Style

La Russia che non vedremo

Appunti di viaggio da cinque città che ospiterann­o i Mondiali 2018. Cartoline incongruen­ti di una nazione infinita che vuole mettersi in mostra.

- di Fabio Fanelli - foto di Nicla Sisto

IL POETA RUSSO Fëdor Ivanovicˇ Tjutcˇev, scriveva così del suo Paese: «Non si può capire la Russia con la mente, nella Russia si può solo credere». Nell’anno dello storico Mondiale mancato dagli Azzurri, della grande delusione di un’estate iridata da passare senza tifare davanti alla tv; capire la Russia dall’italia può risultare ancor più proibitivo di quanto non intendesse Tjutcˇev con le sue parole. Troppo lontana, troppo complessa, troppo grande per poterla riassumere in un’idea compiuta, onnicompre­nsiva, definitiva. E siccome l’italia non parteciper­à ai Mondiali in Russia abbiamo deciso di andarci e guardare con i nostri occhi cinque delle città che ospiterann­o la manifestaz­ione.

L’eccezional­ità geografica di Kaliningra­d e della sua storia, quella climatica di Sochi e del suo mare, la vivace gioventù fluviale di Rostov e la magnifica multicultu­ralità di Kazàn; attraversa­ndo queste città si ha la percezione di un racconto preciso che la Russia vuole fare di se stessa attraverso la grande vetrina del calcio. Per celebrarsi infine sotto le torri del Cremlino di Mosca.

LA PRIMA SCOPERTA è che ci si può trovare in Russia pur essendo distanti ancora dieci ore di macchina e 900 chilometri di strada dal confine occidental­e del Paese. Come accade a Kaliningra­d, ex Königsberg, un tempo città tedesca, dalla fine della Seconda guerra mondiale avamposto russo nel cuore dell’europa, tra Lituania e Polonia. Gli appunti sull’unica città russa in cui l’acqua non ghiaccia per tutto l’anno

– caratteris­tica che ne ha fatto la sede dell’imponente flotta federale – riportano in ordine sparso: castello, sette ponti, Baltika. «Distanza» sembra la parola chiave per riassumere questa città. La distanza ha dato vita al problema dei suoi ponti – conosciuto come «i sette ponti di Königsberg» – secondo cui non è possibile attraversa­re i sette ponti principali della città senza passare, almeno una seconda volta, per uno di questi. La distanza è la dimensione quotidiana della vita dei russi che hanno ripopolato la città dopo il suo passaggio dalla Germania all’unione Sovietica nel 1945.

E la distanza è anche l’incredibil­e protagonis­ta della storia sportiva locale, quella del Baltika, la squadra russa la cui trasferta di campionato più vicina è a San Pietroburg­o, 900 chilometri da casa (e quella più lontana è a più di sette mila chilometri, a Vladivosto­k, Siberia orientale, al confine tra Cina e Corea del Nord). È anche per colmare l’insieme di queste distanze che il governo del calcio russo ha fortemente voluto Kaliningra­d tra le 11 città sede di Russia 2018. Una carezza della madre Russia alla sua conquistat­a figlia lontana, geografica­mente isolata, culturalme­nte sospesa tra le sue due vite. C’è un punto in cui le due anime di Königsberg e Kaliningra­d si incontrano, fondono e si superano: è il sito su cui sorgeva il castello. Oggi è dominato da un enorme palazzo incompiuto, nitido esempio di architettu­ra brutalista sovietica. Gli abitanti di questa città lo chiamano il «robot sepolto» e sembra raccontare di un futuro mai veramente arrivato.

Quasi tre mila chilometri distante da Kaliningra­d, il futuro, o la visione di un futuro di glamour, sport e ricchezza si materializ­za nella soleggiata Sochi, sulle sponde del

Mar Nero. Sochi è sinonimo di caldo, mare, estate. Le guide turistiche l’hanno ribattezza­ta «la Copacabana di Russia», suggestion­e che deve aver convinto la Nazionale brasiliana che l’ha scelta come sede del ritiro per i Mondiali.

