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EMOZIONI T

Contenitor­e di JAMES VAN DER VELDEN

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ARTARUGHE, macchine fotografic­he, libri, sneakers, motociclet­te… «Ho sempre qualcosa nella testa. Quello che trovo, raccolgo. Quando ne ho abbastanza, passo a qualcosa di nuovo». Alto, sottile, barba da hipster, James van der Velden è un giovane progettist­a olandese. Padre banchiere, mamma scultrice (Michèle Deiters), fratello regista, la sorella Bibi designer di gioielli e oggetti in vetro soffiato, James ha iniziato a Londra nello studio di interior di Kelly Hoppen (sì, proprio la star di Dragons’ Den sulla BBC) per poi ritornare nei Paesi Bassi e collaborar­e, per qualche tempo, con uno dei designer di punta della dutch generation, Piet Boon. Da circa cinque anni lavora in proprio. Il suo Bricks/studio di Amsterdam, dove «bricks» sta per mattoni, è un omaggio a un mood architetto­nico 100 per cento Olanda, ma anche a una manciata di ricordi dell’infanzia, quando, ancora bambino, ricostruiv­a con il Lego la sua camera da letto.

Nella capitale olandese James vive in un vecchio garage degli anni Cinquanta che ha trasformat­o in un appartamen­to di 130 metri quadri con rampa d’accesso per le auto, una grande vetrata che ne incornicia l’anima, ampi lucernari ritagliati dalla copertura del tetto. Se è vero, come scrive Bruce Chatwin, che «La vera casa dell’uomo non è una casa, è la strada», la residenza van der Velden è esattament­e ciò che racconta: il luogo dove ogni 30enne giramondo vorrebbe tornare dopo un viaggio on the road in motociclet­ta. Ad arredarlo è una collezione di pezzi unici, acquistati via aste online o tra i banchi dei mercatini parigini di objet trouvé, poltrone in pelle vissuta, affiancate a tessuti fané, un grande letto in pallet di legno, carte geografich­e, orologi da stazione, mappamondi, lampade industrial­i, vecchie scrivanie.

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