante coltivate nel delta ad acquisire un’importanza emblematica: una specie di canna, che cresce nelle paludi, è di color verde intenso e può superare i quattro metri di altezza. Gli antichi egizi le davano vari nomi: mehyt (letteralmente,“pianta delle paludi”), chuty o uady (termini che si riferiscono alla fioritura o al verde, colore associato alla rinascita e alla freschezza). Secondo alcuni ricercatori, il termine che è all’origine della denominazione odierna, papiro, risalirebbe all’espressione pa-en-per-aa, che significa“faraonico”o“ciò che appartiene al re”. Rimanderebbe quindi all’utilizzo di tale pianta nella produzione della prima forma di carta conosciuta nell’antichità, un’attività che generava notevoli profitti ed era perciò monopolio del faraone.
Ben presto il papiro assunse un significato simbolico. Data la sua particolare abbondanza nella zona del delta del Nilo, a partire dall’epoca predinastica divenne la pianta araldica del Basso Egitto, mentre quella dell’Alto Egit-
to era il loto. Poiché si trattava di una specie caratteristica di ambienti acquatici, i teologi sostenevano che crescesse direttamente dal Nun, l’oceano primordiale che esisteva prima della creazione del mondo, e che le sue radici arrivassero fino al Benben, la collina emersa dall’abisso in cui erano sorti i primi dèi e i primi esseri viventi. Si credeva anche che il cielo e la terra fossero separati da quattro pilastri di papiro, ed è per questo motivo che nelle sale ipostile dei santuari i capitelli avevano di solito la forma di questa pianta. Il papiro era inoltre considerato un simbolo della rinascita del defunto nell’aldilà, perché era associato alla freschezza e all’abbondanza di vegetazione. Nei Testi delle piramidi
è riportata una
formula in cui il defunto dichiara di impugnare uno scettro di papiro per proteggersi nell’oltretomba.
Anche le divinità erano rappresentate con uno scettro a forma di papiro, che ne simboleggiava il potere. Molte di loro, come Bastet, Neith o Hathor, erano direttamente collegate a questa pianta. Proprio in onore di Hathor si sventolavano dei fusti di papiro, perché il fruscio prodotto ricordava il suono del sistro, strumento musicale sacro alla dea. Va ricordato che a questa specie palustre era connessa anche la dea Uadjet, patrona del Basso Egitto, il cui nome significa “del colore del papiro”.
Un materiale versatile
Gli egizi usavano la pianta in vario modo. Alcune parti, come il fusto e le radici, erano utilizzate come alimento, sia crude sia cotte. Con il fusto si fabbricavano anche numerosi
Con i fusti del papiro si potevano produrre corde, ceste, mobili o sandali