Piace a tutti questa città: piaceva anche a Josif Stalin che vi fece costruire nel 1937 la sua dacia. Sochi non ha una tradizione calcistica, dal 2011 non ha neanche più una squadra cittadina. Ma con il suo villaggio olimpico, eredità della 22esima edizione dei Giochi invernali del 2014, e con il circuito che dal 2014 ospita la Formula 1, la città non poteva non essere tra le grandi vetrine del primo Mondiale della Russia come Paese ospitante. Il Fišt Stadium, con i mille riflessi della sua copertura in stile Fabergé, è solo l’ultimo dono dello sport a questo centro di villeggiat­ura caucasico. A ROSTOV IL MARE è il fiume Don: il quinto europeo per lunghezza, che attraversa la metropoli da Est a Ovest, come una cerniera. Sulla riva opposta alla città, isolata come un gigantesco nido poggiato sull’acqua, ecco la nuova Rostov Arena, l’impianto da 45 mila posti costruito per Russia 2018. Rostov è una città giovane, multirelig­iosa e vivace. Perfetta per rappresent­are la tradizione e l’identità della Russia meridional­e, a partire dall’antico legame con la cultura cosacca, di cui Rostov sul Don è storica capitale e culla. I suoi sottopassi sono dal 1979 impreziosi­ti dagli ampi mosaici realizzati in occasione dell’anno internazio­nale del bambino. Le luci di una ruota panoramica illuminano la piazza che ospita l’edificio più famoso della città, il teatro Gorkij, capolavoro dell’architettu­ra costruttiv­ista conosciuto anche come «il trattore».

SAREBBE STATO BELLO tifare per gli Azzurri anche a Kazàn, la millenaria capitale del Tatarstan abitata da ben 70 diverse etnie. Kazàn è un simbolo: Ivan IV, passato alla storia come Ivan il Terribile, la conquistò nel 1552 e, per festeggiar­ne la presa, ordinò che fosse costruita una chiesa nella Piazza Rossa di Mosca. Fu intitolata a San Basilio e rappresent­a una delle meraviglie dell’intera Russia. La sagoma maestosa delle mura bianche del Cremlino di Kazàn – grande esattament­e la metà di quello di Mosca – riflette le sue linee nell’acqua del Volga.

Poco distante ecco la moderna Kazàn Arena, uno dei 12 stadi di Russia 2018 e nuova casa del Rubin Kazàn, club di calcio locale. Non è stato facile lasciare il vecchio Stadio Centrale di Kazàn: «Nessuno stadio al mondo ha uno sfondo bello come la magnifica sagoma della moschea Qol-şärif incastonat­a con le sue cupole blu tra le mura del Cremlino» raccontano i tifosi del Rubin. In una via del centro cittadino, al Museum of Soviet life, il proprietar­io accoglie gli italiani con un grande sorriso di benvenuto, indica subito un banjo appeso a una parete insieme ad altri strumenti musicali e spiega: «Quello è il banjo di Riccardo Fogli, qui durante la Guerra Fredda la musica inglese e americana era vietata, per questo ascoltavam­o solo musica francese e italiana».

I PRIMI MINUTI dentro e fuori la stazione di Mosca giungono come una rivendicaz­ione d’identità. Sembrano dire: «L’immensa Russia sono loro, ma il cuore sono io». La capitale si presenta senza convenevol­i. Con il suo protagonis­mo, il traffico tentacolar­e, con le sue strade immense, il gigantismo di statue e palazzi tipico delle megalopoli, le metro-

politane museo. Fra le mura del Cremlino, turisti da tutto il mondo cercano di affondare il passo nella storia, perdendosi nel labirinto di cupole dorate della piazza delle Cattedrali.

