La violenza che fa riflettere
dalla serie cult sulla Camorra a una guerra tra narcos. in «soldado» il regista stefano sollima racconta il traffico di esseri umani al confine tra Usa e Messico. e la politica che sfrutta le paure.
Fino a che punto siamo disposti ad arrivare per proteggere i nostri confini? In Soldado (al cinema dal 18 ottobre) l’agente federale Matt Graver (Josh Brolin) e il misterioso Alejandro (Benicio Del Toro) arrivano persino a rapire una bambina, «colpevole» di essere la figlia di un narco-boss, pur di scatenare una guerra tra i cartelli della droga messicani, che avrebbero aiutato alcuni terroristi islamici a passare illegalmente il confine con gli Stati Uniti. A dirigere il secondo capitolo della saga iniziata nel 2015 con Sicario di Denis Villeneuve è il regista di Gomorra - La serie, Stefano Sollima, alla suo debutto hollywoodiano.
Narcos e camorristi hanno qualcosa in comune?
Certo, per questo ho cercato di raccontarli con lo stesso approccio che avevo usato in passato: è una storia corale in cui di volta in volta ci si fa accompagnare da un diverso personaggio. Ma il mondo della criminalità organizzata è solo un modo per parlare indirettamente di quello che ci circonda.
La violenza, pur molto presente in Soldado, non è fine a se stessa, insomma.
Mai, è sempre funzionale al racconto. Non ho paura di scuotere lo spettatore, di provocarlo attraverso scene anche molto violente, fanno parte dell’esperienza, purché lo spingano, attraverso l’intrattenimento, a una riflessione.
Un film di guerra per parlare d’immigrazione?
E di incomunicabilità tra lingue e culture, di fronte alla quale i politici reagiscono con l’emotività, incolpando i migranti di venire a rubare il lavoro e a portare lo scompiglio sociale o addirittura, come si vede nel film, il terrorismo. Ma sono collegamenti che non esistono: si gioca sulle paure della gente, trasformandole in cliché. Salvo poi scoprire, come è successo in Francia dopo l’attentato al Bataclan, che i terroristi avevano tutti passaporto europeo.
Da italiano è un modo per riflettere su quanto sta accadendo nel Mediterraneo?
In America il confine è il deserto, da noi è il mare, ma la propaganda politica sul traffico di esseri umani purtroppo è la stessa.