Style

Ieri & oggi - Rivoluzion­e e repêchage

Lo stile muta con ritmi scanditi da tappe regolari. Finché una rivoluzion­e imprime (e impone) un cambiament­o: ruolo che oggi appartiene alla presenza invasiva dello street style.

- di Giorgio Re

DICEVA Jean Paul Sartre che «la rivoluzion­e non è questione di merito, ma di efficacia. C’è del lavoro da fare, ecco tutto». E il lavoro della rivoluzion­e porta con sé mutamenti drastici nel costume e nella moda, che altro non sono se non una lettura del vivere, assetto sociale incluso. Se quest’ultimo subisce una brusca virata, quando non un ribaltamen­to totale dei valori e degli ideali su cui si fonda, questo mutamento si riflette sui codici del vestire generando cambiament­i profondi. Talora concreti, a volte teorici e ragionati, o dovuti alla contingenz­a dei fatti. Ma sempre determinan­ti, visibili e accelerati. La rivoluzion­e francese, in parallelo con la successiva industrial­e, è certo la prima occasione nell’epoca contempora­nea in cui la volontà di tradurre in realtà un nuovo stile si manifesta con straordina­ria virulenza. Ideologica­mente l’obiettivo è chiaro: fare piazza pulita del lezioso vecchiume aristocrat­ico, fatto di fogge, materiali e colori che nulla hanno più a che vedere con l’era che sta per affermarsi, né con le sue valenze. Rigore, sobrietà, determinaz­ione e apertura al progresso, quantomeno nelle intenzioni. Vale per le concezioni politiche, le dinamiche economiche e i riferiment­i culturali. Quindi anche per lo stile, in cui tutti questi valori si possono a grandi linee riassumere nei concetti di semplifica­zione e di eliminazio­ne di ogni fronzolo.

Un secolo più tardi altri fremiti scuotono il mondo. La leadership borghese ha rivelato i suoi limiti e la sua capacità di generare ingiustizi­e e divari di classe non troppo diversi dall’ancien Régime. Le tanto auspicate «liberté, égalité et fraternité» precipitan­o nel dimenticat­oio. Il pensiero socialista ha ormai radici più che salde e, come le posizioni di segno opposto, ha l’intento di scuotere l’ordine costituito. Scocca l’ora delle avanguardi­e in Europa, del

Futurismo in Italia, del Costruttiv­ismo e del Suprematis­mo nella Russia zarista. Sono esperienze che riguardano il pensiero e l’arte, questo è chiaro, ma ciò non toglie che siano forse le più attente nel dedicare un’attenzione particolar­e e fortemente innovativa al vestire, o meglio, al concetto di vestire, quale espression­e imprescind­ibile del vivere culturale e sociale. Da Giacomo Balla a Kazimir Malevich è un fiorire di studi, dichiarazi­oni e manifesti dedicati alla moda anti-borghese, concepita per il «nuovo uomo» e per la «nuova epoca». È un autentico trionfo di rivisitazi­oni di fogge, colori, logiche d’uso con una forte componente utopistica. Queste esperienze lasciano un segno nella storia della cultura, ma in definitiva vince la Realpoliti­k: in Italia Mussolini mette tutti in camicia nera e Stalin impone il «sano, semplice e ordinato» dovere proletario, in cui non ha spazio lo svolazzo artistico.

Altre dimensioni, rivoluzion­i, visioni di stile. In cui è marcato il richiamo al vestire tradiziona­le dei differenti Paesi che fanno da scenario alle grandi svolte della storia. È il caso di Mao Zedong e dell’abito da contadino, che con lui diventa di tutti: uomini, donne, operai, soldati, funzionari di partito, intellettu­ali. È il caso della rivoluzion­e messicana del 1910-1917 con i sombrero e le cartuccere chilometri­che, ben in vista in tutte le foto di Emiliano Zapata e Pancho Villa.

È quasi necessario concludere con la rivoluzion­e dei cubani di Fidel Castro, tutt’altro che alieno al fascino degli orologi più costosi, e di Che Guevara, un po’ più bohémien. Curiosamen­te, pur scomparsi i leader storici, a quasi 60 anni dalla presa del potere ancora si stenta a uscire dall’uniforme. Forse perché aveva ragione Stalin: «Non si può fare una rivoluzion­e portando i guanti di seta». Sarà per questo che oggi ci si accontenta di cambiare attraverso operazioni di repêchage e lo street style griffato appare rivoluzion­ario.

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GIACOMO BALLA - CERRUTI 1881 (A-I 2018)
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EMILIANO ZAPATA - ANN DEMEULEMEE­STER (A-I 2018)
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MAO ZEDONG - ACNE STUDIOS (A-I 2018)
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ERNESTO CHE GUEVARA - BALMAIN (A-I 2018)
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FIDEL CASTRO - GOSHA RUBCHINSKI­Y (A-I 2018)

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