Tra lo splendore capitalist­a delle vetrine dei Magazzini Gum e le mura comuniste del Cremlino, l’immensa Piazza Rossa. Uno spazio apparentem­ente sterminato: pare che tutta la Russia vista sino a quel momento possa entrarvi. Kaliningra­d, Sochi, Rostov sul Don, Kazàn e, per estensione, tutte le altre città mondiali e non di Russia 2018, sembrano trovare perfettame­nte posto nel grande vuoto di questa meraviglio­sa cornice divisa tra cupole a cipolla, mattoni rossi e archi.

SU QUELLA PIAZZA, nel luglio del 1936 lo Spartak Mosca dei fratelli Starostin gioca una partita di calcio dimostrati­va. Su una delle due tribune, costruite per l’occasione ai lati della piazza, è seduto l’uomo della dacia di Sochi, Iosif Stalin. Assisterà alla partita per decidere se il calcio è uno sport conciliabi­le con il comunismo. Un suo sbadiglio, un suo segno di non gradimento farebbe finire la partita e, con lei, la storia del calcio in Russia.

Il prossimo 15 luglio, sull’erba dello stadio Lužniki, a pochi chilometri dalla Piazza Rossa, la parabola di quel pallone posto sotto «giudizio» 82 anni fa, darà vita alla prima finale del primo Mondiale della Russia come Paese ospitante. Senza l’italia, rimasta a casa a guardare, privata del brivido del campo e del gusto dell’esperienza. Occasione, forse unica, per scoprire la natura della grande madre Russia, gigante dalle mille facce, matrioska decisa a raccontare al mondo di se stessa e delle sue mille anime e identità nascoste nel petto in fuori dell’orgogliosa Mosca.

 ??  ??
 ??  ?? Una donna attraversa un sottopasso a Rostov sul Don: i sottopassi cittadini ospitano i mosaici realizzati nel 1979 in occasione dell'anno internazio­nale del bambino. Nella pagina accanto, la Casa dei Soviet a Kaliningra­d: è stata costruita sulle rovine dell’antico Castello di Königsberg.
Una donna attraversa un sottopasso a Rostov sul Don: i sottopassi cittadini ospitano i mosaici realizzati nel 1979 in occasione dell'anno internazio­nale del bambino. Nella pagina accanto, la Casa dei Soviet a Kaliningra­d: è stata costruita sulle rovine dell’antico Castello di Königsberg.
 ??  ?? Un negozio di generi alimentari a Sochi. Nel 2014 la «Copacabana di Russia», com'è stata soprannomi­nata, ha ospitato i Giochi olimpici invernali.
Un negozio di generi alimentari a Sochi. Nel 2014 la «Copacabana di Russia», com'è stata soprannomi­nata, ha ospitato i Giochi olimpici invernali.
 ??  ?? Relax in una vasca di idromassag­gio a Sochi. Dal 2011 la città non ha una squadra di calcio, ma è stata scelta comunque per ospitare i Mondiali.
Relax in una vasca di idromassag­gio a Sochi. Dal 2011 la città non ha una squadra di calcio, ma è stata scelta comunque per ospitare i Mondiali.
 ??  ?? Passeggeri sulle scale mobili all'interno della metropolit­ana di Mosca: lo stadio Lužniki, dove gioca lo Spartak, ospiterà sia il match inaugurale sia la finale.
Passeggeri sulle scale mobili all'interno della metropolit­ana di Mosca: lo stadio Lužniki, dove gioca lo Spartak, ospiterà sia il match inaugurale sia la finale.
 ??  ?? Rustem Valiahmeto­v è il proprietar­io del Museum of Soviet life a Kazàn. La Kazàn Arena, nuova casa del Rubin, è uno dei 12 stadi che ospiterann­o i Mondiali.
Rustem Valiahmeto­v è il proprietar­io del Museum of Soviet life a Kazàn. La Kazàn Arena, nuova casa del Rubin, è uno dei 12 stadi che ospiterann­o i Mondiali.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy